Brasileirinhos, 3

Caetano Veloso in concerto

di Gabriele FRANCIONI

 

OSSIMORO 2: IL VECCHIO GIOVANE

VELOSO, Ao Vivo

 

Balza fuori dal Tempo e dai suoi 65 anni, Caetano.

Come Dylan in I’M NOT THERE indossa l’ennesimo travestimento, che questa volta prevede giubbotto e jeans sdruciti.

Salta sul palco della Fenice come un bimbo, ci dà persino il “5” -siamo nel settore attaccato al palco- mentre alcuni ninhos ventenni gli suonano alle spalle, tutti amici di Moreno, figlio ineluttabilmente musicista.

Ecco l’ossimoro definitivo di questo mese on the road: gli adolescenti visti nel film BRASILEIRINHO suonano felici la musica dell’800, mentre il vecchietto di Santo Amaro gioca la carta del rocker eternamente giovane, portando in tour gente che ha un terzo dei suoi anni e lasciando allibito metà pubblico della Fenice, abituato ad altro.

Vista in platea una signora con casco-platino e marito-statua cominciare ad agitarsi attorno alla seconda ora, mentre i palchi laterali, più economici, vengono azzannati da ragazzi e caetanofili danzanti: alla fine sembrano il modellino del Sambodromo di Rio.

Possiamo capire Kaurismaki, che è andato al concerto del TRIO MADEIRA BRASIL, ma non neghiamo a Veloso la libertà di continuare a essere fedelissimo alla propria teoria dadaista di continue opposizioni, che è poi l’estetica del Tropicalismo.

Ora è il turno del rumorismo di “CE’”, l’ultimo disco, come se Cate Blanchett vestisse i panni di Thurston Moore nel rifare Caetano versione 2007.

Ritmiche claudicanti, pause recitative, esplosioni inattese, pieni & vuoti.

Dopo l’azzimato “A FOREIGN SOUND”, zeppo di impossibili cover da prozac-crooner (“Come as you are” era a metà tra Cobain e Malgioglio), ecco la sterzata e la voglia di stupire chi suonava campane a morto.

 

Il concerto, beh, è fantastico.

 

Veneto Jazz e Mara Bisinella hanno avuto un coraggio da leoni a portarlo nel tempio della tradizione colta e l’esperimento va ripetuto, con buona pace dei ringiovaniti pilastri, travi e stucchi del Gran Teatro, che hanno tremato.

Al di là di tutto, Veloso è animale da palco in grado di cucire ogni immaginabile sintesi tra generazioni contrapposte.

Il camaleonte di Bahia, poi, scrive la sceneggiatura struggente di un testo che sfugge ai più: i brani sono scelti in modo da parlare a cuore aperto del recente divorzio e delle ansie di un quasi settantenne alle prese con le iperboli del sesso nella terza età.

Scavando nelle ansie dell’andropausa, l’artista trova la forza di rialzarsi e siglare la propria “erezione creativa”.

Alla declinante “Homem Velho” contrappone “Homem”, dove promette “orgasmi multipli”, mentre in “Outro” confessa notti di pianto seguito da escursioni nel buio con il “cxxxx duro”.

Le canzoni del passato sono scelte in modo da legarsi in una specchiatura contrappositiva a quelle di “CE’”, di cui invece confermano il senso, dando vigore alla filosofia del neo-ragazzo in overdose di sesso (o viagra?).

CV è sempre stato artista di rara sincerità: “Minhas Lagrimas” e “Porqué?” sprofondano nella sindrome da abbandono e confessano l’impotenza psico-fisica di fronte agli eventi (“Perché non vieni?”), dove invece “Odeio” e “Musa Hibrida” vivono di temperature emotive contrapposte, sempre in bilico tra orgoglio macho e melanconia.

 

è tale la voglia di confessarsi, che le composizioni del passato soffrono un po’, minimalisticamente riarrangiate e decostruite in piena trance “cubista”.

 

Eppure alcune (“Fora da Ordem”, “Sampa”, “London London”, insieme alla recente “Um sonho”) indicano un secondo piano narrativo del concerto, incrociando disordine urbano e desolazione privata.

 

Sono forse i momenti più alti dell’evento veneziano, dove il canto si fa esortazione collettiva e l’evocazione del degrado o dell’inconoscibilità della scala metropolitana di San Paolo-Londra-Rio-Los Angeles, incarnatasi nel singolo che è solo in mezzo alla folla, ha qualcosa di tragico e abbagliante.

Sintesi poetica che trova spazio anche nella magistrale “You don’t know me”, dal disco londinese del 1972 (il dimenticatissimo “Transa”).

Con un colpo di genio, CV ribalta la prospettiva delle liriche e sembra indirizzare all’ex-moglie il disappunto per un’assenza comunicativa con l’Altro (che in origine erano gli Inglesi).

 

In definitiva, una serata segnata dall’azzardo e da diverse scommesse vinte, a cominciare da quella organizzativa.

 

Dice CAE: “Tudo é igual quando eu canto e sou mudo, mas eu não minto não minto...”.

 

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