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una panoramica sui film in concorso
Quest’anno casa delle tre Effe del future è stata l’imponente Piazza Nettuno, precisamente nella sede di Palazzo Re Enzo, se non ci siete mai stati un aperitivo davanti alla Sala Borse è d’obbligo, e l’atmosfera senza tempo dello storico Teatro Manzoni. Questi i due luoghi principali, set di più di 130 appuntamenti tra proiezioni e incontri, 30 i paesi di provenienza delle opere presentate, 27 i lungometraggi in anteprima per oltre 30.000 presenze. La bellezza tutta europea della piazza bolognese è stata attraversata da un’ondata di oriente, certo non sono mancati i film europei in concorso, ma all’uscita del cinema ti prendeva voglia di sushi.
Byousoku 5 centimetres
Non sorprende quindi l'origine del vincitore del Lancia Platinum Grand Prize, Makoto Shinkay: allievo spirituale di Hayao Miazaky, dopo aver lavorato per una società di videogiochi il nostro genietto si è buttato sull’animazione creando dapprima un cortometraggio di 5 minuti, She and her cat, interamente in bianco e nero, e poi nel 2002 History of voices of a distant star - un corto di 25 minuti in cui ricopre praticamente ogni ruolo possibile. Vince qui al Future con Byousoku 5 centimetres, lungometraggio di 63 minuti diviso in tre parti. La storia non ha nulla a che vedere con fantascienza o mondi impossibili, ma è una dichiarazione d'amore all'amore. L'attenzione maniacale per ogni piccolo dettaglio, ogni minimo gesto, avvolge lo spettatore in un mondo dai ritmi dilatatissimi, di una leggera lentezza: lo sguardo va all’immagine, nei suoi colori precisi, nel suo realismo disarmante che si fonde con una sceneggiatura di raro potere evocativo. Insomma ne esci sognando un uomo che ti sussurri all'orecchio in giapponese... La storia è quella di Tataki Tohno e Akari Shinoeara, due ragazzini, il primo un lui l’altro, Akari, una lei, che vivono a Tokio, finchè Akari deve spostarsi a Tochigi.
Byousoku 5 centimetres
Anche Tataki anni dopo si sposterà, ancora più lontano. La relazione epistolare prosegue e Tatatky dopo diversi anni decide di fare il lungo viaggio che lo porterà da Akari, decide di rivederla. Il primo episodio cattura il viaggio in treno di Tataky, un viaggio disperato, colmo d’amore, penoso e solitario. E bellissimo, perché è questo il messaggio che ci arriva immerso nel silenzio, che il mondo è in ogni angolo, tra ogni pezzo di ferro della locomotiva, intriso di magia. Se ci si aggiunge poi il disarmante tentativo disperatamente romantico di un ragazzino che va dal suo amore bambino il gioco è fatto. Pum Magia! Nel secondo episodio ambientato un po’ di anni dopo il primo Takakai è al liceo a Tanegashima, tira con l’arco e guarda sempre lontano. Kanea è una sua compagna, innamorata di lui, ma anche lei, come anni prima Takaki chiusa in un silenzio molto giapponese. Ancora, come nel primo episodio Makoto Shinkay racconta i tormenti muti dell’amore, come questo possa cambiare il nostro destino anche se non viene ricambiato, perché basta il sentimento per farci scegliere un'altra strada, farci comprendere e apprezzare ogni nuova giornata, ogni onda buona. Il terzo episodio ritorna al livello di eccezionalità del primo, e inizia con un mancato sguardo attraversando i binari, Tataki poi si volta ma sta passando il treno… Era lei? la donna che cercava continuamente all’orizzonte era lì, davanti a lui? Non c’è risposta… La muta disperazione così profondamente orientale resta. Davvero splendide anche le musiche di Tenmon, che firma ancora una volta la colonna sonora per Mr Shinkay.
Menzione speciale invece per un’altra produzione giapponese, Tekkokinkreet, lungometraggio basato su una serie manga, diretto però dall'americano Michael Arias, mosca bianca dei registi d'anime. A Treasure Town un duo di ragazzini, Bianco e Nero, proteggono e vivono la città divisi tra l’animo infantile e ingenuo del bambino e quello violento di una città in decadenza (non manca la schiera di Yakuza old style). L’uno bisogna dell’altro per continuare a vivere, esattamente come nel Tao, bianco e nero sono distinti ma partecipano l’uno dell’altro, sono fratelli, amanti, eroi, bambini. Alcuni personaggi sono davvero ben costruiti, come il memorabile Gramps, molto divertenti sono gli alieni assassini, trio al servizio del male ovviamente.
GAMERA
Continuiamo a procedere per nazionalità e rimaniamo sempre nelle stesse terre parlando di Gamera. Questa volta l’animazione non c’entra, invece c’entrano mostri mitici alla Godzilla: uno buono, Gamera, appunto, una specie di ET gigante, e uno cattivo, Zedus. Sarà un bambino di un villaggio dal passato travagliato, Toto, ad allevare il primo, instaurando così un rapporto di amicizia. Quando Zedus si presenta per distruggere la città, Toto, così simile a Gamera, una creatura che trent’anni prima si era sacrificata per proteggere il paese, è l’unico che possa affrontarlo e non si sottrae a tale compito. Purtroppo la lotta è molto dura e in gioco c’è la vita di un’intera comunità e Gamera-Toto ha bisogno di più forze, cosa che può essergli data solo da una pietra rossa. Bisognerà non perdere mai le speranze per potersi salvare. Finale commovente, una celebrazione dell’infanzia e dei sogni che le appartengono.
Ge GE GE NO KITARO
Sempre non animato, ma comunque fuori da ogni schema cinematografico classico, Ge ge ge no kitaro, un film sui mondi che si incontrano, ignorano, dove sempre una pietra, l’oggetto magico della semiotica giapponese oltre che occidentale a quanto pare, farà la differenza. Diretto da Katsuhide Motoki, lo stesso del film Kitaro, che in Giappone ha incassato più di venti milioni di dollari.
LA ANTENA
Scavalchiamo l’oceano ma rimaniamo nel territorio del cinema non di animazione e troviamo La Antena, film argentino in concorso, da menzionare per lo stile visivo, la fotografia e le trovate stilistiche. Una città in bianco e nero abitata da uomini che hanno un tratto in comune, sono tutti muti. La tv è l’unica cosa che trasmette La Voce, una cantante senza volto. Il capo dell’emittente ha un piano per ipnotizzare tutti, ma un ex dipendente, sua figlia e un bambino senza occhi troveranno il modo per non perdere l’unica cosa che è rimasta loro: la Parola. Un lungometraggio realizzato davvero impeccabilmente, la caratterizzazione visiva dei personaggi è spassosa, il cattivo ha un tupè disegnato sul cranio, La Voce è una sorta di "Gilda incontra L'Uomo Invisibile", il dottore scienziato una macchina di ciarlerie. La struttura narrativa è un "però" (piena di buche, salti non motivati) che non riesce nel difficilissimo certo compito di tenere l’attenzione dello spettatore per 90 minuti senza dialoghi. Peccato.
BLACK SHEEP
Dalla Nuova Zelanda Black Sheep, abbiamo sempre a che fare con attori in carne e ossa, ma anche con pecore mutanti, e un genere tra fantascienza horror. Un po’ incompreso in questo festival invece De Profundis, lungometraggio animato di Miguelanzelo Prado, terra d’origine calda, siamo in Spagna e Portogallo. Una favola sul passato, ma soprattutto sull’arte. Un affresco malinconico e poetico molto riuscito. A proposito di passato, ambientato nell’antico Egitto La Reine SoleiL, produzione franco/belga/ungherese, che dà vita a una bellissima principessa, Akhesa, futura regina d’Egitto. Un po’ come la Marie Antoinette della Coppola, Akhesa è catturata nei suoi 14 anni, la ribellione col padre Akhenaton, il faraone eretico. Akhesa è decisa a scoprire perché la madre Nefertiti sia in esilio. L’avventura la porterà a trovare un fedele compagno nel principe Thout. Tra storia e mito una produzione divertente e molto godibile. Francese è anche l’ultimo film in concorso, Le Tuer de Montmartre, lungometraggio di animazione già premiato al Festival Internazionale di Animazione di Espino in Portogallo. Si racconta di un pittore fallito che fa esplodere tutta la frustrazione covata nella sua vita iniziando una nuova professione, quella del serial killer. L’incontro originalissimo con la morte farà riflettere e cambiare il nostro personaggio. Assolutamente da vedere, un gusto alla Chabrol, e una forte vena surrealista rendono il film una chicchetta, adatta anche a chi solitamente non impazzisce per l’animazione tradizionale.
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