60.ma
berlinale
recensioni
|
|
|
- PREMI |
> the ghostwriter di Roman Polanski > ROAD, MOVIE di Dev Benegal
>
JOLLY FELLOWS
di
Felix Mikhailov > la pivellina di Tizza Covi, Rainer Frimmel > sebbe di Babak Najafi > Exit through the gift shop di Bansky > Portraits of German ... di Carlolin Schmitz > joy di Mijke de Jarg > PORTRAITS IN A SEA OF ... di Carlos Gaviria > Fucking Different São Paulo di AAVV > OPEN di Jake Yuzna > MY NAME IS KHAN di Karan Johar > SON OF BABYLON di Mohamed Al-Daradji |
di Scud Hong Kong 2009, 97’
Panorama |
|
18/30 |
There is no way to put a fateful love La brusca rottura della relazione con la fidanzata conduce kafka nel baratro della depressione e della solitudine.
L'inaspettato incontro con Daniel,
brillante esecutivo in carriera farà rifiorire le speranze del ragazzo. Il film si rivolge a coloro i quali non trovano una valida ragione di vita senza la presenza dell'amore. Il film si compone di immagini dal forte potere evocativo, immagini estremamente liriche, a scapito però dell'aspetto narrativo che risulta carente, talvolta sterile e patetico. |
di Felix Mikhailov
Panorama |
|
26/30 |
Il film ci offre uno spaccato di vita di cinque uomini, le cui travagliate biografie convergono tutte verso il palcoscenico di un night club moscovita. I cinque personaggi che appaiono con gli appellativi di Rosa, Lusya, Fira, Lara e Gertruda sono impegnati in spettacoli tra il barocco e il grottesco in un drag show. L'autore presenta una panoramica molto autentica della realtà russa negli anni del post-comunismo, tracciando i profili dei singoli protagonisti avvalendosi di un sapiente uso della tecnica del flashback. Ne emerge una notevole ricerca stilistica, con una forte connotazione estetica, un'estetica prepotente, frutto degli archetipi e delle contaminazioni dell'arte contemporanea legate all'universo transgender e delle drag-queen, alla cui base regna un'idea di multipla identità, quest'ultima professata anche dal genio di Roland Barthes, dove il corpo diviene la zona limite dell'identità, di ibridazione tra l'io e l'altro. L'uscita dal proprio corpo e dal proprio io, il confronto con l'alterità e l'estraneità, uno sconfinamento di linguaggi specifici dell'identità, come in un viaggio nel desiderio, in cui il corpo si fa schermo e promotore di un'identità mutante. è un film che a tratti presenta anche risvolti introspettivi, in cui il dolore e la sofferenza prendono il sopravvento. La fotografia è ben diretta, per nulla invalidante. |
Portraits deutscher Alkoholiker
di Carolin Schmitz
Prospettive |
|
30/30 |
Le persone che raccontano le proprie storie,
sono alcoliste.
Il film documentario invita il pubblico a una
progressiva riflessione sulla nostra società: quella occidentale,
programmata e automatizzata, in cui la realtà, solo per pochi istanti, viene
attraversata da irrealizzabili desideri. |
sebbe
Generazioni |
|
24/30 |
La Svezia è la straordinaria cornice di questo
film con protagonista il giovane Sebastian. |
joy
Generazioni |
|
25/30 |
Joy è la storia di un abbandono. Joy cresce e con lei la voglia di conoscere le sue origini, le sue radici, alla perenne ricerca di un'ancora alla quale aggrapparsi.
Il suo ragazzo, Moumou, tenta invano di
aiutarla, ma la sua voragine di solitdine è troppo grande.
Joy comincia una disperata ricerca... |
Exit Through The Gift Shop
Fuori concorso |
|
28/30 |
"Un film sull'uomo che ha cercato di realizzare un film su di me," - è ciò che Bansky, artista britannico di fama internazionale ha dichiarato durante la presentazione del suo primo provocatorio lungometraggio sul fenomeno della Street-art.
L'artista, celebre per le sue opere urbane, con
quest'opera prima tenta di ripercorrere gli sviluppi e le tappe della sua
carriera artistica attraverso la video-camera di Thierry, film-maker
indipendente francese. Thierry introdurrà il grande pubblico in questo
assurdo, goliardico viaggio nella Street-art divenendo lui stesso promotore
e artefice di questo linguaggio. Il film ha un impianto documentaristico,
scandito dalle varie interviste ai protagonisti della Street-art: le
inquadrature sono volutamente imprecise, sfuocate, ma è proprio questo
l'aspetto che eleva e rende il film interessante, anche da un punto di vista
stilistico; non esiste, infatti, una narrazione lineare, il
film\documentario si compone di sequenze scomposte, che nel complesso
risultano efficaci. |
di Karan Johar
Fuori concorso |
|
23/30 |
My name is Khan, presentato fuori concorso alla Berlinale 2010 è una grande favola di portata epica, firmata Bollywood. Il film presenta una forte connotazione kitch: tutto appare esasperato e fuori dall'ordinario a partire dalla caratterizzazione dei personaggi. Il film è un'opera incentrata sul valore dei sogni, della pace, della giustizia, dell'integrazione razziale, quest'ultimo tra i temi portanti e centrali del film. Il personaggio centrale è Khan, un indiano di fede islamica, con alle spalle un'infanzia segnata da una rara forma di autismo: la sindrome di Ansperger.
Trasferitosi in età adulta dall'India a San
Francisco si innamora della magnetica e affascinante parrucchiera Mandira.
Le buone premesse iniziali del film vengono dunque messe in discussione
proprio dall'incontro con Mandira, in cui la narrazione perde sia da un
piano stilistico che da un punto di vista narrativo, diventanto banale e
scontata. Per alcuni aspetti lo si può definire il "Forrest Gump" bollywoodiano, in cui tutto esagerato, a partire dalla durata (due ore e quaranta) ma privo della poesia e della freschezza che ha reso celebre ed indimenticabile l'interpretazione di Tom Hanks. |
di Tizza Covi, Rainer Frimmel Italia 2009, 100’
Generazioni |
|
24/30 |
Patty e Walter sono due artisti circensi, cha
abitano in una roulotte da circo, stazionata nella periferia di Roma. |
di
Carlos Gaviria
Generazioni |
|
25/30 |
Dopo la morte del nonno, avvenuta a causa di un
sisma, Jairo, un fotografo itinerante e Marina, giovane cugina muta,
decidono di fare ritorno nella terra d'origine, dalla quale erano stati
spodestati per ragioni geo-politiche alcuni anni prima. Gavira oltre che regista è impegnato socialmente come consulente per l'UNICEF, organismo per il quale produce documentarii di sensibilizzazione legato anche a temi come quello dell'infanzia violata: THE CHILDREN OF THE AMERICAS. |
di
Mohamed Al-Daradji
Panorama |
|
26/30 |
Irak 2003. Il regime dittatoriale di Saddam Hussein è caduto da tre settimane. Nell'Irak settentrionale, Ahmed, un bambino curdo di 12 anni, parte con la nonna alla ricerca del padre che è stato arrestato dalla milizia repubblicana di Saddam alla fine della guerra del Golfo, recluso da dodici anni; sul loro cammino nel deserto, si snodano lunghi percorsi appena accennati dalle tracce lasciate dalle bombe, dove si rincontrano persone che hanno patito e condiviso le medesime sorti. Ognuno è alla ricerca di qualcuno. Un viaggio straziante, a ritroso nei ricordi, nelle memorie sepolte alla luce di nuovi orizzonti di ottimismo e di speranza. Ahmed e l'anziana nonna arrivano a Sud di Babilonia. Laggiù l'incontro con un soldato della guardia repubblicana che forse è in grado di aiutarli. Sebbene Ahmed sia ancora molto giovane per comprendere, questo significativo viaggio trasformerà radicalmente la sua vita. La regia è di Mohamed Al-Daradji. Il film è stato prodotto e realizzato grazie alla propria casa di produzione, Human Film, con un piccolo budget, avvalendosi di attori non professionisti. Il principale ruolo femminile è ricoperto dalla curda Shezad Hussen, l'unica donna ad aver testimoniato durante il processo a Saddam Hussein, artefice di uno dei regimi più brutali della storia degli ultimi anni. Al processo di Saddam, si sono mosse accuse non solo legate ai crimini di guerra, ma soprattutto al clima di terrore che egli era stato capace di creare. |
di
AAVV
Panorama |
|
25/30 |
Il film rappresenta il quarto lavoro della serie
concettuale FUCKING DIFFERENT prodotta da Kristian Petersen. Alcuni cineasti
di San Paolo sviluppano i propri progetti all'interno di un atelier di
scrittura durante il sedicesimo festival di Miss Brasile.
Nel suo film d'animazione UM OLHAR, Joana Galvar
riprende spunto dallo stesso tema.
Al centro di CASA di Luiz René Guerra, ci sono i
souvenir amorosi di una coppia. |
di
Dev Benegal
Generazioni |
|
24/30 |
Il film, come suggerisce il titolo, appartiene
alla categoria cinematografica dei "Road Movie", in cui la narrazione si
sviluppa sul tema del viaggio. Il film prodotto a Bollywood, è l'emblema del nuovo cinema indipendente indiano, distante anni luce dall'estetica barocca delle grandi produzioni bollywoodiane. un film sincero, che vede la progressiva trasformazione dei suoi personaggi, dove viaggio fisico diviene specchio dell'interiorità, un viaggio per approfondire se stessi. |
di Roman Polanski Francia 2009, 128’
Orso d'Argento miglior regia |
|
29/30 |
The Ghostwriter è l'ultimo attesissimo film, diretto da Roman Polanski, che lo consacra ad un ritorno all'universo cinematografico. Il film è tratto dal romanzo dell'ex-cronista politico inglese Robert Harris, anche autore insieme a Polanski della sceneggiatura. Il film è composto da un impianto narrativo intricato: non mancano suspence e insidie per il protagonista, brillantemente interpretato da Ewan McGregor. La sinossi è ai limiti dell'assurdo: un noto ghostwriter britannico viene incaricato di scrivere le memorie del Primo ministro inglese, in pensione, Adam Lang (Pierce Brosnan), in cambio di un'ingente somma di denaro. Il lavoro però si rivela più arduo del previsto: il protagonista è indotto ad un isolamento forzato, in un luogo sperduto, dove sono annullati i parametri spazio temporali, fagocitato da un tempo che sembra essere sospeso. Iinteressante il tema o meglio la condizione dell'esilio vissuta dal protagonista, che sembra in parte riflettere le recenti vicessitudini di Polanski stesso, un regista fantasma come il suo personaggio, costretto in questo caso ad un allontanamento volontario dietro lauta ricompensa. |
di
Jake Yuzna
Panorama |
|
26/30 |
Queer roadmovie con una vena di romanticismo
transessuale. |
60.ma
berlinale
|