60.ma berlinale
Berlino, 11 / 21 febbraio 2010

 

recensioni

 

di  Fedra FIL

- programma

- PREMI

> the ghostwriter di Roman Polanski

> ROAD, MOVIE di Dev Benegal

> JOLLY FELLOWS di Felix Mikhailov
> AMPHETAMINE di Scud

> la pivellina di Tizza Covi, Rainer Frimmel

> sebbe di Babak Najafi

> Exit through the gift shop di Bansky

> Portraits of German ... di Carlolin Schmitz

> joy di Mijke de Jarg

> PORTRAITS IN A SEA OF ... di Carlos Gaviria

> Fucking Different São Paulo di AAVV

> OPEN di Jake Yuzna

> MY NAME IS KHAN di Karan Johar

> SON OF BABYLON di Mohamed Al-Daradji

 

AMPHETAMINE

di Scud

Hong Kong 2009, 97’

 

Panorama

18/30

There is no way to put a fateful love

Kafka è un giovane eterosessuale, dal carattere introverso e solitario, che vive ad Hong Kong e lavora come fitness trainer in una piscina.

La brusca rottura della relazione con la fidanzata conduce kafka nel baratro della depressione e della solitudine.

L'inaspettato incontro con Daniel, brillante esecutivo in carriera farà rifiorire le speranze del ragazzo.
Ben presto la loro relazione omo-erotica innescherà un perverso, pericoloso meccanismo di dipendenza affettiva: da qui il titolo del film, dove la droga c'entra, ma in questo caso è la dipendenza amorosa ad esserne letale. Amphetamine è ispirato ad una storia vera, il regista, infatti, ha voluto dedicare questo film a una persona cara, persa di recente per ragioni di tossicodipendenza.

Il film si rivolge a coloro i quali non trovano una valida ragione di vita senza la presenza dell'amore.

Il film si compone di immagini dal forte potere evocativo, immagini estremamente liriche, a scapito però dell'aspetto narrativo che risulta carente, talvolta sterile e patetico.

JOLLY FELLOWS

di Felix Mikhailov
Russia 2009, 96’

 

Panorama

26/30

Il film ci offre uno spaccato di vita di cinque uomini, le cui travagliate biografie convergono tutte verso il palcoscenico di un night club moscovita. I cinque personaggi che appaiono con gli appellativi di Rosa, Lusya, Fira, Lara e Gertruda sono impegnati in spettacoli tra il barocco e il grottesco in un drag show. L'autore presenta una panoramica molto autentica della realtà russa negli anni del post-comunismo, tracciando i profili dei singoli protagonisti avvalendosi di un sapiente uso della tecnica del flashback. Ne emerge una notevole ricerca stilistica, con una forte connotazione estetica, un'estetica prepotente, frutto degli archetipi e delle contaminazioni dell'arte contemporanea legate all'universo transgender e delle drag-queen, alla cui base regna un'idea di multipla identità, quest'ultima professata anche dal genio di Roland Barthes, dove il corpo diviene la zona limite dell'identità, di ibridazione tra l'io e l'altro. L'uscita dal proprio corpo e dal proprio io, il confronto con l'alterità e l'estraneità, uno sconfinamento di linguaggi specifici dell'identità, come in un viaggio nel desiderio, in cui il corpo si fa schermo e promotore di un'identità mutante.

è un film che a tratti presenta anche risvolti introspettivi, in cui il dolore e la sofferenza prendono il sopravvento.

La fotografia è ben diretta, per nulla invalidante.

Portraits deutscher Alkoholiker

di Carolin Schmitz
Germania 2009, 78’

 

Prospettive

30/30

Le persone che raccontano le proprie storie, sono alcoliste.
Sono giudici, avvocati, esecutivi, impiegati nel pubblico impiego, madri e casalinghe.
"Ritratti di alcolisti tedeschi" esplora i drammi di vita e le conseguenti strategie per contrastarli.
Trascendendo le vicende personali degli anonimi protagonisti, le loro storie di dipendenza vengono raccontate in maniera narrativa, magistralmente scandite e combinate con immagini della società produttiva moderna.

Il film documentario invita il pubblico a una progressiva riflessione sulla nostra società: quella occidentale, programmata e automatizzata, in cui la realtà, solo per pochi istanti, viene attraversata da irrealizzabili desideri.
Il film tecnicamente perfetto, sia per la regia che per la scrittura, è un piccolo capolavoro che batte bandiera tedesca.
La regista si chiama Carolin Schmitz, già autrice di numerosi cortometraggi e documentari nazionali e internazionali dal 2005.

sebbe
di Babak Najafi
Svezia 2010, 79’

 

Generazioni

24/30

La Svezia è la straordinaria cornice di questo film con protagonista il giovane Sebastian.
Sebastian è un quindicenne irrequieto e dal carattere molto impulsivo. Egli vive nei sobborghi di Gothenburg insieme alla madre con la quale ha un rapporto molto conflittuale.
Il film si prefigge di toccare alcune delicate tematiche attraverso gli occhi di Sebbe, in particolare la vulnerabile natura dell'amore e la sua creatività, la relazione madre-figlio e i meccanismi di violenza che ne scaturiscono durante il difficile momento dell'adolescenza in cui emergono tutte le debolezze e le fragilità del protagonista.
Magistrale direzione della fotografia, accurata la scelta di scene e ambientazioni.
La regia di questo film è dell'iraniano Babak Najafi, nato nel 1975 a Teheran, vissuto in Svezia dall'età di 11 anni.

joy
di
Mijke de Jarg
Olanda 2010, 76’

 

Generazioni

25/30

Joy è la storia di un abbandono.
Abbandono come segno indelebile nella vita di una giovane donna.
L'abbandono è un dolore equiparabile a un lutto, un dolore che scava nel profondo, sino a svuotare l'anima.
La vicenda di Joy è una storia collettiva, perchè è la storia di molti. La dinamica è sempre la stessa : una bimba in fasce viene lasciata in piena notte su una panchina nei pressi di un parco di Rotterdam.

Joy cresce e con lei la voglia di conoscere le sue origini, le sue radici, alla perenne ricerca di un'ancora alla quale aggrapparsi.

Il suo ragazzo, Moumou, tenta invano di aiutarla, ma la sua voragine di solitdine è troppo grande.
Quando Denise, la migliore amica di Joy rimane incinta, nasce in Joy una prepotente esigenza di conoscere la propria madre biologica, una curiosità che diventerà presto un'insostenibile ossessione.

Joy comincia una disperata ricerca...
Film di produzione olandese che affronta un tema molto attuale e delicato legato alla perdita e alla mancanza, ma lo affronta in una maniera irruente e diretta. Non presenta particolari espedienti tecnici, le sequenze narrative sono fluide e scorrevoli.
è un film ruvido, scomodo, ma che vae la pena di essere visto.

Exit Through The Gift Shop
di
Bansky
Regno Unito 2009, 86’

 

Fuori concorso

28/30

"Un film sull'uomo che ha cercato di realizzare un film su di me," - è ciò che Bansky, artista britannico di fama internazionale ha dichiarato durante la presentazione del suo primo provocatorio lungometraggio sul fenomeno della Street-art.

L'artista, celebre per le sue opere urbane, con quest'opera prima tenta di ripercorrere gli sviluppi e le tappe della sua carriera artistica attraverso la video-camera di Thierry, film-maker indipendente francese. Thierry introdurrà il grande pubblico in questo assurdo, goliardico viaggio nella Street-art divenendo lui stesso promotore e artefice di questo linguaggio. Il film ha un impianto documentaristico, scandito dalle varie interviste ai protagonisti della Street-art: le inquadrature sono volutamente imprecise, sfuocate, ma è proprio questo l'aspetto che eleva e rende il film interessante, anche da un punto di vista stilistico; non esiste, infatti, una narrazione lineare, il film\documentario si compone di sequenze scomposte, che nel complesso risultano efficaci.
Film dal sapore tagliente e provocatorio, vivamente consigliato.

MY NAME IS KHAN

di Karan Johar
India 2010, 165’

 

Fuori concorso

23/30

My name is Khan, presentato fuori concorso alla Berlinale 2010 è una grande favola di portata epica, firmata Bollywood.

Il film presenta una forte connotazione kitch: tutto appare esasperato e fuori dall'ordinario a partire dalla caratterizzazione dei personaggi.

Il film è un'opera incentrata sul valore dei sogni, della pace, della giustizia, dell'integrazione razziale, quest'ultimo tra i temi portanti e centrali del film.

Il personaggio centrale è Khan, un indiano di fede islamica, con alle spalle un'infanzia segnata da una rara forma di autismo: la sindrome di Ansperger.

Trasferitosi in età adulta dall'India a San Francisco si innamora della magnetica e affascinante parrucchiera Mandira. Le buone premesse iniziali del film vengono dunque messe in discussione proprio dall'incontro con Mandira, in cui la narrazione perde sia da un piano stilistico che da un punto di vista narrativo, diventanto banale e scontata.
Il film resta comunque una pellicola coinvolgente, in cui lo spettatore viene letteralmente catturato in un vortice ipercinetico a tratti lisergico, in cui emerge tutta l'artificiosità del cinema bollywoodiano, eccessivo e ridondante, ma che nonostante ciò lo rendono efficace all'occhio del grande pubblico.

Per alcuni aspetti lo si può definire il "Forrest Gump" bollywoodiano, in cui tutto esagerato, a partire dalla durata (due ore e quaranta) ma privo della poesia e della freschezza che ha reso celebre ed indimenticabile l'interpretazione di Tom Hanks.

la pivellina

di Tizza Covi, Rainer Frimmel

Italia 2009, 100’

 

Generazioni

24/30

Patty e Walter sono due artisti circensi, cha abitano in una roulotte da circo, stazionata nella periferia di Roma.
Patty trova e raccoglie Asia, una bimba di soli due anni che la madre ha abbandonato.
In compagnia di Tairo, un ragazzo sui 13 anni che abita nella vicina roulotte, Patty parte alla ricerca della madre biologica.
LA PIVELLINA è un film sulle persone che vivono ai margini della società italiana.
Un film duro, in cui emerge una realtà troppo spesso dimenticata, omessa perchè scomoda.
Tizza Covi, la regista, ha dichiarato: "al principio della storia si mostra come vivono i nostri protagonisti, benchè non sia un film documentario, devo anche menzionare che in Italia, la maggior parte dei bambini di quell'età vengono abbandonati non soltanto appena nati...".
L'approccio è sì di stampo documentaristico, pur mantenendo vivo l'impianto narrativo della storia, con i suoi consueti sviluppi ed evoluzioni.
Nella PIVELLINA il cast è costituito da attori non professionisti, donne e uomini autentici.
Il film è stato girato in inverno, una stagione eterna nell'ambito di un circo, il tempo sembra che si arresti d'improvviso.
Il film ritrae la durezza e le avversità da fronteggiare all'interno di un circo, una scelta di vita: d'estate il momento di massima fioritura, in cui gli artisti possono dilettarsi e perfezionare i propri numeri. L'inverno metafora dei silenzi e delle lunghe attese.

Portraits In A Sea Of Lie

di Carlos Gaviria
Colombia 2009, 90’

 

Generazioni

25/30

Dopo la morte del nonno, avvenuta a causa di un sisma, Jairo, un fotografo itinerante e Marina, giovane cugina muta, decidono di fare ritorno nella terra d'origine, dalla quale erano stati spodestati per ragioni geo-politiche alcuni anni prima.
I due attraversano il territorio colombiano da Bogotà sino alla costa caraibica a bordo di una vecchia Reanult 4.
Durante il viaggio riemerge il passato doloroso e traumatico di Marina, quel passato amaro che l'aveva privata dell'uso della voce, facendola precipitare in un mutismo profondo.
Ma una volta raggiunta la meta alcuni soldati paramilitari prendono in ostaggio i due protagonisti: nel tentativo di fuggire Jairo rimane ferito da un proiettile vagante, Marina invece riesce a fuggire e a raggiungere le rovine, dove una volta sorgeva la sua casa natale, in cui anni prima era stata sterminata la sua famiglia...
Il film vuole essere un ritratto fedele della Colombia durante gli ultimi 60 anni.
Questo affascinante paese dai colori vivaci così come propongono i cataloghi turistici, viene qui dipinto come una terra sofferente e martoriata a causa delle guerre civili, intervallate da continui colpi di stato paramilitari in cui hanno perso la vita o tuttora risultano dispersi più di 4 milioni di persone.
è un film di denuncia sociale di forte impatto visivo che ha trovato non poche difficoltà durante il suo processo di realizzazione.
Carlos Gaviria, ideatore e regista dell'opera, durante la conferenza stampa, ha espresso proprio alcune considerazioni su come tuttora sia complesso e pericoloso per l'incolumità della persona denunciare le angherie che il popolo colobiano ha dovuto subire, angherie troppo spesso taciute e annichilite sul nascere.

Gavira oltre che regista è impegnato socialmente come consulente per l'UNICEF, organismo per il quale produce documentarii di sensibilizzazione legato anche a temi come quello dell'infanzia violata: THE CHILDREN OF THE AMERICAS.

Son Of Babylon

di Mohamed Al-Daradji
Irak 2009, 90’

 

Panorama

26/30

Irak 2003. Il regime dittatoriale di Saddam Hussein è caduto da tre settimane.

Nell'Irak settentrionale, Ahmed, un bambino curdo di 12 anni, parte con la nonna alla ricerca del padre che è stato arrestato dalla milizia repubblicana di Saddam alla fine della guerra del Golfo, recluso da dodici anni; sul loro cammino nel deserto, si snodano lunghi percorsi appena accennati dalle tracce lasciate dalle bombe, dove si rincontrano persone che hanno patito e condiviso le medesime sorti. Ognuno è alla ricerca di qualcuno.

Un viaggio straziante, a ritroso nei ricordi, nelle memorie sepolte alla luce di nuovi orizzonti di ottimismo e di speranza.

Ahmed e l'anziana nonna arrivano a Sud di Babilonia. Laggiù l'incontro con un soldato della guardia repubblicana che forse è in grado di aiutarli.

Sebbene Ahmed sia ancora molto giovane per comprendere, questo significativo viaggio trasformerà radicalmente la sua vita.

La regia è di Mohamed Al-Daradji.

Il film è stato prodotto e realizzato grazie alla propria casa di produzione, Human Film, con un piccolo budget, avvalendosi di attori non professionisti.

Il principale ruolo femminile è ricoperto dalla curda Shezad Hussen, l'unica donna ad aver testimoniato durante il processo a Saddam Hussein, artefice di uno dei regimi più brutali della storia degli ultimi anni.

Al processo di Saddam, si sono mosse accuse non solo legate ai crimini di guerra, ma soprattutto al clima di terrore che egli era stato capace di creare.

Fucking Different São Paulo

di AAVV
Brasile 2009, 95’

 

Panorama

25/30

Il film rappresenta il quarto lavoro della serie concettuale FUCKING DIFFERENT prodotta da Kristian Petersen. Alcuni cineasti di San Paolo sviluppano i propri progetti all'interno di un atelier di scrittura durante il sedicesimo festival di Miss Brasile.
Il contributo brasiliano alla serie comporta la realizzazione di generi molto diversi tra loro.
Ci sono due storie in cui le donne considerano il mondo gay, mentre gli uomini l'universo lesbo.
In DO ALMOCO, Rodrigo Diaz Diaz e Ezelmann Neves dimostrano che un'amicizia può in realtà celare i desideri più occulti e segreti dell'individuo - che quando si realizzano però è un piacere indefinibile.
I protagonisti di FELIZES PARA SEMPRE, di Ricky Mastro negano l'esistenza dell'amore romantico, che si manifesta solamente nel cinema holliwoodiano, e che talvolta rimane legato all'ipocrisia degli happy end e dei buoni sentimenti.
In DEUS DO IMPOSSIVEL, la filmmaker Luciana Lemos tocca alcuni tabù antropologici, mostrando che contrariamente all'opinione pubblica, gli individui di orientamento omosessuale sono ugialmente amati da Dio e possono recarsi in chiesa.
DYKELAND, diretto da Gustavo Vinagre, ci conduce nella sfera della musica pop con una rock band tutta al femminile.
La struttura della trilogia 1718, 1972, 2009, di Joana Galvao e Monica Palazzo, è invece di portata epica. Ella raconta tre storie collocate nel tempo in tre differenti epoche storiche che sembrano rilievi tratti da opere d'arte.

Nel suo film d'animazione UM OLHAR, Joana Galvar riprende spunto dallo stesso tema.
Un desiderio è anche il motivo principale di RONDA, diretto da Max Julien.
In FLACA, il regista Herman Barck dimostra che l'amore scaturisce negli istanti più improbabili, anche durante un delizioso sorprendente tango argentino.

Al centro di CASA di Luiz René Guerra, ci sono i souvenir amorosi di una coppia.
Per concludere UNDER THE SKIN, di Silvia Lourenço e Sabrina Greve ci si sofferma sull'inesistenza di luoghi della speranza e che la vita talvolta ci mette di fronte a scelte in cui non sempre si può agire con la sola ragione.

ROAD, MOVIE

di Dev Benegal
India 2009, 95’

 

Generazioni

24/30

Il film, come suggerisce il titolo, appartiene alla categoria cinematografica dei "Road Movie", in cui la narrazione si sviluppa sul tema del viaggio.
Protagonista è Vishnu, un giovane assetato di viaggi e avventure, che non vuole seguire le orme paterne come venditore di olii per capelli, ma per uno strano caso , entra in possesso di un veicolo, appartenuto allo zio, un vecchio camion fatiscente che rappresenterà il suo biglietto per la libertà. La vita di Vishnu si intreccerà con i destini di tre curiose figure: un orfano, un anziano e una gitana; i tre lo accompagneranno in una sorta di viaggio esistenziale in terre sconfinate e inospitali alla ricerca della felicità, in un susseguirsi di ambientazioni tra l'onirico e il surreale.

Il film prodotto a Bollywood, è l'emblema del nuovo cinema indipendente indiano, distante anni luce dall'estetica barocca delle grandi produzioni bollywoodiane. un film sincero, che vede la progressiva trasformazione dei suoi personaggi, dove viaggio fisico diviene specchio dell'interiorità, un viaggio per approfondire se stessi.

the ghostwriter

di Roman Polanski

Francia 2009, 128’

 

Orso d'Argento miglior regia

29/30

The Ghostwriter è l'ultimo attesissimo film, diretto da Roman Polanski, che lo consacra ad un ritorno all'universo cinematografico. Il film è tratto dal romanzo dell'ex-cronista politico inglese Robert Harris, anche autore insieme a Polanski della sceneggiatura.

Il film è composto da un impianto narrativo intricato: non mancano suspence e insidie per il protagonista, brillantemente interpretato da Ewan McGregor.

La sinossi è ai limiti dell'assurdo: un noto ghostwriter britannico viene incaricato di scrivere le memorie del Primo ministro inglese, in pensione, Adam Lang (Pierce Brosnan), in cambio di un'ingente somma di denaro.

Il lavoro però si rivela più arduo del previsto: il protagonista è indotto ad un isolamento forzato, in un luogo sperduto, dove sono annullati i parametri spazio temporali, fagocitato da un tempo che sembra essere sospeso.

Iinteressante il tema o meglio la condizione dell'esilio vissuta dal protagonista, che sembra in parte riflettere le recenti vicessitudini di Polanski stesso, un regista fantasma come il suo personaggio, costretto in questo caso ad un allontanamento volontario dietro lauta ricompensa.

open

di Jake Yuzna
Stati Uniti 2009, 88’

 

Panorama

26/30

Queer roadmovie con una vena di romanticismo transessuale.
è un film che consacra il debutto alla regia del giovane promettente regista del Minnesota Jake Yuzna, che ci offre una spettacolare combinazione di generi; uno dei principali protagonisti è Cynthia, un'ermafrodita, la cui vita si intreccia a quella della coppia, costituita da Gen and Jay, che di recente ha subito interventi di chirurgia plastica per raggiungere la cosidetta "pandrogenia".
La parola pandrogenia sembra quasi una promessa e parla della possibilità di due persone di essere in grado di far coincidere le proprie espressioni facciali per unire le loro identità isolate al fine di diventare un'unica identità, in simbiosi perpetua.
Cynthia è subito sedotta e incantata dall'idea! Lascia immediiatamente il marito e si prepara ad intraprendere un viaggio attraverso l'America con Jay e Gen, sulle onde del cosidetto sogno americano del ventesimo secolo.
Nel contempo, Syd, un transessuale, incontra un giovane punk, di nome Nick.
I due non solo si innamorano, ma Syd rimane incinta!
OPEN è un film incentrato sui trattamenti ormonali e la chirurgia plastica, intese come ultime frontiere della mutazione corporea e di genere. Un film che esplora questi temi con estrema poesia e delicatezza, quasi lirico, che ci introduce ad una nuova concezione di umanità.
I protagonisti come nuovi pionieri in un mondo in evoluzione, autentici ermafroditi e transessuali ci presentano nuove, infinite possibilità, una gestazione per una nuova umanità che debutta in un secolo ancora giovane.

SITO UFFICIALE

 

60.ma berlinale
Berlino, 11 / 21 febbraio 2010