::: SPECIALE KINEMATRIX :::

WON KAR-WAI

TRIBECA FILM FESTIVAL 2004

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di Marco BRUNELLI

Il regista si è presentato in sala stampa accompagnato dal co-fondatore del Tribeca Rosenthal, con i classici occhiali scuri che oramai lo contraddistinguono, e un discreto numero di sigarette consumate durante l’incontro. Prima di rispondere alle domande, Kar-wai ha voluto raccontare del suo amore per il cinema, di come arrivato giovanissimo a Hong Kong da Taiwan abbia trovato nelle sale un magico rifugio, e della passione del pubblico asiatico nei confronti di questo medium.
 

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Ha ammesso di essere lusingato di avere tanti fan fra i principali registi americani e non, e ha confessato di aver modellato il film d’esordio AS TEARS GO BY sul MEAN STREETS di Scorsese.
 

Si è parlato dei cambiamenti apportati rispetto alla versione incompleta di Cannes (a quanto pare solo qualche sequenza cambiata di posto o eliminata, effetti speciali e musiche perfezionati), precisando poi che l’uso della computer graphic è stato proprio uno dei tanti fattori che lo ha spinto a ritardare per l’ennesima volta l’uscita della pellicola.

Interrogato sull’importanza del montaggio e sul perché molto spesso i suoi lavori (vedi anche IN THE MOOD FOR LOVE) abbiano subito spesso modifiche in corsa, stravolgendo a volte la struttura stessa della sceneggiatura principale ha risposto che, per un regista, montare è come unire i vari pezzi di un puzzle, e le varie modifiche a IN THE MOOD FOR LOVE e 2046 sono state effettuate proprio per creare una connessione fra i due film, concepiti nello stesso periodo.

Ha poi aggiunto che tutto questo si può dire sia nato con la decisione (durante la lavorazione del primo film) di cambiare il numero della stanza d’albergo di IN THE MOOD in 2046, in modo da creare una dichiarato legame. Allo stesso tempo però ha smentito chi affermava che 2046 fosse un seguito di IN THE MOOD FOR LOVE, dicendo che piuttosto “…IN THE MOOD FOR LOVE è un capitolo di 2046,e 2046 è una grande sinfonia di cui MOOD è uno dei movimenti..”
Al riguardo è stato nominato anche DAYS OF BEING WILD, considerato dal regista parte di una sorta di trilogia comprendente MOOD, 2046 e lo stesso DAYS.

Wong Kar-wai ha poi parlato dei mille problemi della lavorazione del film presentato in anteprima, fra cui lo scoppio dell’epidemia di Sars che ha costretto ha chiudere per un certo tempo la preparazione, e di come si sia sentito in dovere di terminare velocemente la pellicola per non deludere i produttori e lo staff tecnico.

Divertito, ha raccontato del rapporto col direttore della fotografia Christopher Doyle, al quale prima della lavorazione di ogni film fa ascoltare pezzi della colonna sonora, da cui poi il DP trae l’ispirazione; aggiungendo anche che Doyle riesce sempre a regalare immagini meravigliose, nonostante l’età e la poca sobrietà.

Il regista ha rivelato di dare moltissima importanza alla musica e al rapporto musica/immagini, ha annunciato di non dare molta importanza ai giudizi dei critici, poiché un film una volta realizzato sfugge dalle mani dell’autore e diventa proprietà di chi guarda, e considerando che preferisce soddisfare il pubblico (e sé stesso) piuttosto che la critica.

Parlando del rapporto con gli attori “feticci” come Tony Leung e Maggie Cheung ha spiegato che è una collaborazione in cui le parti in causa maturano durante ogni diversa lavorazione, e ha elogiato la prestazione di Zhang Ziyi e Gong Li.

Alla domanda “Che tipo di film realizzerebbe Wong Kar-wai con un grosso budget a disposizione?” la risposta è stata che ogni regista ha un proprio stile e dirige solitamente un particolare tipo di pellicola. Mentre per uno Spielberg è normale realizzare blockbuster ad alti costi, per uno come Kar-wai più interessato ai personaggi piuttosto che a grandi effetti visivi, troppe risorse a disposizione sarebbero superflue e forse anche dannose. A questo proposito ha aggiunto che proprio le varie limitazioni e restrizioni spesso hanno contribuito ad utilizzare un certo stile piuttosto che un altro.

Quando gli è stato chiesto che importanza avesse la ricorrenza dell’orologio nei suoi film, il regista ha fatto simpaticamente notare di non portare alcun orologio al polso. Poi, ha confermato la massiccia presenza di questi nelle varie pellicole, spiegando che l’orologio è l’oggetto che più rapidamente si associa al tempo (elemento questo molto caro a Kar-Wai) e perciò l’uso di questa metafora è quasi obbligata.

Gli appassionati saranno poi felici di sapere che presto i principali titoli del regista verranno riproposti in edizioni rimasterizzate, e in alcuni casi anche con materiale extra inedito.
Purtroppo credo che queste iniziative rimarranno quasi sicuramente esclusive del mercato estero, anche se non sono stati dati altri dettagli al riguardo.

A questo punto Kar-Wai ha parlato di William Chang, production designer e montatore (nonché collaboratore storico), e di come questi abbia sempre dato un grande apporto a ogni film nonostante i pochissimi input ricevuti dal regista.

Wong Kar-Wai ha poi elogiato i costumisti (gli stessi di MOOD), e allo stesso tempo non ha escluso la possibilità di cambiare un giorno direttore della fotografia e collaboratori.

L’incontro si è concluso dopo poco più di un’ora e, nonostante i vistosi richiami dei propri assistenti, il regista si è trattenuto per stringere la mano e concedere autografi ai tanti fan accorsi.

 

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MILANO 17:10:2004