TEATRO EVENTI 2008

 

l'aura-2

musica cinematica

Roma, Auditorium "Parco della Musica", 12/01
Milano, "Music Drome", 19/01
 

di Gabriele FRANCIONI

Rewind, rewind: 2007, estate

“Una favola non”

(Una favola (non) è una favola (non) è una favola, come d’altronde a rose is (not) a rose is (not) a rose)

 

La favola è quella che potrebbe raccontare chi scrive, abbacinato, in un pomeriggio di giugno, dall’apparizione di un oggetto misterioso disvelantesi nella sua epifanica istantaneità multimediale, tre minuti o giù di lì.

Un video in transito sui sentieri sciccosi di Mtv saltava fuori dallo schermo a 200 pollici con la forza di un oggetto d’arte contemporanea molto Seventies, col suo corredo di panni e stracci metamorficamente in divenire, che restavano indumenti o diventavano grumi a forma di palla, per raccontare la storia della canzone, “NON è UNA FAVOLA”.

Un favoloso happening di arte povera, più bello di tutto quello che passa di solito in tivvù: metaforicissimo e pure simbolicissimo mentre narra la storia di “X”, starletta-pop nervosamente e istericamente frustrata, tra cani-carlini e londinesi psicanalisti, reginetta anonima dell’insoddisfazione su tacchi a spillo (a noi sono venuti in mente un nome italico e un paio americani), tacchi che scivolano sui piani inclinati dell’addiction “a tutto”.

Il cuore abbandonato dal corpo sul pavimento, la sagoma del “cadavere” tracciata come in una crime scene (una persona morta, l’andarsene via senz’anima), la tastiera simil-Casio frantumata, le sneaker che “uccidono” le scarpe taccose e snob colpendole come in un videogioco, la loro collezione infinita che si muove adorante attorno alla Diva,  nello spazio asettico di un astratto vuoto, il rientro di L’A nell’armadio-bara col suo unico “valore finale” (clothes”) che lo segue: bellissimo, geniale contrappunto di genialissima composizione.

L’Aura interpreta/racconta la divetta con uno schizo-art-rock che non ha eguali, mentre le identità molteplici della star passano da un vestito/look all’altro: electro-tastiere che moog-giscono, ritmi spezzati, sincopi e controtempi, come la molto geniale chiosa (“ah–ah- ah -ah”, voce e batteria che si spartiscono battere & levare).

Insomma, uno sballo totale. 

Da lì a una ricerca affannosa del tempo perduto – la girl ha esordito nel 2005 – il passo è stato breve.

Grazie agli attraenti sito ufficiale & L’Aura-space su MySpace, poi, il vuoto d’informazioni è stato presto colmato.

 

 

Little forward: 2007, tra estate e autunno.

 

Ci vorrebbe un libro, lungo almeno quanto “Alice in Wonderland” e altrettanto fantasioso, per dire dell’universo l’auresco, che mette insieme visioni neoromantiche, grumi interiori sciolti in aperture assai umanistiche, slanci e invettive contro l’ingiustizia corrosiva del Potere e della Violenza, fascinosi abbozzi di universi musicali broadwayani e molto altro.

Attenzione: la ragazza ha solo anni 23: pensate anche al film con Jim Carrey e alla numerologia…forse in lei è nato un demonietto o dio creativo impossibile da fermare.

Invertitelo in “32” e non avrete ancora l’età sufficiente a rappresentare la maturità di L’A, che ha studiato e registrato a San Francisco e L.A., e possiede la padronanza compositiva di un’artista quarantenne.

A quell’età avrà sicuramente scritto colonne sonore e musical.

Lei è la madrina di questo art-Rock unico, che centrifuga diversi decenni di musica colta e popolare (ascoltate LE VENT, da DEMIAN, e BREATHING: veri universi antipolari), mantenendo un tratto personalissimo, alla faccia di chi continua imperterrito a citare presunti suoi modelli musicali di casa nostra.

L'asciate perdere, please.

Sono solo ispirazioni momentanee, spunti poi sviluppati con tratto riconoscibilissimo

L’inclassificabilità di L’A, infatti, è evidente e innegabile: guardando al rock-pop italico e non, la sua musica scivola via da ogni “zona” e sfugge a ogni categoria, né a destra né a sinistra e, semmai, sembra più rivolta al progressive degli anni ’70.

 

 

L’Aura usa l’ascia e la piuma per sbozzare la propria materia musicaletteraria, che intreccia Jodorowsky e Carroll, Siddal e Faber, Cole Porter, il musical RENT e Bob Fripp.

Ogni brano è un musical box, uno scrigno che svela gioielli di molte forme e colori, con la grazia assassina dei Genesis di NURSERY CRYME, TRICK OF THE TAIL e WIND AND WUTHERING o dei King Crimson di ISLANDS (la tromba di MR OH e di LETTERE D’AMORE, ad esempio), o facendo propri brevi segmenti dell’universo dell’altro genietto europeo, Joanna Newsom (I’M SO FUCKED UP I CAN BARELY WALK).

Eppure la sensazione è che L’A sia un ponte inconscio tra creatività “aliene”, lontane e diverse fra loro che si servono della sua voce per venir fuori e concretizzarsi.

A dire: la sua è una specie di spettacolosa scrittura automatica, quasi inconscia che va osservata nella sua genesi come un rito pagano di “farsi” dell’arte al di fuori di ogni schema e classificazione di genere o ambito temporale.

 

 

Musicortometraggi

 

Ciò che conta maggiormente è la capacità evocativa e descrittiva di ogni brano, che è un piccolo film narrato a più livelli (testo “poetico”/suono concreto, voce, strumenti/immagini “collaterali” presenti nei Cd o sul sito) a partire da personaggi e situazioni emotive che convocano di volta in volta “generi” diversi.

La schizo-Diva di NON è UNA FAVOLA, ad esempio, la sua vita aritmica, il suo slang e il suo look investono con potenza tutto l’apparato espressivo a disposizione di L’A, che modella il brano come argilla a immagine e somiglianza di quella scultura umana così sfaccettata.

Similmente accade in RADIO STAR, canzone “sorella” per ciò che tratta: geometrie ritmiche angolari anche qui, ma tono “allegro”, poiché analizza la condizione della rock-star da un punto di vista ancora naive, gioioso, mentre NON è UNA FAVOLA è una storia tesa, sghemba, “drogata” (la deriva della “radio star” o dell’attrice) con il ronzio di fondo delle tastiere e un procedere per mezzi toni che dà al tutto un’aria malata da discoteca domestica attraversata su tacchi a spillo dalla Diva sbilenca e prozaccata.

L’uso del “rumore”, l’ambientalità di certi passaggi è assai originale e “libero”, nonché irrintracciabile in altri artisti pop italiani: LETTERE D’AMORE, dove sentiamo una matita che scrive su carta, o HEY HEY, con i battiti delle mani e delle percussioni, a descrivere una situazione thriller/horror, tra teste sanguinanti, sconosciuti che bussano alla porta e atmosfere in stile Kate Bush/BABOOSHKA.

Musica cinematica, come si diceva.

 

 

Ma anche musica contemporanea, calata nell’Oggi anche se tiene la testa “in un libro”, come Alice.

Piedi saldi a terra, mente che viaggia alla ricerca di dimensioni “oniriche”.

Da una parte THE DOORS, UNA FAVOLA, ALICE, dall’altra IF EVERYBODY HAD A GUN e BEWARE THE MODERN EYE.

 

Schematizzando un po’, diremo che le tematiche più care a L’A sono molteplici e allo stesso tempo ben circoscritte: l’universo letterario romantico al femminile, in stile Ann Radcliffe (“The Castles of Athlin and Dunbayne”); l’attualità “storta” delle guerre infinite nei paesi attaccati dall’Occidente per razziare le ultime risorse d’energia del pianeta; l’universo privato, tra intimismo e solidarietà tra individui; un umanesimo più ampio, con attenzione alle schiere di reietti ed emarginati.

 

 

Quadri di un’esposizione

  

Come si diceva, per ogni “quadro” dell’esposizione, L’A chiama a raccolta il genere più consono ad esporre una certa narrazione: il melodismo più spinto è presente nei momenti a tinte pastello, privati e “amorosi” (DEMIAN, IRRAGGIUNGIBILE); una certa grandiosità armonica e melodica da musical broadwayano (caso unico nel panorama europeo: cosa ci riserverà in futuro la ragazza?) per il canto corale dei diseredati (TURN AROUND, E’PER TE); l’uso di un inatteso cromatismo (dei suoni, delle atmosfere) in scorci di descrittivismo ancor più privato (PIOVE, UNA FAVOLA), dove gli accordi di settima maggiore dominano la scena; l’alternanza di sperimentalismo poliritmico e pause melodiche nelle zone romanticheggianti, tra King Crimson e Genesis (LETTERE D’AMORE, MR OH, HEY HEY, BREATHING),  aperte a una strumentazione più ricca, con l’uso della tromba “frippiana” in stile ISLANDS (1971) o del violino e, infine,  la ricchezza poliritmica delle canzoni sulla moderna condizione della Diva (le già dette NON è UNA FAVOLA e RADIO STAR) o il rock “kattivo” della denuncia (BEWARE THE MODERN EYE, IF EVERYBODY HAD A GUN).

 

In definitiva, L’A mette in scena un’arte completa, che usa poesia e figurativismo pittorico, cinema e narrativa con libertà associativa sorprendente e sempre nuova, annunciando un ché di multimedialmente trasversale, assai al passo coi tempi.

I siti di L’A (vedi link) sono momenti necessari di questa totalità creativa: ricchi di contributi dell’artista (i già famosi “mostrilli”) e testimoni di una reale comunicazione con il pubblico, mai delegata ad altri, anch’essa coerente con la contemporaneità interattiva. 

 

 

Reinvenzione, reinvenzione! 

 

Da un punto di vista “metodologico”, L’A si predispone alla totale reinvenzione del materiale cui attinge, “verticalmente” e “orizzontalmente”.

A dire: l’ampio bagaglio culturale (il COSA) è percorso in lungo e in largo e poi riproposto in vesti inattese.

Idem per i mezzi espressivi (il COME), l’uso della voce, della lingua, degli strumenti: c’è sempre un desiderio di impossessarsene e di farli propri.

L’inglese è plasmato in una pronuncia molto personale, onirica, dove prevalgono la spezzatura in sillabe –presente anche nei testi in italiano- e l’apertura di vocali chiuse (“untòld”, “sòld”).

Altrove cambia l’accentazione: “per-cor-re-ran-nò” è solo un esempio (da ALICE).

Il pianoforte domina la scena, ma spesso è piano elettrico (oggi dimenticato), forse addirittura Wurltizer, o spinetta che sembra clavicembalo.

La chitarra, suonata da altri, non è mai subìta, ma piegata a quel descrittivismo di cui si diceva: tonante in DOMANI, “accusatoria”, cioè rockissima, in BEWARE THE MODERN EYE, arpeggiato-acustica in LETTERE D’AMORE.

Insomma, L’AURA reinventa tutto e siamo sicuri che, se dai 20 ai 23 anni si è già incredibilmente evoluta (DEMIAN, il secondo cd, è molto più “adulto” di OKUMUKI), a 30 non possiamo proprio pensare “dove” potrà essere arrivata e “cosa” avrà fatto.

Restiamo convinti di un futuro pieno di musical e colonne sonore.

Ad oggi, pensando solo alla dimensione “romantica” e all’“impegno”, sembra di avere davanti una specie di Peter Gabriel al femminile, che però ha già cortocircuitato THE MUSICAL BOX e BIKO.

 

L’A è già adesso nel nostro pc, nelle nostre orecchie, nei festival, sul web: ovunque e allo stesso tempo in nessuna parte precisa.

Ancora: né a destra né a sinistra o, per dirla con Pete Sinfield, “here and there” (“I’ve been here and I’ve been there and I’ve been in between, I’m on the outside looking inside”, I TALK TO THE WIND, King Crimson, 1969).

 

 

PAROLE PER NOTE

 

DEMONS:  “Why do you look so sad, can’t you see we understand? if you jump from that tree then we’ll get you, you can count on me…”-

“Changing fur's so easy
when you don't know who you are!”.

 

UNA FAVOLA: “Quando sono fuori e dentro dalla stanza, né a destra né a sinistra…”

 

RADIO STAR: “I like the shake my butt for work
nothing wrong with than
these tits and ass are going fast
you'll wanna grab'em off the net
with the right vip or vp
you know I'll be wet cause

I wanna be a radio star
I wanna be a radio star
be on the covers of the magazines
all in feathers blue so glittery
to have Tristano say "ti amo, dico amo"
What a pleasure being a rockstar in Italy”.

 

PIOVE: ”Vorrei stare bene anche con due soldi miseri ed un cane, viaggiare rincorrendo sempre il sole…”

 

BREATHING:  “I’m tired of these games where nobody wins…”

 

DOMANI: “Ti sei fatto di aria e d’immaginazione…”

 

LETTERE D’AMORE: “Ho campionato I frammenti di tristezza…” -  “Non posso lasciare che le industrie cruente dello stivale griffato rapiscano anche te…”

 

ALICE:  “Come lei la mia testa dentro un libro ho, presto mi complicherò…”

 

MR OH:  “those killer thought in the name of…God…”

 

TODAY:  “Today, get your cinnamon and prey…”

 

IF EVERYBODY HAD A GUN: “If everybody had a gun, pistole a salve per me, perché tentata sarei di vendicare l’antica pace ormai perduta…” –“Bendano i tagli sulla testa e sul cuore
con carte di credito o meglio…banconote!
Per tenere l’impero in piedi e risanare il debito
dando l’olio ai cani quando la fame duole!”

 

DEGLI ALBERI:  “Che ne sarà dei miei fratelli fragili (…) tu non dimenticar degli alberi…”

 

IRRAGGIUNGIBILE: “Fragile pelle di cartone, certa gente è qui per scuoiarti e poi gettare un muro che separa i nostri corpi di cenere…”

 

 

LE VENT:  “ Le vent qui chante,
le vent qui danse,
le vent me sauvera,
il me sauvera dès femmes
qui veulent me tuer « .

 

ONE:  “Beauty and darkness, perversion and purity they are one, hate and respect, brotherhood or intolerance: they are one…”

 

è PER TE:  “E quel giorno poi riportalo a me: ne avrò cura…” 

 

BEWARE THE MODERN EYE:  “We live in an evil world where others ache and die inhuman sacrifice to feed the west and the western-eyesed with bloody money coming from the sky…” 

 

DEMIAN:  “Amati per quello che sei…”

 

THE RIVER: “I ‘m the end of all times;
will the river run dry
when the end of all times
comes and does what he likes?

All fishermen will moan.
Dire Egyptian men,
I will take your life…”

 

NON è UNA FAVOLA:  Are you talking to me? Oh boy, it’s 3 a.m. and I absolutely don’t know what to do with myself. Do you wanna hear a story? Ho 6 carlini e un terrier, ma no-no non mi basta, 3 schiavi e pure l’autista, ma lui non mi basta e mi do spesso al digiuno e neanche quello basta, strizzacervelli di Londra quando tutto intorno è “Bum!”. Pillolina, di mattina e sera, quando sale no, non sento più il mio cuore…(…) Ho 100 amici ed un uomo ma no-no non mi basta, 6 padri e 2 sconosciuti, uno non mi basta. Ho scarpe quante ferite, un paio non mi basta… ”

 

I’M WITH YOU:  “Under your bed, up on your chair, finding the thought that you forget, I wanna match your heart…”

 

THE DOORS: “”Where did they go, the numbers of the Lord? Untold…”

 

TURN AROUND:

Cool as the wind
is their ancient glare,
Soft are their hands
pale their faces dancing up there;
A cast now gone that lives in dreams”.

 

I JUST WANT TO GROW OLD:  “I just want to grow old see the time passing by as I fall…”

 

HEY HEY:  “Hey hey!
Hey hey! Someone’s at the door!
Hey hey!Who are they?
Cops are at the door!

What’s this?
What’s in your hand?
Sharp shine,
Blood seeping down
From her head from her head from her head!”.

 

I’M SO FUCKED UP I CAN BARELY WALK:  “So now I’m alone in this perfect land, what should I pretend? Well I’ve never felt so sad: I dressed up my loneliness… I finally can turn my words into something to be sold..”

 

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