ALTRI EVENTI 2007

I riti collettivi sotto

un cielo piramide

o della "cultura cocoricense"

notte "memorabilia"

Riccione, 14/07 luglio 2007
 

di Gabriele FRANCIONI

 

Le cose sono molto cambiate dai primi vagiti della scena house,  una colata di lava tecnotronica che incendiò anche la Riviera Romagnola tra la fine degli ’80 e l’inizio dei Nineties.

Era possibile visitare il Cocoricò, detto Cocco,  quasi si trattasse di una mostra di body art futuristica in perenne movimento, dove Marina Abramoviç avrebbe trovato spazi da amare e performance da attivare e dove Bill Viola e Jenny Holzer incrociavano la rave culture londinese e il ballatoio dello spazio sotto la Big Pyramid cocoricense era percorso dai primi umani in transizione da un’identità all’altra.

Diciassettenni (lui/lei) arrampicati su zeppe di 30 centimetri, gonna stretta e corta, colori acidati o fosforescenti, transitavano sul proscenio di una nuova era che si apriva, accompagnati da un suono angolare, godibile come un popcorn verde, inarrestabile come un effetto estatico senza fine. Nuovi bambini incaramellati, attorcigliati attorno a lecca-lecca sferici e multicolore, sciamavano per le vie di Riccione, prima di andare a finire dentro le pagine di "Fluo".

O di "Flesh Out".

Arrivavano da tutta l’Italia, da Roma e Milano, s’impossessavano di micro-appartamenti estivi per accendere indiavolati rave dalla durata infinita, tornavano a casa come dopo un trattamento-Ludovico, (in)consapevoli di aver preso parte a una nuova rivoluzione punk col belletto del pop.

Capelli a tinte indefinibili, bodyni a rete o semplici magliette, case  e borsette scintillanti, trucco pesante.

La risposta eurocentrica alla pseudocultura grunge dilagò e, dopo la British Invasion di 25/30 anni prima, conquistò l’America.

Los Angeles si affacciava sulla Riviera e la trovava più cool di Hollywood, mentre Londra bruciava ancora di più, tra i sabba pagani di megalitiche periferie destinate a segnare il Suono del Decennio.

Ora i reduci di quell’Era, scozzesi e inglesi, sono venuti a vivere qui, tra i colli clementini e hanno formato la splendida comunità metallica dei Mutoids, autonoma, utopistica, concreta pur essendo alternativa a ogni mainstream.

Tante isabellesantacroce di perversa e demonica bellezza infantile sbocciavano un po’ovunque, mentre la loro estatica madonna riccionese andava a tastare il polso delle capitali Parigi & Londra e partoriva altri vangeli, come DESTROY e LUMINAL.

Il tempo sembrò fermarsi, ma sul crinale tra il 1997 e il dopo l’immagine mutò ancora.

I Prodigy celebravano l’apogeo della New Culture nel momento stesso in cui ne individuavano l’ipogeo (Fat of the Land=Smack My Bitch Up, Firestarter) e il suono era ormai definitivamente cambiato, rallentato dalla catatonia bristoliana, anche se la pelle e il look ammiccavano sempre più a un punk colorato e selvaggio.

 

Dal nuovo millennio in avanti nulla è stato più lo stesso, anche se la rivoluzione ha preso forme definitive, si è radicata nel territorio rivierasco, è diventata humus perenne, dal quale, a cicli, nascono nuove tendenze.

Qualcosa è assurto a Icona o Monumento, qualche luogo è trasmutato dentro la camaleontica pelle del Mito entro il quale si compie ciclicamente il Rito, per mantenere vivo il senso di quella rivoluzione.

Oggi la transumanza verso il Cocoricò continua, un’orda famelica e multiforme di affamata gioventù che sale verso la collina in cerca del Verbo Sonoro, che puntualmente viene prodotto in una delle fornaci di creatività, che siano la Piramide, il Titilla, Morphine  o…la X-Zone.

E poi la Gabbia, il Giardino e citazioni forti, come “Happiness Is A Warm Gun”, direttamente dal Lennon satanico del White Album mansoniano, mentre il laser cerca di leggere l’XXY dei sempre nuovi adepti.

Il popolo del Cocco è ora più tranquillo di quello dell’89, del ’92, ma anche del ’99: domina la coppia, c’è acqua a volontà, anche se il morbo della new-age coatta che ha stravolto altre discoteche, ora più simili a delle toilette zen buone per un massaggio collettivo, non arriverà mai da queste parti.

I Mutanti hanno preso il potere e la generazione-XXY viene a vedere, ad adorare, non a toccare chi ha costruito il Mito.

Isabella Santacroce è spesso alla consolle.

 

A volte, dopo aver salito e ridisceso i percorsi cocoricensi, scivolosi e umidi, pensi che il locale potrebbe espandersi, colonizzare-la-collina, inglobando la woodstock perenne del terzo millennio.

Intanto la magia si ferma sempre sulla vetrata del bar piramidale, che scruta con occhio tagliente l’orizzonte, dove la sabbiosa prosaica normalità della spiaggia in lontananza viene ricacciata indietro dal muro del suono tecnotronico: il Giorno, per quanto ruffianamente fascinoso nel rosa dell’alba, non vincerà mai sulla maestosa Notte cocoricense.

 

 

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"ZOO TOUR", di Isabella Santacroce

 

Speciale LUMINAL