Concreto e persuasivo l’ultimo film di
Carlo Mazzacurati La giusta distanza,
in concorso alla seconda Festa del Cinema di Roma.
Dopo Notte italiana,
L’amore ritrovato ed il
remake di A cavallo della tigre,
il regista padovano ha scelto Concadalbero, un paesino alle foci del Po,
come ambientazione del suo nuovo film. I ripetuti campi lunghissimi sul
verde rigoglioso della pianura padana si accorciano gradatamente per
esplorare gli angoli nascosti di un paese di provincia dove persone
“normali” vivono indisturbate. Un setting che sembra essere stato prelevato
direttamente da uno dei tanti servizi di cronaca che affollano i
telegiornali. E, fino a prova contraria, il film è un ritratto, a tratti
pittoresco, di quel microcosmo di vita italiana che tanto soddisfa la fame
di giornalisti, rubriche e talk show quando qualcosa di insolito lo scuote.
Fra i personaggi c’è il tabaccaio (Giuseppe Battiston) sposato ad una
rumena, il tunisino che gestisce un’officina (Ahmed Hafiene), il giovane
autista di autobus (Stefano Scandaletti) che sposa l’estetista, cinesi
arrestati per lavoro nero e la maestra toscana (Valentina Lodovini) che
irrompe nel paese per sconvolgere gli animi dei più solitari. Si ha
l’impressione di essere davanti a delle icone, a dei “tipi” studiati alla
perfezione che tuttavia riconosciamo come reali ed autentici. Ed è proprio
questo il terreno adatto per accogliere il dibattito sulla verità e la
coerenza, concetti che, nel panorama italiano, si presentano sempre meno
come iponimi della parola “giustizia”. Mazzacurati vede la “giusta distanza”
insidiarsi fra gli abitanti del paese quando la storia di passione fra due
dei protagonisti si trasforma in un giallo da risolvere. Ma c’è anche chi
alla “regola della giusta distanza” si deve attenere per mestiere: un
diciottenne che inizia a lavorare come giornalista (Giovanni Capovilla). Il
suo mentore Bencivenga (Fabrizio Bentivoglio) gli insegna a tenere
l’opportuno distacco dai fatti perché “se il giornalista si perde nelle
emozioni è fritto.” Eppure, sarà solo trasgredendo a questa regola che il
giovane riuscirà a strappare la rete delle sorti previste, che soffoca e
mina la giustizia italiana.
Con La giusta distanza,
Mazzacurati porta sullo schermo degli equilibri calibrati al centimetro, da
riscontrarsi sia nel giusto mix di attori professionisti ed esordienti, sia
nella continuità armoniosa fra le due parti del film. Reduci
dall’altrettanto recente
La ragazza del lago di Andrea Molaioli, il paragone è
inevitabile. Dal lago alla pianura, si scoprono i volti e gli intrecci di
vite comuni, la quale tangibilità prende forma nelle interpretazioni di
attori che parlano con accenti locali, non contaminati dalle scuole di
dizione. Se Molaioli si concentra maggiormente sulla corsa al colpevole di
un omicidio, Mazzacurati riesce a fare un passo avanti, portando la
telecamera ad indagare il retroscena attuale di un delitto che affoga nella
contraddizione e che, solo per un caso fortuito, trova la giusta
risoluzione. E’ forse su quel “fortuito” che il regista si sofferma per dare
voce ai tanti interrogativi che potrebbero accorciare la “distanza” fra i
comuni cittadini italiani e gli intricati labirinti del potere e
dell’informazione.
Voto: 25/30
01:12:2007 |