Brasileirinhos, 2

Mika Kaurismaki

di Gabriele FRANCIONI

 

OSSIMORO 1: I GIOVANI TRADIZIONALISTI..

BRASILEIRINHO, di Mika Kaurismaki (2006)

 

1/ Helsinki-Rio…

Iniziamo dalla fine.

Andandosene, M.K. c’informa che non seguirà il concerto di Veloso, in programma la sera stessa proprio lì, alla Fenice.

Sarà a Ravenna - sempre in giro, sempre in movimento - al seguito del TRIO MADEIRA BRASIL (i virtuosi del choro): “Voi rimanete qui, godetevi pure il vostro Caetano…Io me ne vado!”, sibila a basso volume, ma puntuto e non poco acido.

Aggiorniamo la nostra Mika-Teoria: Mr. Kaurismaki-2 sceglie le sue amicizie tra le star comunque un po’ emarginate, un po’ fuori dal mainstream.

Veloso è ingombrante: meglio levar le tende.

 

2/ Il Dvd

Però, ammettiamolo: quando le Apollinee Sale con un tot di appeal kubrickiano calano nel buio della proiezione, una qualche magia si avvera.

La Musica è la magistra di tanto miracolo, il cinema si ritira in buon ordine.

Un antichissimo mondo nuovo ci viene mostrato, dove a farla da padroni sono schiere di chitarristi, trombettisti e suonatori di pandeiro (cymbals, per intenderci) imberbi o al massimo sulla trentina.

Incrociano le proprie armi con quelle degli anziani, in un vitalissimo scambio generazionale di segreti tecnico-interpretativi che sa molto di “setta”, accolita di eletti, triade cino-hongkonghese alle prese col kung fu.

Ma non volano pallottole, semmai palloni da calcio.

 

La mattina presto un autobus spompato chiama a raccolta i più giovani, che devono ancora imparare, e li deposita in una piccola scuola dove il Verbo si manifesta nelle vesti di un docile insegnante che sembra sempre trattare l’ordinaria amministrazione, ma vi sta insegnando armonia e contrappunto!

In questo sta la differenza con l’Europa: sono i paesi più poveri, ma che hanno visto in qualche modo la Cultura, a volersene impossessare senza timore dell’Istituzione con la “I” maiuscola (vedi alla voce Conservatori), perché: A) non hanno il “Grande Fratello” o la Playstation, forse alcuni non hanno nemmeno la tv, quindi non vanno girovagando nel loro tempo libero con altri trastulli; B) le scuole sono molto friendly, comunicative, prive di distinzione insegnante-alunno, senza la divisa d’ordinanza e dislocate nei posti più improbabili.

 

I ragazzini brasiliani quel poco che fanno lo fanno benissimo: prendono a calci un pallone o discutono di “settime aumentate” come se fosse tutto un gioco, un gioco serissimo, però.

BRASILEIRINHO è bello perché è posseduto da questo sguardo umile e pieno di sapienza tecnica, appresa senza stress, senza aspettative, tutti insieme e senza il minimo accenno di competizione.

Al di là della travolgente bellezza del choro, il film di Mika Kaurismaki dice quindi altro:quanto più aumenta la forbice tra istituzioni scolastiche noiose o inaccessibili e bisogni giovanili indotti (da tv, fumetti e merchandising), tanto più si abbassa la cultura musicale, visuale, letteraria etc degli adolescenti.

BRASILEIRINHO diventa “fiction” solo nella capacità di raccontare una storia troppo bella per essere vera, ma che in Brasile, o perlomeno nella zona intorno a Rio de Janeiro, è realtà, è documento trasmissibile grazie al dvd.

 

Il miracolo si realizza quando dodicenni da favelas parlano di scale modali come se si trattasse delle Winx!

 

O quando il signore che palleggia neanche fosse Ronaldinho lo ritrovi chino sul violao (chitarra) a sette corde o sul cavaquinho (simil-mandolino), perso in un assolo inaccessibile a Paco de Lucia o Jimmy Page.

 

Il film va visto per credere a quello che diciamo: la tecnica di questi musicisti è assolutamente mostruosa.

Uno di loro alterna carriera concertistica come chitarrista classico - vera star nel suo campo - e serate con i gruppi dei microlocali della Rio velha, la città antica.

Per poterlo fare, però, ha dovuto tornare a scuola dai maestri di choro, geni misconosciuti che nessuno vedrà sulle pagine dei giornali, perché la loro musica non è più in voga, nemmeno in patria.

 

BRASILEIRINHO è anche ben orchestrato da Kaurismaki in quanto ad alternanza di brevi squarci “raccontativi”, affabulativi (più che veramente narrativi) e sequenze di musica dal vivo.

I musicisti, specie i più anziani, si raccontano: sgorgano lacrime, affiorano ricordi, qualcuno(a) sfoggia pure un lifting “ai limiti” (Elza Soares, praticamente senza età, eterna), mentre altri ti presentano lo strumento quasi fosse un figlio, da accarezzare e coccolare.

 

Cominciamo a conoscere una Rio “lato B” (il lato A sono le spiagge, il lato C purtroppo le favelas), tutta vie strette e colori spenti, chiaroscurale e notturna, rinchiusa negli anfratti delle piccole sale da concerto che sembrano voler fuggire dalla massa turistica che tracima da zone forse nemmeno troppo distanti.

Il regista qui tira fuori un tocco sensibile e delicato per le luci e una docile parsimonia nel montare le scene senza alcuna frenesia

 

3/ …Venezia-Ravenna

Storditi da questo ennesimo momento onirico della nostra personale torunée, ci prepariamo al concerto di Caetano Veloso.Forse capiamo un po’ di più il Kaurismaki in fuga verso Ravenna.

Forse voleva dirci che lui è per la tradizione portata avanti, paradossalmente, dai ragazzini (il choro), mentre Caetano è il 65enne che si ostina a fare rock nonostante l’assalto grinzoso delle rughe e dei divorzi. Noi stiamo nel mezzo, affascinati dalla ricorrente, ossessiva figura retorica dell’ossimoro: la Giovin Tradizione Vs. il Rock’n Roll Decrepito!

 

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