venice 2009 the summer of art

biennale arte

 

vernice per la stampa

Giorno 1, 04/06/2009

di Gabriele FRANCIONI

 

La Festa è qui

 

Arriviamo alla spicciolata e siamo pochissimi: il pubblico invaderà Giardini e Biennale i prossimi giorni, con bambini e panini. 

Forse tra 72 ore potremo raccontare l’opening di BiennaleArte 009 come una serie di buffet e party, interrotti ogni tanto dalla visione di alcune opere…

 

Roberto Cuoghi

 

Le organizzazioni nazionali (padiglioni) non assecondano la nostra dieta e ci annebbiano le capacità critiche con fiumi di prosecco, rosso e bianco.

Non fai tempo a guardare dentro una corte mai vista prima che ti viene allungato un calice e appena sali su una zattera di vaporetto ti ricoprono d’inviti.

 

Che fine fanno le installazioni se dobbiamo pianificare 2/3 feste al giorno (San Servolo - Padiglione Australiano, bellissima e molto raffinata, in una cornice spettacolare già pronta per la Mostra del Cinema; ancora San Servolo - IL CAOS, più zapatista, ma emarginata; Giardini - Padiglione Canadese, più ruspante, festosa, anticonvenzionale. Insomma, canadese;  e già si prepara quella slovena di fronte alla folle barca che staziona dalle parti dell’entrata ai Giardini…

 

Paulchan

 

Tutto, però, è un’ottima scusa, tra scaglie di grana pomeridiano, celestiali tartine e succhi di frutta, per giustificare appesantimento e stanchezza che vengono dati di default e ci fanno attraversare qualcosa come tre-quattro ambienti espositivi tra padiglione italia, corderie  a nazione mista e padiglione arabo, come se ci avessero piazzati su un amichevole tapis roulant sincronizzato sulla nostra bassa soglia di attenzione.

 

Horror pictures’show: Padiglione Littorio

 

Non che non ce lo aspettassimo, ma vuoi anche i tipici impacci da primo giorno di scuola, sta di fatto che le nostre peggiori paure si materializzano tragicamente una volta che entriamo nel rinnovato spazio curato da Beatrice Buscaroli e Luca Beatrice.

 

Passi SISSI, pure intervistata da Kinematrix (a giorni il testo di Daniela Mucci Moreno), generosamente intrappolata nelle sue ipertrofiche morfologie all’uncinetto e sempre abbastanza fuori dal mercato.

 

 

Sissi

 

Passi, col 6 politico, un discreto Berruti in vena di poetiche animazioni e si metta nel mazzetto dei sufficienti pure un Wolf ostinato e ripetitivamente onesto, il resto di Padiglione andrebbe visto su quelle automobiline che sono messe al servizio della stampa per raggiungere le Tese dall’entrata di Arsenale: come al Luna Park, nella sala degli orrori, dove passi col trenino, qui non puoi fermarti, devi solo puntare all’uscita.

 

Berruti

 

Peccato, passiamo a razzo anche nella sala buia d(e)i Masbedo, impegnati a farci sonnecchiare su un’esperienza coi paracadute.

 

Ci facciamo accecare da un Chia impazzito, ormai cromaticamente allucinato e vicino a Gino Severini (ma non è un buon segno) e privo di quelle figure-massa che ce lo facevano ricordare anni fa. Malediciamo Nicola Bolla fino a stirpe futura: possibile esporre un così volgare tempestatore di Swaroski, capace di rovinare ciocchi d’albero colpiti da un’ascia e microfoni (ma allora perché non coprire di diamanti anche un Mocio Vileda?) solo per ripetere compulsivamente 1-idea-1 di Hirst, e neanche la migliore? Qualcuno gli dica che fa fare all’ex-YBA la figura di un maitre à penser

Siamo senza parole.

Quindi non diciamo nulla delle tante lucine di Lodola o dei quadri materici di Floreani fuori tempo massimo.

 

Lodola

 

Chissà che aria tirerà stasera alle cinque e mezza per l’inaugurazione ufficiale…

 

“I’m a stranger, xxxxxxx an Arab…”

 

Mentre capiamo che se i ritmi di partenza sono questi dovremo seguire la Biennale perlomeno fino a ottobre, eventi collaterali inclusi (e lì avremo belle sorprese: detto senza alcuna ironia), non ci accorgiamo neanche che siamo entrati nel Padiglione Arabo:  gran belle borse porta-cataloghi (quali?) e impedibile paesaggio muliebre.

Ma cosa sono queste foto alle pareti? Foto di opere che sembrano il soggiorno di casa? E i diagrammini da esame di urbanistica attaccati ai pannelli?

Non è che siamo ancora alla Biennale Architettura?

 

Making Worlds – Ambiente 1

 

Le Corderie, viste in rapida sequenza dopo il dramma italo-arabo, riservano alcune dolorose delusioni e due capolavori finali (in realtà sarebbero l’entrata dell’esposizione…).

 

Sheela Gowda

 

Meglio dire SOLO dei progetti riusciti: 1)  Sheela Gowda c’intrappola nei suoi cordami inquietanti; 2) Carsten Höller corregge simpaticamente edifici e ambienti con le sue “utopiche architetture d’esterni e interni” piene di scale spiravate e piacevoli aggiunte disegnate sulle foto (spazi utopici);

 

Carsten Höller

 

3) Paul Chan fa un bellissimo video di sole ombre umane che da solo vale la lunghissima parete di una sezione delle Corderie;

4) Gonkar Gyatso, tibetano, fa un collage rotondo come il mondo, con una miracolosa attenzione alle composizioni cromatiche e ai link tra i segni tracciati dalla mente: sembra Boetti, evviva! Torneremo a studiarlo meglio;

 

Gonkar Gyatso

 

5) Pistoletto dispone trionfalmente “20 meno 2” specchi con cornice dorata, metà intatti e metà squarciati, ribaltando il senso degli esordi di quarant’anni fa, stavolta mostrandoci il nero dietro la “vernice specchiante”: pessimismo? Non possiamo più partecipare se non ci specchiamo più sulle lastre ora frammentate e rese opache?

 

Michelangelo Pistoletto

 

6) Lygia Pape, la brasiliana morta ottantenne tre anni fa , è sicuramente la sorpresa della giornata: miracolosi fasci a sezione quadrata  composti da fili di rame inclinati che vanno da soffitto a pavimento, illuminati qui sì e qui no, hanno un impatto visivo fortissimo, celebrando una materializzazione della luce che però viene rappresentata come entità incerta e opaca, anche se concreta. La Pape lavorò a film del Cinema Novo, era amica di Hélio Oiticica e prossima alla poesia e all’arte concreta vicina al Movimento Tropicalia che tanto amiamo.

Saudade, muita saudade…  

 

Lara Favaretto

 

Vabbè, oggi spariamo nomi grossi (intervista a Lara Favaretto, che amiamo; intervista ad Anna Parkina, che ameremo) e andiamo a rovistare tra i padiglioni nazionali, lasciando a metà percorso Bruce Nauman, tanto per aver la sicurezza di star bene almeno una mezz’oretta.

 

Anna Parkina

 

Poi il Padiglione delle Esposizioni - saliamo tranquilli - e l’evento-PARADES di Arto Lindsay: Brasile, quindi è già un “10” assicurato.

 

In apertura, opera di Nathalie Djurberg

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