venice 2009 the summer of art

biennale arte

 

PRIMO COMMENTO AI LEONI D’ORO

E ALLE SEGNALAZIONI

Venezia 06/06/2009

di Gabriele FRANCIONI

> PREMI UFFICIALI 53.ma EXPO

 

Non è stato male chiudere la Biennale Arte salendo insieme a un John Baldessari inebriato sulla macchinetta-taxi che ci portava all’uscita dei Giardini: battute, capelli bianchi lunghissimi al vento e vari fans che bloccavano il taxino ogni 3 metri….

Red carpet un po’ particolare, ma necessario e divertente.

 

La giornata era iniziata con uno splendido, aperto confronto con LARA FAVARETTO, che avrebbe meritato almeno la menzione andata invece a un supponentissimo Roberto Cuoghi, ben impegnato, chissà dove, a far notare il suo ego per difetto, invece che venire sul campo di battaglia scomodo dei Giardini.

Un sistema va criticato dall’interno, come fa Lara partecipando, lavorando settimane intere in situ, interagendo con le maestranze e poi, quando è giusto (ormai quasi sempre), lanciando bordate o regalando carezze come piace fare anche a noi.

(l’intervista sarà pubblicata tra 3-4 giorni, N.d.r.).

 

Mentre la nostra inviata MAYA decorava Miranda July con un omaggio post-floreale (due ciliegie a cavallo di un orecchio), lasciandola confusa & felice come una regista americana dall’età anagrafica aleatoria, noi iniziavamo a corteggiare le opere migliori, tra cui l’intera sala di Nathalie Djurberg, per poi andare a spendere un paio di ore kubrickiane nella caffetteria che dopo qualche ora avrebbe fatto suo il Leone d’Oro con Tobias Rehberger.

 

Era bastato un attimo per battezzare Djurberg e Rehberger possibili Leoni, come era successo il giorno prima per Lygia Pape.

 

In un certo senso, includendo l’incontro la la Favaretto e quello con Anna Parkina, ci è sembrato di procedere ispirati da un navigatore satellitare che ci portava direttamente verso i lavori significativi, mentre in un nanosecondo ci allontanava dalle mezze o totali delusioni.

(vedi i REPORT 2 e 3, sulle giornate del 5 e 6 giugno, a partire da domani sera  su Kinematrix).

 

Le assurde file di visitatori all-around per ora ci hanno tenuti fuori dai Padiglioni USA - Nauman Leone tutta la vita, anche ad occhi chiusi - e UK: i prossimi giorni andrà meglio.

 

In una giornata magica, segnata anche dalla più incredibile acqua alta (giugno !!!) mai vista in estate (o forse l’unica di sempre), la soddisfazione maggiore l’abbiamo provata durante la cerimonia dei Leoni d’Oro, che ha sancito una specie di trionfo personale e collettivo di alcuni facitori di cultura, cui abbiamo accennato negli articoli precedenti.

Sentire Yoko Ono ripetere 4 o 5 volte il nome di Vettese a ringraziamento per qualcosa che era stato definito collettivamente e da lungo tempo, almeno con Birnbaum, ha fatto un certo effetto. Anche il premio a Rehberger è la sottolineatura a una linea partecipativa, che scorre chiara e netta tra Public Art, Arte delle Relazioni e attenzione al Procedimento/Processo tutto visto come attenta messa in relazione del Sé dell’artista con il sistema dei vincoli (spaziali, architettonici) in cui va a calarsi.

 

E Rehberger porta con sé anche Bartolini, volendo, oltre a Carsten Holler e Tiravanija, anche se non premiati.

 

Lo dobbiamo ammettere: stavolta la sigla - MAKING WORLDS - aveva una precisa ragion d’essere piena di auspici.

è stato come picconare altari e buttar giù statue.

Momenti d’iconoclastia liberatoria che non andranno perduti come lacrime nella pioggia, insomma.

(Parkina e Favaretto erano felici di parlare di cinema nelle nostre interviste, quindi ci si passi pure la citazione philip dickiana).

 

Mentre Sean Lennon era una scultura vivente del padre a pochi passi dal presidente Napolitano e Massimo Cacciari baciava, dovendosi chinare non poco, una Yoko Ono con la “V” di default sulla manina vittoriosa, sentivamo nell’aria calda un fluxus che univa atmosfere settantiane e contemporaneità finalmente neo-condivisa e condivisibile (se e quando vincente).

 

Fosse passato Hirst l’avrebbero messo in formaldeide come atto di lapidazione performativa e Koons avrebbe dovuto nascondersi tra i cespugli con orecchie di coniglio.

Per una sera non c’era spazio per le ipertrofie dell’Ego.

 

Premi Ufficiali 53.ma Esposizione

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PRIMO COMMENTO AI LEONI D’ORO

Venezia 06/06/2009