la biennale di venezia 2009
Orchestra sinfonica

teatro la fenice

RIHM / REHNQVIST / LIGETI / VARESE

Teatro La Fenice, Venezia 25 - 09 - 2009

 

di Costanza PASQUOTTI

Collegamenti rapidi:

- Orchestra Sinfonica Teatro La Fenice

30/30

La prima giornata del 53° Festival Internazionale di Musica Contemporanea si conclude all’interno del magico scenario del Teatro La Fenice, occasione che rinnova anche per quest’anno la collaborazione tra la Biennale di Venezia e la Fondazione Teatro La Fenice. A dirigere la prestigiosa Orchestra del Teatro è la trentaduenne portoghese Joana Carneiro, fresca di nomina alla direzione musicale della Berkeley Symphony Orchestra, che già dall’inizio del primo pezzo si distingue per il suo gesto deciso e secco, ma allo stesso tempo molto intenso e coinvolgente.
Apre la serata Form / Zwei formen (hommage à Edgar Varèse) del tedesco Wolfgang Rihm composto tra il 1993 e il 1994 per ensemble formato da due flauti, due clarinetti bassi, due corni, due trombe, tre tromboni, basso tuba, tuba contrabbasso, cinque percussioni e contrabbasso solista; come si legge nel titolo, è un omaggio diretto al grande Varèse, in particolare a Déserts (1954), in cui sostituisce il pianoforte e il nastro magnetico con il contrabbasso e le percussioni, particolare che crea un netto contrasto dinamico e ritmico insieme alla sovrapposizione timbrica dei vari strumenti. Tutta la composizione è caratterizzata da un progressivo e continuo crescendo che però si interrompe bruscamente a poche battute di distanza dalla fine tornando al pianissimo iniziale nel registro grave del contrabbasso, del timpano e della grancassa.
Successivamente, l’atmosfera estremamente suggestiva evocata da Solsangen (Sun Song) della compositrice svedese Karin Rehnqvist ci proietta in un panorama primordiale in cui rieccheggiano le forti tradizioni pastorali e folkloristiche dei paesi scandinavi, senza dimenticare gli influssi della religione nordica. Infatti, come afferma l’autrice stessa nella conferenza stampa del 24 Settembre, questo pezzo, per voce femminile, due voci recitanti e orchestra, fu scritto nel 1994 per la famosa cantante folk Lena Willemark e quindi non richiede l’uso del vibrato né di una voce impostata, bensì della tecnica del kulning, cioè la capacità di tenere acuti prolungati che riproducano il richiamo delle greggi; sempre nel corso dell’incontro a Ca’ Giustinian, la Rehnqvist dichiara di aver addirittura richiesto, durante una precedente esecuzione di Sun Song, un suono ancora più potente da parte tromba perché risultava coperto rispetto a quello prorompente della cantante, e abbiamo una riprova di questo “duello” sonoro verso la fine del brano dove l’acuto prolungato in fortissimo (fff) della voce e quello della tromba, a distanza di un semitono l’uno dall’altro, si sovrappongono creando inevitabilmente una dissonanza acre e perforante.
Le parti per le voci recitanti, prima scritte unicamente in svedese, sono state tradotte in italiano proprio in occasione di questa performance italiana, mentre quella affidata alla cantante rimane in lingua originale; il testo, particolarmente apocalittico e patetico, proviene dall’Islanda e risale al XII° secolo. Quindi possiamo dividere il pezzo in tre parti, di cui la prima è assolutamente tragica, la seconda decisamente più leggera e gioiosa, e la terza un inno alla sera.
Dopo il breve intervallo, riprende la seconda parte del concerto che propone al pubblico due indiscussi capolavori del ‘900: Lontano e Arcana.
Il primo, composto da Ligeti nel 1967 per una grande orchestra senza percussioni, è di un’attualità sconvolgente, sottolinea i due aspetti fondamentali della ricerca del compositore ungherese, cioè da una parte l’importanza assoluta del colore e dell’effetto sonoro, dall’altra l’assenza totale del ritmo, entrambi elementi che caratterizzarono tutta la produzione ligetiana degli anni ’60.
La scrittura è infatti basata su dense fasce cromatiche lentamente cangianti, sul graduale espandersi di un cluster che dalla nota iniziale suonata da un solo gruppo di strumenti - nel caso di Lontano è il la di flauti e corni – arriva a saturazione con l’aggiunta progressiva delle diverse parti strumentali e dei rispettivi suoni. In questo modo, l’effetto raggiunto è di un’apparente “immobilità”, di una “coltre sonora” man mano sempre più corposa, all’interno della quale gli strumenti si introducono uno dopo l’altro con messa in voce e si scambiano le note della “serie” provocando una sensazione di ispessimento statico; tra l’altro, oltre allo svilupparsi del cluster, è da notare l’espansione dinamica, il lento passaggio da un pianissimo (pppp) quasi impercettibile ad un fortissimo (fff) attraverso il crescendo, per poi tornare al silenzio completo con la parabola discendente del diminuendo.
Si capisce come in tutto ciò il ruolo del ritmo sia assolutamente irrilevante, se non altro l’assenza stessa della sezione percussioni dovrebbe essere indicativa per affermare il primato dell’elemento coloristico-dinamico sull’idea di tempo; l’annullamento del battere di stampo bartokiano priva l’accento di tutta la sua importanza – tornerà ad essere oggetto di studio da parte di Ligeti solo negli anni ’70 con gli esperimenti di sovrapposizione ritmica - , tant’è vero che non troviamo figurazioni ritmiche precise e definite, ma l’unica peculiarità rimane il diffondersi delle dimensioni e dei volumi del cluster.
Gli applausi sempre più convinti e soddisfatti del pubblico dopo l’esecuzione di Lontano aprono trionfalmente la strada alle sonorità corpose e selvagge di Arcana (1927) di Edgar Varèse, pezzo in cui il compositore conferisce all’orchestra le immensità dell’universo per la potenza timbrica e ritmica di tutto l’insieme, tanto che sul frontespizio della partitura viene riportata una citazione tratta dall’Astronomia Ermetica di Paracelso; il ruolo affidato alle percussioni torna ad essere di primissimo piano, in particolare le componenti metalliche immergono gli spettatori in uno scenario celeste, spaziale, compaiono via via come bagliori all’orizzonte, come lampi, insomma come manifestazioni di una natura immensa ed incontrollata che affascina e lascia senza fiato.
La conclusione della serata non può quindi che essere grandiosa, il pubblico si lascia andare ad un applauso molto lungo e caloroso, ancora emozionato dalla potenza dell’orchestra e dal gesto convincente e penetrante della giovane e brava direttrice.
 

Orchestra Sinfonica del Teatro La Fenice
venerdì 25 settembre ore 20.00
Teatro La Fenice
Rihm / Rehnqvist / Ligeti / Varèse

- Wolfgang Rihm Form / Zwei Formen (Hommage à Edgar Varèse) per ensemble (1993–1994, 9’)
- Karin Rehnqvist Solsången (Sun Song) per voce femminile, 2 voci recitanti e orchestra (1994) 29’) prima es. it.
- György Ligeti Lontano per grande orchestra (1967, 10’)
- Edgar Varèse Arcana per orchestra (1927, 18’)

voce Lena Willemark
voci recitanti Sandra Mangini e Marta Dalla Via
direttore Joana Carneiro
Orchestra Sinfonica del Teatro La Fenice

 

Orchestra sinfonica

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RIHM / REHNQVIST / LIGETI / VARESE

Teatro La Fenice, Venezia 25 - 09 - 2009