la biennale di venezia 2009
Emmanuelle Huynh, A Vida Enorme/FAC 2
Trisha Brown, Newark Re-Worked
Alain Buffard, S.E.S.A.

CENTRE NATIONAL DE DANSE CONTEMPORAINE ANGERS

Teatro Piccolo Arsenale, Venezia 21 giugno 2009

 

di Gabriele FRANCIONI

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- Centre National de Danse Contemporaine

29/30

Molti seminari e residenze d’arte e danza prendono oggi spunto da temi come “La Paura”, “I Disagi” o, nel caso di “S.E.S.A.” di Alain Buffard, “La Rabbia”. Senza scomodare Pasolini e il suo impeto pre-e-post-sessantottino, qui siamo nei territori di un’ansia giovanile generalizzata, figlia d’identità incerte, perse nella Rete e disorientate da una globalizzazione ammazza-“Io”, che Buffard utilizza per allestire una breve ma intensissima (oltre che divertentissima) pièce di teatro-danza spinto, senza compromessi di alcun tipo con i canoni di una regola artistica, tradizionalista o modernista che sia.

è decisamente più teatro, insomma, ma non ce la sentiamo di preferire, in tale contesto, il buon saggio scolastico che riprende “Newark” di Trisha Brown, anno 1987 (seconda parte della serata), dove i bravissimi danzatori dell’“Ecole Superieure” del CNDC Angers non fanno che eseguire il programma previsto dal loro Istituto all’interno del percorso tradizionale di studi.

Schiacciata in mezzo a due creazioni molto originali e spiazzanti, la coreografia della Brown, appartenente al periodo di collaborazione con Robert Rauschenberg, perde parte della sua natura quasi site specific e, oltre a ciò, la sua qualità transizionale rispetto ai movimenti canonici della danza non si nota: ovvero, laddove il gesto quotidiano servirebbe per dar vita a successive epifanie del talento virtuosistico sotto forma di gesti che da piccoli si fanno ampi e adattati al contesto, qui non cogliamo altro che la parte finale, cioè il virtuosismo, ma fine a se stesso.Come forse è giusto che sia in un vero e proprio saggio di fine anno.

Bravi, eccelsi tutti, ma il dna di questa ensemble sembra stare altrove: nell’ironia declinata in forme recitate e cantate (S.E.S.A.: un piccolo capolavoro) o nell’esplicita corporeità spogliata di tutto, che cerca punti d’equilibrio precario in figurazioni semplicissime, ma d’esecuzione assai ardua (A VIDA ENORME).

A VIDA ENORME: tutti a torso nudo, o in topless, e jeans, lanciati allegramente dentro uno spazio che ruota circolarmente attorno al monolito (al solito: “kubrickiano”) di un amplificatore che emana impacciati segmenti di disco-music vecchissima o inni alla liberazione all-around, come “I want to break free” dei Queen.

Le due linee espressive sono deliberatamente non sovrapponibili, cioè questi slanci con sospensione finale (danza) stanno da una parte, mentre le aree che il suono va ritagliandosi nello spazio della rappresentazione (musica) si iconizzano statiche nell’emanatore di suoni al centro della scena.

C’è una buona dose d’ironia in una corporeità apparentemente impacciata, che si risolverà pienamente nel corso della serata.

 

Dopo Trisha Brown, “S.E.S.A.” propone una quindicina di ballerini travestiti da attori, cantanti e musicisti, tutti di grande e inaspettato talento.

Una mimica soldatesca, scene di guerra, parate militari e fucili evocati nel canto e usati come metronomi per i passi di “danza”: mai visto niente di simile e di più arditamente complesso anche a livello esecutivo.

Ogni danzatore diventa altro da sé nell’analisi cruda della rabbia per le violenze che produce o cui assiste: ci si fa cani, si abbaia, si diventa “cosa” invece di umanità e forse in questo sta il senso del tutto. Appesantiti da costumi e copricapo giocosi, armati quindi dalla testa ai piedi, i ragazzi dell’“Ecole Superieure” sono massimamente a loro agio in questa difficilissima prova che incrocia arditamente musica eseguita dal vivo, uso onomatopeico della voce, vero e proprio canto, teatro, danza. Schierati a coprire i quattro lati del palco, muovendosi geometricamente come un millepiedi, passano i fucili di mano in mano, smitizzando la retorica delle parate militari, finendo poi in un campo di battaglia di assoluta desolazione, dove risuona solo un’evocativa fisarmonica. 

Colpo al cuore, questo “S.E.S.A.”, anche perché c’è chi suona meravigliosamente, oltre a ballare con robotica grazia.

 

 

A Vida Enorme
sessions de travail et de transmission avec Nuno Bizarro, Emmanuelle Huynh, Catherine Legrand en mars 2009
Recréation pour les étudiants de la formation d’artiste chorégraphique
Ouverture studio le 2 avril 2009

« J’ai eu envie de faire travailler les couches délibérément séparées du son et de l’image, celles superposées de la poésie physique et spirituelle de Helder et l’utopie rock de Bowie et celles juxtaposées du découpage opéré par la langue puis par les corps.
A Vida Enorme, épisode 1, tente un récit dispersé en utilisant les outils cinématographiques tirés vers la scène du spectacle vivant sans qu’il y ait à proprement parler d’image (projetée) sur la plateau, récit dans lequel la langue et le corps célèbrent la chair du monde et son opacité. »
Emmanuelle Huynh

 

la biennale di venezia 2009
Emmanuelle Huynh, A Vida Enorme/FAC 2
Trisha Brown, Newark Re-Worked
Alain Buffard, S.E.S.A.

CENTRE NATIONAL DE DANSE CONTEMPORAINE ANGERS

Teatro Piccolo Arsenale, Venezia 21 giugno 2009