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sorcerer (IL SALARIO DELLA PAURA)
di Willian Friedkin VENEZIA CLASSICI Stati Uniti, 1977 |
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Anche quest’anno la Mostra del cinema di Venezia offre una selezione di film restaurati (Venezia classici), sulle orme dei festival più specifici come quello del “Cinema ritrovato” di Bologna. La cosa più interessante è che la selezione riprende anche film presentati alla Mostra negli anni passati e quindi appartenenti all’archivio della Biennale. Se lo scorso anno il vero “caso” era stato quello de I cancelli del cielo, presentato nella versione originale che non circolò mai nelle sale, quest’anno è la volta di Sorcerer, letteralmente stregone, ma da noi conosciuto col titolo, più intuitivo ma meno profondo (essendo la storia di tre personaggi la cui vita dipende dal fato), Il salario della paura. Si tratta di uno dei più famosi e, almeno all’epoca, meno apprezzati film di William Friedkin, premiato proprio quest’anno con il Leone d’oro alla carriera. Il film, rifacimento di Vite vendute - pellicola francese degli anni ’50 - si viluppa come racconto drammatico di respiro internazionale: i quattro protagonisti (un killer, un bancarottiere, un rapinatore ricercato e un terrorista) vengono da paesi diversi e, per motivi differenti, si ritrovano in America Latina in fuga da tutto e da tutti, disposti ad accettare di trasportare casse di nitroglicerina attraverso la foresta, in cambio di una grossa ricompensa che permetterà loro di lasciare il paese e il concentration camp di reietti in cui sono stati confinati. All’epoca della sua uscita (1977) il film non fu apprezzato a dovere, ed oggi, disabituati come siamo ai tempi lunghi dei film anni ‘70,così diversi dal formato mordi e fuggi delle serie televisive pensato appositamente per la nostra generazione,fatichiamo anche noi,trent’anni dopo. Metà del film (circa due ore) consiste nell’antefatto, utile sì alla comprensione dei personaggi, ma troppo prolisso per quanto riguarda l’intreccio. Rimane da chiedersi perchè Friedkin, regista che si divide tra cinema e teatro, lo giudichi opera emblematica della propria filmografia, tanto da averlo voluto ripresentare alla Mostra in questa occasione, al posto di quelli che sono considerati i suoi classici: Il braccio violento della legge (1971) e L'esorcista (1973). Ci permettiamo di dire che queste sarebbero state scelte forse banali, ma Sorcerer ha scavalcato anche opzioni più azzardate come il controverso Cruising (1980, cui recentemente lo stesso James Franco si è ispirato per il cupo Interior.Leather Bar). Forse perchè, come ha affermato lo stesso regista, al di là di alcune costanti del suo cinema - il forte realismo, la suspence e la sensazione allucinatoria - questo è il suo "film più personale" nato da un percorso interiore cominciato con L'Esorcista.Qui infatti non è più la fede la vera protagonista, ma il fato, come già dicevamo. I personaggi, aggrappati a un’esistenza ormai priva di senso, sono tutti in balia del caso, che li possiede e ne dispone a piacere sino all'ultima scena, quando il regista ci tiene agganciati alla sala di proiezione con un ultimo cliffhanger. Con questa chiave di lettura il titolo sembra velare, al di là del contesto, un richiamo alla figura del "bagatto", che nei tarocchi gioca coi destini degli uomini. 24/30 |