moebius
di Kim Ki-duk
Cho Jae-hyun, Seo Young-ju, Lee Eun-woo

 

FUORI CONCORSO
Corea del Sud, 90'

 

Film dopo film, Kim Ki-Duk appare sempre di più come il Jack Torrance ormai pazzo di Shining, ossessivamente attaccato a una macchina da scrivere in cui troviamo infilato un foglio con su scritto “il complesso di Edipo e la scena primaria. Il complesso di Edipo e la scena primaria. Il complesso di Edipo e la scena primaria. Il complesso di Edipo e la scena primaria...”. E anche qui, con budget prossimo allo zero e telecamera traballante, zittisce i personaggi e li lega solo grazie a continui raccordi di sguardo (e di movimento), che incalzano l'azione bruciandola in tutta rapidità. L'essenzialità che cerca, la freccia in linea retta che scocca, è quella dell'allineamento tra occhio e fallo, qui spinto fino alle sue estreme conseguenze: le metafore si letteralizzano per potercisi presentare direttamente davanti agli occhi; la castrazione (che nell'Edipo è solo simbolica), ad esempio, diventa evirazione. Il pene passa fisicamente di padre in figlio grazie a un provvido trapianto. E così via. Ecco però che, in questo processo, la concretizzazione dello schema astratto è un miraggio che non si arriva mai ad afferrare: mettere in scena Edipo alla lettera non vuol dire illustrarlo, ma avventurarsi in un emorragico flusso di variazioni che spostano continuamente il tema di partenza. Il bambino che, nella scena primaria, assiste al coito dei genitori, per esempio, scambia qui il proprio posto voyeuristicamente distaccato con quello del padre “attivo”, e viceversa. Il cinema di Kim, in generale, consiste dunque nel vorticare indefesso di queste variazioni - fino al miracolo: il movimento che tritura e agita dall'interno lo schema edipico finisce per assumere una consistenza indipendente; ci si dimentica dello schema e si rimane in balia del solo movimento. E quel movimento rimane davvero così l'unica “cosa” in scena. Per il resto, il vuoto è solo forma e la forma è solo vuoto: ecco perché il bizzarro sincretismo di Kim (cfr. Primavera, estate, autunno, inverno...) mai come in Moebius trova compimento, nel momento in cui il buddismo (la statua del Gautama) viene ritrovato, a sorpresa, proprio lì dove la parabola edipica finisce di autodistruggersi. Ad aspettare al varco la dinamica edipica in fondo al suo connaturato autodissolversi, c'è il nulla. Restituire il peso di questo nulla di pura dinamicità è ciò che ancora oggi rende grande il cinema di Kim. 28/30