miss violence
di Alexandros Avranas
Themis Panou, Eleni Roussinou

 

VENEZIA 70
Grecia, 99'

 

Questo premio alla regia è un grosso equivoco. Molto grosso. Sulla scorta dei successi dei connazionali Yorgos Lanthimos e Athina Rachel Tsangari, Avranas mette su un'operina sostanzialmente derivativa di quelli. Ne ricalca il geometrismo formale, i manierismi catatonici di recitazione, le allegorie sul potere e sul rapporto tra i sessi, le situazioni estreme, il surrealismo offerto col contagocce ma esattamente dove serve. Ma gioca sporco. Sporchissimo. Si inizia col suicidio di una ragazzina durante la festa del suo compleanno, e si prosegue con la progressiva rivelazione di un tremendo spaccato familiare, in cui il padre, dietro una patina di rispettabilità, tiranneggia figlie, moglie e nipoti, e lo fa senza esclusione di colpi, incesto compreso. “Progressiva”, si diceva. Troppo progressiva. Avranas di fatto gioca vontrierianamente con lo spettatore come il gatto col topo, centellinando cinicamente le informazioni per conservare la sua attenzione, alternando con oscena sistematicità i momenti di distacco da quelli di immersione nel contesto (e dunque alternando pure, a livello di messa in scena, la frontalità geometrica a sinuosi movimenti di macchina nel bel mezzo dell'azione), facendogli bramare a lungo la punizione del cattivo per poi offrirgliela nel finale su un piatto d'argento ad opera di un personaggio appena visibile e dunque a priori innocente, senza pertanto sporcarsi le mani. Diffidare.22/30