biennale teatro 2011

 

Rodrigo García

Muerte y reencarnación

en un cowboy

di Rodrigo García
 

13 ottobre h21, Teatro alle Tese

 

di Anna TRIVELLATO

Rodrigo García: scheda

con Juan Loriente, Juan Navarro, Marina Hoisnard luci Carlos Marquerie suono Vincent Le Meur produzione Théâtre National de Bretagne, La Carnicería Madrid

26/30

Teatro è espressione corporea, visiva, uditiva-musicale, vocale e…cos’altro? Cosa si deve fare per spingere l’intelletto umano al di là di possibilità terrene? Ultimamente si hanno dibattiti su quanto uno spettacolo possa essere ritenuto nuovo e innovativo, su quanto possa essere estremo. Il teatro sta divenendo sempre più realistico. Le emozioni, le paure, le sensazioni che pensiamo possano esistere solo nella nostra immaginazione, magicamente si materializzano sul palco. Come si fa a spiegare la rabbia, ad esempio? Come si fa a personificarla? Come si descrive l’irrequietezza? Come si fa a mostrare la condizione umana? Rodrigo Garcìa prova a creare proprio questo. I pensieri sono le cose più difficili da far trasparire da un attore; si pensi a quanto il nostro cervello è in grado di lavorare: la neurologia non è ancora riuscita a spiegare molte cose. Ma allora come fanno due attori a ricreare quanto è più difficile toccare e, molto spesso, ad esprimere a parole? La scenografia, in MUERTE Y REENCARNACION EN UN COWBOY, è completamente inesistente. Delle casse che rimbombano, tanto spazio libero, una struttura in legno, dei vestiti, un basso,una chitarra e due uomini, che osservano in tutta tranquillità la gente che cerca disperatamente il suo posto, in una massa di corpi estranei e, in gran parte, scontrosi e maleducati. L’inizio della scena è stranissimo. C’è solo rumore e movimento. Non esiste la parola, non esiste uno schema ordinato. Esistono solo due uomini che se le danno di santa ragione, che non hanno timore di mostrare la loro nudità, anzi, ci giocano, si prendono in giro, si abbracciano e si picchiano. La condizione umana è crudeltà fisica, è utilizzo di questa, predominio sui corpi, mancanza di regole. Sembra che si tratti dell’origine del mondo, ma sembra anche che questi due personaggi vivano in un modo esterno al nostro. Rumori e gemiti sono le uniche parti vocali. Di grande impatto emotivo e psicologico è l’uso di animali: pulcini, esseri indifesi e spaventati. È sempre difficile inserire animali, in questi lavori così fuori dal comune e irreali. Il significato di questo gesto estremo, l’inserimento di esseri viventi indifesi e impauriti, credo riguardi la mancanza di rispetto verso la natura: quanto gli uomini possono pensare di amare un animale, per poi non curarsene per niente. Si tratta di un “mondo dei balocchi” dove le regole non esistono. Ma è questo il mondo in cui viviamo? Forse dovremmo tutti farci un pensierino. Poi, allo stremo delle forze, i due uomini, che si rivelano cowboy-giudici, morti da qualche parte, che osservano il mondo dall’alto e lo commentano, con disprezzo, distacco e una pesante ironia. Un velo di malinconia e pena verso la condizione umana. È una denuncia? Lo spettatore si prende la propria colpa? In effetti noi tutti, presenti a questa rappresentazione del tutto moderna e particolare, abbiamo riso a molte battute e condiviso l’atmosfera unica che era scaturita ma, se c’è stato un lieve rimprovero personale, un’autocritica intima e segreta e un’osservazione interna, ci saremmo accorti che tutto quello che è stato detto, è proprio lo specchio di questa umanità.

SITO UFFICIALE

 

biennale teatro 2011

Rodrigo García

 

10 ottobre > 16 ottobre 2011