saverio costanzo

La Solitudine dei Numeri Primi

Intervista

 

 

KINEMATRIX Come è avvenuto l'incontro tra Saverio Costanzo e Paolo Giordano?

 

Saverio Costanzo L’incontro nasce da Gianani, il produttore, che dopo aver letto il libro mi ha proposto di farne un film. In quel momento una storia d’amore non era esattamente quello che cercavo, devo essere sincero, non mi interessava. Poi, nel frattempo, cresceva il successo commerciale del libro e il cinema è fatto di segni: mi ha spinto questa penetrazione così forte nell'immaginario collettivo. All’inizio mi ero proposto come sceneggiatore – anche se non sono così bravo – poi ho rivisto Paolo e ho deciso di poter anche dirigere il film.


Paolo Giordano Quando bisogna vendere i diritti ci si basa più sulla produzione che sul regista. In realtà tra tutte le proposte scelsi Gianani ed è stato proprio l’incontro personale con lui - e poi con Costanzo - a convincermi. C’era congruenza di idee. Quando ho incontrato Costanzo non conoscevo ancora i suoi film, li ho visti dopo. All’inizio si pensava ad un esordiente per la regia, poi il libro è diventato troppo pesante per caricarlo sulle spalle di un esordiente. Io covavo l’idea che Saverio potesse fare il film e alla fine ha deciso di farlo.

 

Cosa l’ha colpita di più del romanzo di Giordano?
 

SC La cosa che più mi attraeva erano le prime due immagini. Paolo è riuscito miracolosamente a suggerire un'immagine concreta: con forma, colore e spazio ha dato vita all’archetipo del dolore personale. Tutti abbiamo dolori originari dai quali cerchiamo di allontanarci. Tutti lavorano su un’epica del corpo. Questa è la storia dei corpi e della loro epica. Poi l’idea di poter lavorare su una storia d’amore, non essendone consapevole, mi incuriosiva. Non l’avrei mai fatto da solo. L’idea che questo romanzo mi avrebbe portato a farlo mi incuriosiva.

 

Utilizza in maniera molto espressiva la musica. Che potere ha l'accompagnamento musicale in questo film?


SC L’idea di partenza è quella della distrazione. Inoltre il film è datato, le date non sono casuali. La musica consentiva di storicizzare questo ventennio e creare la distrazione. Era una generazione che era distratta dal rumore, della televisione prima, della tecno dopo, dalla distrazione di se stessi, dal compiacimento. Poi per consentirmi i 20 minuti di silenzio della parte finale – che è la parte che preferisco – dovevo fare molto rumore prima.
Nella lavorazione cinematografica del best-seller dovevo diventare rumore, per consentire che quel silenzio diventasse rumoroso.

 

Come è stato per lei vedere l’adattamento cinematografico del suo romanzo?
 

PG Avevo scritto con lui la sceneggiatura. Ero consapevole del tipo di film che Saverio stava cercando. Mi sono reso conto di quanto il film fosse pieno di immagini, e quanto fosse più compiuto nella sua testa che nella mia. Da subito, da quando ho deciso di cedete i diritti per l’adattamento, ho iniziato un percorso di separazione. Ho deciso che il film diventava l’opera di qualcun altro. Non avevo alcuna ansia di possesso. In quel momento accetti la mano di un autore. Nonostante tutto però il lavoro cinematografico mi ha portato più vicino alla storia. Vedendolo ho ritrovato il senso, è la prima volta che mi sono commosso per qualcosa che avrebbe dovuto commuovermi prima.

 

C’è stato qualche punto di disaccordo con Saverio nel corso dell’adattamento?


PG Una delle frasi che mi è stata detta più spesso è che il mio romanzo era molto cinematografico, ma io non ero affatto cosciente di questo. La scelta dei generi cinematografici nel film ci ha aiutati a disinnescare il problema di quella delicatezza che il film non si poteva permettere, doveva collassare in uno stato vero. Io non sono andato lì per difendere il libro, il mio è stato un ruolo di accompagnamento. Saverio trainava e io lo seguivo con fiducia.
 

(agli attori) Come siete entrati nella parte? Quanto è stato difficile lavorare sui vostri corpi, in maniera così drastica?
 

Alba Rohrwacher è stata una grande opportunità. è la prima volta che sono arrivata al personaggio partendo da un lavoro drastico sul corpo. Arrivando a quel corpo è stato più facile capire chi fossero quei personaggi dentro. La preparazione ha portato me e Luca ad un legame vero, proprio come quello esistente tra Alice e Mattia.


Luca Marinelli Io dovevo ingrassare e avevo una certa paura. Tra me e Alba questo ha creato anche un po’ di distanza: mentre io ingrassavo, lei dimagriva e dopo il contrario. La parte più forte e difficile è stata all’inizio: ha colpito il mio animo prima e poi anche il mio personaggio.

 

Il film ha anche un lato horror, suggerito ad esempio dalle musiche…


SC Nel romanzo c’è tanto dolore, talmente forte che non poteva essere rappresentato. L’ironia dell’horror invece ce lo permetteva. Secondo me è una storia dell’orrore. Il vero horror è molto ironico: per esempio abbiamo girato sul set con quella musica, nelle cuffie dell’operatore di macchina c’era quella musica. Le musiche di Morricone per esempio per me non sono solo d’horror, ma straziatamente romantiche, dipende dal contesto. Con la rappresentazione del dolore si rischiava di essere ricattatori. La musica mi dava la possibilità di sdrammatizzare e rendere più accessibile il dolore.

 

11:09:2010