Capturing Emotions
oxigen 1.0 Ismael ivo
27 maggio 2010.
Teatro alle Tese, Arsenale. |
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30/lode |
Ideazione e Coreografia di Ismael Ivo. musiche: Arvo Pärt e John Adams, eseguite dal vivo dall'Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Maffeo Scarpis scene e costumi Marcel Kaskeline con Hema Sundari Vellaluru, Valeria Galluccio, Amandine Petit, Marta Lastowska, Ivelice Brown, Sandra Français, Francesco Colaleo, Isabella Legato, Chiara Montalbani, Teresa Santos, Ariella Maria Casu, Jessica Bova, Antonino Casile, Laura De Nicolao, Jan Jamrich, Roberto Lazzari, Gioia Maria Morisco, Andrea Orlandi, Stella Picariello, Claudio Pisa, Stefano Roveda, Pavel Zhukov.
Produzione La Biennale di Venezia - Settore Danza
Jessica Bova (Torino, 19 anni), Marta Bozena Wallner (polacca residente in Austria, 29 anni), Ivelice Brown (Caracas, 29 anni), Antonino Casile (Reggio Calabria, 24 anni), Ariella Casu (Sassari, 20 anni), Francesco Colaleo (Napoli, 21 anni), Laura De Nicolao (Padova, 26 anni), Sandra Français (Aix-en-Povence, 22 anni), Ján Jamrich (slovacco, 25 anni), Roberto Lazzari (brasiliano naturalizzato italiano, 18 anni), Isabella Legato (Torino, 23 anni), Chiara Montalbani (Bologna, 25 anni), Gioia Maria Morisco (Urbino, 26 anni), Andrea Orlandi (Bergamo, 23 anni), Amandine Petit (francese nata in Germania, 21 anni), Stella Picariello (Reggio Emilia, 21 anni), Claudio Pisa (Napoli, 22 anni), Teresa Santos (Oporto, 24 anni), Hema Sundari Vellaluru (Bangalore, 25 anni), Pavel Zhukov (Mosca, 30 anni) sono stati selezionati da Ismael Ivo per l’Arsenale della Danza, il corso di perfezionamento nella danza contemporanea istituito dalla Biennale di Venezia lo scorso anno. A loro si sono aggiunti Valeria Galluccio e Stefano Roveda, danzatori meritevoli provenienti dal primo anno di anno di attività. La produzione di Oxygen, che conclude la sessione di studi e inaugura contemporaneamente il Festival di Danza, è così occasione per misurare le loro capacità e sperimentare la loro creatività su una scena rigorosamente professionale.
Nella sua personalissima ricognizione sullo stato del pianeta, Ismael Ivo passa dall'Inferno al Paradiso e dalla Terra (THE WASTE LAND) all'Aria, al cielo, all'origine della vita e alla matrice del nostro essere, riposta nel RESPIRO. Quindi: "Oxygen", inno alla possibilità di ritrovare nella ciclicità del nostro esistere - e quindi nel movimento infinito - un antidoto spirituale alla pollution e alle catastrofi ambientali evocate nello splendido spettacolo che chiudeva l'Arsenale della Danza e apriva la Biennale nel 2009. Da Terre Perdute e martoriate, c'innalziamo verso un non-luogo dove ancora risiede la possibilità dell'alternativa allo status quo, e tale ou-topia non può che essere costruita sull'immaterialità eterea dello spazio intangibile tra i pensieri, sull'irraggiungibilità della ionosfera, metafora di "spirito alto", sulla respirabilità di ciò che, in quanto immateriale, non vuole e non dev'essere TOCCATO. Ecco, forse il respiro della magnifica coreografia di Ivo è la nuova frontiera di chi si muove indefessamente ed entelechicamente verso un'IDEA, spinto da un approccio anti-materialista, lontano da qualunque intenzione di "uso" dell'universo che abitiamo. Esso non va toccato, semmai osservato, pensato. Respirato. Respiro-Ossigeno-Aria-Cielo: desiderio di volare. Se un limite va dato a questo scandaglio dell'aerea "outopia" (nel senso dei non-luoghi foucaultiani, dove avviene un cambiamento di stato, di coscienza, un'evoluzione anche fisica, lontano dal mondo delle relazioni umane), è quello che ritroviamo nei miti di Icaro e di Jatayu: il limen di pensare, concepire il volo, l'imitazione del dio, la ybris di andare a conoscere colui che ha generato il Movimento e il Respiro. La perfetta introduzione affidata alla bellissima danzatrice indiana Hema Sundari Vellaluru (vedi intervista, N.d.R.), racconta proprio i passaggi cruciali della storia di Jatayu, peraltro differente da quella di Icaro, dove la figura mitologica dell'induismo, simile a un avvoltoio, raccoglie in sè le forze del Bene e tenta, attraverso il volo, di opporsi al maligno Ravana, che potrà sconfiggerlo solo tagliandogli le ali. Hema, in un vestito di raso bianco, sul piccolo palchetto montato davanti all'entrata delle Tese, lancia la sua benigna sfida verso le acque ferme del pezzo di laguna che entra in Arsenale e in direzione-cielo, cobalto e distante, scenografia involontaria per una sequenza meravigliosa di passi di danza tradizionale indiana. Gestualità sinuosa, lentissima o rapida, piena di destrezza, di polsi e mani, contrapposta all'imperioso battere dei piedi contro il palco, quasi a cercare la spinta per spiccare il volo. L'evoluzione della coreografia della Vellaluru porta da passi sicuri e grandi aperture "alari" delle braccia, a fendere e raccogliere più aria e respiro possibile, sino a micro-inciampi che alla fine diventano caduta fatale. Jatayu muore, senza più le ali, senza più la forza di un pensiero libero. L'emozione dell'introduzione di Hema è solo una spinta per volare dentro il Teatro e quasi non accorgerci di una coppia di umani avvolti nel lattice (tra loro è Ivelice Brown, vedi intervista n.2, N.d.R.) e ai quali è stato sottratto l'ossigeno, costringendoli a un abbraccio (un risucchio reciproco di "linfa" vitale immateriale) coatto, che li costruisce nella forma informe di una scultura di Jan Fabre. Intuiamo il sudore, condividiamo l'esperienza estrema (lo è stata realmente, N.d.R.) dei performers, che devono provare cosa significhi per il loro fisico l'assenza del respiro per apprezzare la possibilità di volare alla ricerca di....Aria. Se THE WASTE LAND era iper-strutturato, narrativo e legato a una partitura musicale altrettanto concreta, OXYGEN è assenza di snodi raccontativi o sovrapposizione di essi in un intreccio che rimane tale, impossibile da dipanare, perché NON deve essere sciolto. Come si può sciogliere un volteggio che ne incrocia infinitamente altri? Come puoi definire decine e decine di instancabili piroette che solo trovano una motivazione in se stesse, cioè nell'essere generatrici ed esito di movimento PURO? Come sciogli l'aria ? Ismael Ivo investiga la natura primaria del respiro, che è la base della danza in quanto muove i corpi, riempiti o svuotati di aria. Ossigeno come elementare base di sopravvivenza, punto di riferimento da cui non è dato prescindere. Ecco allora che anche i percorsi coreografici degli stagisti di Arsenale della Danza, tutti stupendi, seguono una linea di tecnica più sviluppata rispetto all'anno scorso: l'intero spettacolo è uno sfoggio di soli e duetti di alta classe, ma, soprattutto, uno sguardo sulla ricerca del singolo danzatore, che va dietro a una partitura molto più libera di WASTE LAND. Mai come in OXYGEN, i ballerini sono stati in grado d'incarnare il credo di Ivo: "la coreografia è un pensiero interiore e la Bellezza è questo pensiero". Lo stesso Ivo ha detto anche di non concepire "la divisione, non esiste il classico, il moderno, il contemporaneo, o il vecchio, ma la qualità...". Dal lavoro a terra di WASTE LAND, quindi, ora siamo passati alla ricerca personale di ogni singolo artista, che, avendo come "sfondo" le Tese, si sente libero d'investigare questo pensiero interiore e la totalità degli stili dimenticandosi del peso (weight), quindi quasi in totale antitesi alla logica della C.I., portando il corpo verso l'alto, dopo aver fatto un pieno di ossigeno... In OXYGEN i 22 danzatori sono come tanti giovani Ivo, cioè entità sempre ricercanti, curiose e insaziabili, ma determinate a darsi una risposta "personale" su ciò che è danza. Dopo l'introduzione "mitologica" e la liberazione dei ballerini quasi asfissiati dentro la placenta di lattice -il coreografo brasiliano desiderava investigare la reazione del fisico di Ivelice Brown e del compagno di duo in assenza di ossigeno- la scena si apre in senso multidirezionale, sparpagliando gambe, braccia e busti bianchi su tutto il palcoscenico (splendidi i costumi di Kaskeline, che rende il lattice leggero e multicolore, a seconda dello spot concepito da Ivo nel suo light design). Il respiro va ascoltato, quindi compaiono in scena una ventina di microfoni direzionali, che come un pendolo moltiplicato all'infinito, cominciano a scandire la metronomica regolarità di inspirazioni ed espirazioni. L'orchestra conquista la scena, in retroguardia, mentre iniziano a formarsi, a terra, i famosi rettangoli di luce di Ivo. Griglia, vincolo, certo, ma sempre immateriale. Maddalena Calderoni inizia il suo canto: l'aria n.39 dalla "Passione secondo S. Matteo" di Bach, voce, violino e archi. La grande novità del 2010 è l'esecuzione dello score di OXYGEN dal vivo. Matteo Scarpis dirige l'Orchestra di Padova e del Veneto, guidandola attraverso l'intelligente selezione dei brani, tutti scelti per la loro qualità eterea, dove la forza dell'invocazione, della preghiera alata e del canto, sono trasversali rispetto a una logica temporale. Seguiranno, infatti, la splendida FRATRES di Arvo Part e SHAKER LOOPS di John Adams, con parti vocali a iniziare e a chiudere lo spettacolo. Valeria Galluccio, già in WASTE LAND (come Ivelice Brown), accompagna il pre-lieder bachiano con una perfetta "zeta" disegnata sul palco, dalla sinistra alta al limite destro basso, siglando la lunga diagonale con una serie di altissimi salti, (s)coperta da un impalpabile quasi-trench colpito da luci azzurrine. è l'annuncio che sta arrivando...il Cielo. Da questo momento, raramente alternato a grandi cornici o rettangoli di luce bianca, l'insieme di nubi e azzurro atmosferico saranno costantemente proiettati sotto le evoluzioni dei corpi danzanti, vero e proprio tapis-rulant ribaltato verso l'alto per i ballerini. Marta Lastowska esordisce in qualità di solista e, sino alla fine, sarà un punto di riferimento, anche se ineffabile/indefinibile (non ha ruoli, non è un personaggio, poiché non c'è narrazione), per la coreografia. è come l'estremità di un elastico, perché ai suoi opposti, definiti da assi di luce, agisce spesso un singolo danzatore. In gruppo, i ragazzi sembrano voler riprodurre la dinamica delle nuvole e i vortici di aria. |
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