Kinematrix
Leggendo la sinossi non sembra un film politico, e invece…?
Francesca Comencini
Il mio non è un film politico in senso stretto…
Diciamo che quello che mi ha spinto a fare il film, e quella che è la
caratteristica di questo film per me, è molto legato a un momento intimo
mio, privato, legato alla sfera emotiva. Però è anche vero che forse in
questo momento raccontare in Italia il femminile dal punto di vista
femminile, raccontare di cosa le donne sono capaci, e prima di tutto della
loro dignità, e ricordare che sono molti decenni e che in questo brevissimo
tempo le donne si sono conquistate il loro rispetto, a chi è fuori dalla
storia e a chi è troppo vecchio per saperlo forse sembra politico… Non lo
so…
Certo è che ho cercato di far stare questa nascita all’interno della realtà!
Voleva essere un film di denuncia?
No! No! Non è un film di denuncia come potrebbe essere alla Michael Moore,
lo si può vedere in questo film in via indiretta.
Volevo chiederle perché Napoli come sfondo, con la sua realtà: Napoli che
è una città così difficile, soprattutto con l’incrocio di storie di quella
realtà… come ad esempio: la ragazza che debba pagare un pizzo?
Il libro è ambientato a Napoli, la scrittrice è napoletana. Mi sono chiesta,
quando dovevo farne un film, se restare a Napoli. Poi mi è sembrato
irrinunciabile, e che fosse l’ideale per questa storia. Mi sembrava che
Napoli fosse una città, se pure nella sua violenza, nei suoi crimini, molto
materna. Un utero materno… C’è qualcosa di uterino a Napoli, lo senti
fisicamente. Poi Napoli mi ha dato questa sensazione di resistere, di
resistenza vitale. In Italia, forse, un posto che più la rappresenti è
Napoli.
è anche un posto che
aspetta di più: l’attesa di tanti altri, l’attesa di un cambiamento, un po’
come nel film c’è un’attesa verso la vita, la rinascita?
No, questo non lo so. Più che altro è una città che convive con se stessa, e
con tante cose, ma quello che è stupefacente è che non è riuscita a
diventare brutta: è di una bellezza struggente e resistente. Napoli è una
città che resiste!
Vorrei chiederle qualcosa riguardo allo stile di regia che ha adoperato e
soprattutto l’utilizzo delle musiche che sembrano fare da contorno al
personaggio.
Diciamo che proprio per questa radice più intima, molto intima di questo
tipo di storia, mi sono permessa uno stile di regia abbastanza diverso dai
miei film precedenti. Ormai anche più accurato, non che non lo fossero
quelli precedenti.. Io facevo spesso film dove usavo la camera a mano, non
usavo mai carrelli, movimenti di macchina Per questo film mi è sembrato
dovesse essere fin dall’inizio un film “visionario”! Per questa idea (perché
anche se non è la mia storia, io sono madre) ci sono sensazioni che ti
rimangono nel corpo. Per esempio: questa idea che Lei, quando va dalla
bambina, attraversi una città deserta, come nel mondo ci fossero solo loro
due. Queste sono sensazioni che io stessa ho vissuto sulla mia pelle, e che
ho deciso di rimettere nel film. Questa idea visionaria mi piaceva, perché
veramente mettere al mondo un essere umano per un attimo trasfigura tutto,
trasfigura il mondo, trasfiguri tu dietro le cose piccole o grandi che vedi,
che vedi ogni giorno all’improvviso: vedi il manifestarsi della vita.
Questo ha comportato un uso diverso, ma quasi eccessivo direi della musica,
ché mentre scrivevo sentivo fossero proprio quelli i brani che volevo che
rappresentassero in modo morbido la libertà, le emozioni, il coraggio,
l’essenza del personaggio.
La scelta di mettere nuda Margherita Buy?
Trasmettere questo mondo interno cosi viscerale, mi ha spinto a non
rappresentarlo con una donna dalle caratteristiche meridionali ma più una
donna come Margherita Buy, cosi lontana dai colori del sud. Riadattare in
sceneggiatura questa idea di donna, è stata molto difficile, per questo
motivo ho scelto anche di darle questa nudità nella sua interezza, proprio
per esaltare questa distanza fra quello che è stato e quello che sarà.
La sua personale visione dello spazio bianco?
Lo spazio bianco è come un’attesa fra la vita e la morte…Ogni giorno viviamo
in un’attesa di un cambiamento… L’attesa corre!
è un film che descrive
l’attesa, appunto lo spazio bianco. Come riferimenti cinematografici ha
qualcosa in comune con Cléo de 5 à
7: souvenirs et anecdotes di Agnes Varda ?
No… Non ci avevo pensato ma mi fa piacere che lo hai pensato.
L’ intervista è continuata con Francesca Comencini, queste sono alcune
delle sue impressioni riguardo il film:
Lo spazio bianco, è un film che abbraccia tutti gli aspetti sottili del
mondo femminile, non vuole essere un film per le donne ma un film che
racconta il modo femminile e materno.
La donna con il suo mondo materno, è come se l’ avessimo un po’ dimenticata,
un po’ sbagliando, trascurando la sua liberà di donna, di essere o non
essere madri, un po’ vittima della sottomissione maschile, è uno dei motivi
perché ci è sembrato paradossalmente dimenticare l’impegno di tanti
movimenti femminili che ci hanno preceduto..
Quello che non ha fatto come madre e grande donna Elsa Morante, che non ha
avuto paura di parlare delle donne, delle madri…Lei che è madre dei suoi
personaggi, ha descritto il mondo femminile, materno, nella sua totalità.
Un bisogno di raccontare di raccontare al di là dell’aspetto biologico, ma
proprio come essenza vitale che vive nel corpo femminile.
Il mondo femminile è stato visto proprio curando questi aspetti: raccontare
di una madre che attende la nascita della figlia, oppure di una donna che
lascia la propria famiglia per occuparsi un lavoro, come per un giudice, che
vive nel terrore di cosa si sia lasciato alle spalle.
Raccontare una donna che supera i quarant’anni e che vive la vita, e una
vita sentimentale, con uno sguardo più solitario, apparentemente libera nel
suo mondo, finché non arriva la rinascita. Si diventa madre dalla madre,
proprio quando ci si scontra anche con una realtà più giovane, sentendo
rinascere in sé il bisogno di dare, di dare la vita.
Racconta anche di una donna che vive un tradizionale amore con un uomo, ma
anche la sua capacità di vivere una vera amicizia fra lei e un amico. Perché
nell’amicizia ci si rispetta, non ci si chiede di esserne dipendenti, e ci
si può credere. Spiegare agli uomini cosa sia per noi la maternità, l’amore,
l’amicizia, ti viene naturale: come proporre uno sguardo profondo di donna,
di coscienza femminile.
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