Una dolce “favola” durante la 23° Settimana
della Critica a Venezia. è
Kabul Kid di Barmak Akram
ambientato nella Kabul di oggi ancora in difficoltà dopo il conflitto. La
Kabul di oggi dove tante donne girano ancora coperte dal burqua; dove esiste
il coprifuoco e dove praticamente nulla è cambiato dopo il conflitto
americano.
In una normalissima giornata di lavoro, un tassista fa salire sul suo mezzo
una giovane donna in burqua con in braccio un bambino. A metà della corsa,
la donna chiede di scendere dal taxi. Caricato un altro passegero il
tassista si rende conto che il piccolo è, però, rimasto sul suo taxi. Inizia
così un incredibile corsa alla ricerca della mamma del bambino che si
concluderà solo grazie all’aiuto di una ONG presente sul territorio.
Kabul Kid è una dolce storia
che si fa largo in una terra martoriata dalla guerra, dalla sofferenza
evidenziandone, però, la generosità e l’umanità che troppo spesso sono
negate alla popolazione afghana. è
un film ben riuscito soprattutto perché prodotto a basso costo e con non
attori presi dalla strada: il tassista è veramente un tassista di Kabul, ma
davanti alla cinepresa non ha nulla da invidare ai tanti attori emergenti
apparsi nei film qui in proiezione. In
Kabul Kid si colgono tutte le
difficoltà affrontabili in una società ancora molto autoritaria, ma un po’
più tollerabile dopo il governo dei talebani, e le fatiche che questi uomini
devono affrontare tutti i giorni all’interno di una società che fa
tremendamente fatica a ricomporsi. E da qui emerge la figura positiva di
questo apparentemente burbero tassista, la cui umanità e altruismo produce
uno sguardo nuovo sul popolo afghano e soprattutto lo rende molto simile ai
personaggi che hanno animato i nostri film nel secondo dopoguerra. E la
lacrima finale di commozione rende meno finzionale la messa in scena.
03:09:2008
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