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Huanggua
(Cetriolo) Cina, 103'
SETTIMANA DELLA CRITICA |
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24/30
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Cinema derivativo, quello di Zhou Yaowu sembra utilizzare alcuni topoi narrativi tsaiminglianghiani con minor sfrontatezza rispetto al Lee Kang-Sheng visto al Lido nel 2007 (HELP ME EROS): dove quest’ultimo saturava la temperatura con un iperrealismo tutto d’immagine e sesso, Zhou aumenta, rispetto al Maestro, lo spazio lasciato ai dialoghi e accorcia la durata di ogni sequenza. Senza dir nulla di nuovo, produce una versione alleggerita e pronta a fruizioni da audience allargata di quegli intrecci senza speranza, di quei microcosmi svuotati di tutto, senza peraltro trattenere la magia allucinata che proprio l’esasperata lentezza di Liang riesce a garantire. è comunque la Cina d’oggi, dove i non-pechinesi sono razza reietta e la tentazione filoamericana invade consolidati rapporti basati su un sorpassato minimalismo d’affetti non coatti, ora minati dal tutto-e-subito dei figli abbagliati da Mac Donald e PS3. Una coppia con figlio va in crisi per l’impossibilità del capofamiglia di offrire “prestazioni” all’altezza delle richieste (sesso e denaro); un altro trio di fruttivendoli cade sotto le minacce dei racket sparsi un po’ ovunque negli interstizi della megalopoli inquinata; un sedicente regista va anch’egli alla deriva. Zhou si accontenta di raccontare questi piccoli mondi moderni, senza però produrre scatti, senza partorire invenzioni di qualche tipo, senza stupire. Il suo è un film “medio” su tutti i fronti, quasi a voler farsi decalcomania dell’universalmente accettata spaccatura tra tradizione e neocapitalismo. Stando in mezzo a queste dinamiche contrapposte, Zhou ha peraltro un compassionevole occhio di riguardo per l’autoemarginazione dai flussi di denaro di coloro che non partecipano al ricco banchetto del Pil sempre crescente.
M.d.p. spesso fissa,
passeggiate dei protagonisti davanti all’occhio del regista, entrate e
uscite di scena da ogni direzione. 04:09:2008 |
Huanggua
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