Dilawar è un diciassettenne del Kashmir, che, lontano dalla madre, vive con
il severo zio muratore. Lavora con lui ma progetta di fuggire; per questo fa
i compiti degli altri facendosi pagare. Proverà a scappare con la bellissima
Bani, ventottenne che ha studiato fisica negli USA e che non può espatriare
perché Dilawar stesso qualche giorno prima gli ha scippato borsa e
passaporto.
Tapa è bravissimo ad usare il digitale. La sua macchina a mano, di
precisione chirurgica, è convulsa quanto basta a spruzzare quell’effetto di
realtà (amplificato a propria volta dall’amplificazione dei movimenti che si
è riusciti a far avere all’Handycam Sony con cui è stato filmato tutto) che
serve a ispessire un racconto solidamente tradizionale. Gli ambienti reali
(e incandescenti) del Kashmir non sono per nulla oggetto di ambizioni
descrittive o da “tranche de vie”. Sono piuttosto gli strumenti attraverso i
quali Tapa imbastisce una classica parabola di formazione in cui un giovane
intelligente e benintenzionato vede costantemente sfumare quel miraggio di
onestà e legalità rappresentato dal femminile: la madre irraggiungibile
sovente “vocata” via voce over, e Bani, la ragazza “troppo” onesta per uno
come lui che vende i compiti agli altri e soprattutto scippa borse (e
passaporti) quando è messo alle strette. Questo miraggio, questa utopia,
sfugge perché è l’ambiente a “frustrare” i tentativi di Dilawar. Il
montaggio, velocissimo ma senza per questo “sbavare” sui movimenti pur
frequenti, mima appunto questa furia centripeta di cose, situazioni,
stimoli, obblighi delle circostanze, attorno a Dilawar e che Dilawar non è
capace di dominare. Per un’analoga intenzione, Tapa lavora principalmente di
primissimi piani o comunque con ampiezze di quadro che rimangono troppo
strette per avere una visione sufficientemente d’insieme dell’ambiente, che
continua a pulsare minacciosamente non esattamente fuoricampo ma comunque
fuori dai confini di un quadro che dà costantemente la sensazione di essere
“troppo stretto”. Dilawar non sa farsi strada nel caotico spazio intorno a
lui (la cui incontrollabilità è mimata dal montaggio), e per questo non
riesce a raggiungere l’agognato approdo femminile. Tapa però l’ambiente lo
conosce eccome, e sa bene anche come filmarlo funzionalmente al suo
racconto.
03:09:2008
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