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goodbay solo di Rahmin Bahramib Stati Uniti, 91’
VENEZIA 65. ORIZZONTI |
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28/30
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Il geniale Amir Naderi, che ha illuminato il concorso con il suo immenso Vegas, piano piano comincia ad avere discepoli. Bahrami, iraniano-statunitense (come Naderi) al terzo film, è senz'altro uno di questi. Raccontando il rapporto arduamente solidale tra un gioviale tassista di colore e un vecchio bianco, solo, spiantato, di pessimo carattere e aspirante suicida, egli infatti mette in pratica la chirurgia dello spazio di Naderi con luci naturali e impressionante senso della misura. Qui però non è questione, come per il mentore, di tentacolarità infinita del tessuto urbano; piuttosto si gioca tutto sempre in spazietti microscopici (l'appartamento del tassista, il taxi stesso), che Bahrami riesce (appunto: chirurgicamente) a sezionare quanto basta per restituire la situazione testardamente "a compartimenti stagni" che caratterizza i personaggi senza dover ricorrere alle stampelle della psicologia. Quindi, non solo un film rigorosamente indipendente, ma anche rigoroso indipendentemente dalle facili formulette che asfissiano il cinema indipendente americano: anziché puntare tutto sugli attori e sulla loro empatia all'acqua di rose, come avrebbero fatto in molti, Bahrami sceglie un attore talmente straordinario da poter far tutto da solo (il tassista, davvero sorprendente), e letteralmente ignora gli attori per concentrarsi su una griglia di traiettorie che da sola lascia trasparire un senso squisitamente cinematografico dell'azione, quand'anche minimale come in questo caso.
Ma il piccolo miracolo non
si ferma qui. Anzi. L'equilibrio sublimemente impersonale con cui Bahrami
gestisce i suoi piani fissi e i suoi spigolosi e brevi movimenti di
macchina, il ritmo pacato e cristallino con cui i nodi si diramano e si
chiariscono, sono (come in Manhattan
by Numbers di Naderi, e altri suoi) destinati a un brusco e poderoso
ribaltamento. Il finale visionario, con i suoi esterni montani annebbiati da
urlo, infatti, fa impennare vigorosamente di livello quella che già è stata
per l'intero film una macchina filmica invisibile e impeccabile. Mentre
seguiamo con pudico distacco l'odissea calorosa, testarda ma in ultima
analisi dolorosamente vana di un uomoche tenta di salvare un altro uomo
disperato, alla fine le ambizioni scartano nettamente e grandiosamente
dal "pulitino" al puro lirismo metafisico. 01:09:2008 |
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