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LES PLAGES D'AGNES di Agnes Varda Francia, 100'
VENEZIA 65. FUORI CONCORSO |
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27/30
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Una videoautobiografia, che segue un filo zigzagante, imprevedibile, personalissimo. Uno dei pochi fili conduttori, le spiagge: sempre, nella sua vita e nella sua carriera (difficilmente separabili) la Varda ha avuto a che fare con spiagge. La scena iniziale è un gioco di specchi, gli uni dentro gli altri, fisicamente presenti su di una delle tante sue spiagge. Già in quella scena, la Varda ci dice che si scoprirà solo nascondendosi: comincia così un gioco di specchi digitale in cui mille immagini (di lei, dell'amato Jacques Demy, dei loro film, dei loro luoghi) si rincorrono liberamente, intessute dalla sua voce over, che dipana un racconto appassionante, coinvolgente, struggente. Un filo in cui si intrecciano vulcanica ondivaghezza e intelligente egocentrismo. Una di quelle occasioni di pura affabulazione in cui uno alla fine non si ricorda niente perché era troppo preso mentre stava guardando; e in cui i tutt'altro che rari ammiccamenti ironici tirano ancora più dentro emotivamente anziché creare una distanza. Un ritratto che va disfandosi immagine dopo immagine, in cui l'identità tocca fino a perdersi i mille lidi con cui è venuta e viene in contatto: per cui si va a ritrovare gli ex-bambini del suo primo film, la strada del piccolo centro (un tempo suo set) che le è stata dedicata, e così via, senza possibile fine, sempre smarginandosi avvincentemente di palo in frasca, da scheggia a scheggia di un vissuto che sembra non esaurirsi mai, collegando spunto a spunto in un tessuto associativo imprendibile ed esaltante.
Altro filo conduttore: la
sua minuta (di Agnes) figura che guarda in macchina e indietreggia, passo
dopo passo. L'unica cosa che le si può imputare (proprio volendo essere
pignoli) è appunto questo voler tornar indietro nei binari del tempo, questo
non rinunciare del tutto alla linearità (pur invertita) del tempo,
re-inventato nel flusso puro dei ricordi che si affastellano copiosi e
seducenti anziché bloccato nel nodo infernale movimento-staticità come
l'insuperabile Porto della mia
infanzia, analoga operazione autorammemorante del divino Manoel de
Oliveira. Ecco: forse De Oliveira lo supererà solo Chris Marker (amico della
Varda qui "presente", si fa per dire, con la voce modificata (troppo geloso
del suo anonimato) e sostituito visivamente dal disegno di un gattone
arancione), geniale autore da sempre di videolettere semiautobiografiche che
piano piano si allargano al reticolo polisenso di mille strati di senso
sovrapposti, quando si deciderà a raccontare né più né meno che la sua vita.
Ma la Varda comunque, soprattutto per le eccezionali (e spesso apertamente
eccentriche) doti affabulatorie dimostrate da questo documentario, dà a
entrambi parecchio filo da torcere. 04:09:2008 |
LES PLAGES D'AGNES di Agnes Varda VENEZIA 65. FUORI CONCORSO |
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