TAkires to kame

(Achilles and the Tortoise)

di  Kitano Takeshi

Giappone, 119'

 

VENEZIA 65. IN CONCORSO

 

di Marco GROSOLI

 

30/30

 

Come fa Achille "piè veloce" a raggiungere la tartaruga, se nel tempo in cui lui accorcia le distanze lei avanza impercettibilmente e inesorabilmente? Fin qui, Zenone. "Beat" Takeshi, che già si era occupato di questo paradosso in quel sublime svelamento della inamoviblie staticità intimamente appartenente al movimento che era Dolls, prova ancora a rincorrere Zenone. E lo sorpassa.

Machisu è il figlio di un ricco commerciante d'arte, che, incoraggiato da un grande artista a dipingere, passa tutta la sua vita a inseguire il sogno di diventare pittore. Nel frattempo, ancora giovane la sua ricca famiglia va improvvisamente in bancarotta, va in accademia insieme a un nugolo di velleitari bohemien, si sposa, gli muore una figlia. Ma tutto questo gli è perfettamente indifferente. Il suo unico cruccio è inseguire il quadro, l'opera difinitiva che lo possa consacrare. Invano.
Le prova tutte: dalla naiveté del primo segmento del film (la sua infanzia) alle sperimentazioni avanguardistiche del secondo (l'adolescenza), per arrivare al terzo periodo (la mezza età, in cui Machisu è Kitano stesso) ai dripping furibondi, all'action painting e a mille altri modi di lasciare "che il mondo si dipinga da solo". E nel finale, vende a peso d'oro su un ponte una mezza lattina arrugginita, lasciandosi "comprare" dall'ex moglie che passa di lì e lo riprende con lui: ovviamente, è il ready made.
Col ready made, la parabola giunge al termine, e infatti una didascalia ci informa che "fu così che Achille raggiunse la tartaruga". La parabola è chiara, e investe tutta la storia dell'arte pittorica, seguendone la curva discendente dopo la catastrofe moderno-novecentesca. Meglio: se la catastrofe è, molto ovviamente, l'arbitrarietà imprevedibile dei flussi di capitale (Machisu che precipita in un secondo dalla ricchezza alla rovina), l'arte è l'immagine pura di questa arbitrarietà. Per questo nel film l'impermeabile mondo dell'arte (il gallerista che respinge sempre Machisu sulla base di giustificazioni puramente pretestuose) si confonde sempre più chiaramente con l'impermeabile mondo del capitale; presentissimi in questo film sono i soldi e la loro eterna mancanza.
E infatti, il susseguirsi degli stili dei tentativi di Machisu (naif-avanguardia-informale-readymade) va in direzione di un'arte che sta "già" nel mondo, che espelle l'artista. Accorgendosi che l'arte, come il mondo, è inevitabilmente soggiogata dai capricci del capitale, l'arte si affanna a rincorrere il mondo, il già compiuto, senza accorgersi che l'arte è "già lì" nel mondo. Così come Machisu non si accorge che il suo capolavoro definitivo (nel finale) è l'amore della moglie, cioè ciò ha sempre/già avuto con lui. Così come gli spezzettati, sequenziali, ripetitivi, frammentari, indefessi tentativi di Machisu di spazializzare il mondo intero nel quadro "perfetto", sono già compiuti dalle magnifiche inquadrature che Kitano gli cuce intorno, dalla staticità riconquistata allo scorrere (cinematografico) del tempo, e grazie ad esso (oltre che a una cromaticità fauve quasi godardiana).
> >Insomma: Achille ha un bell'affannarsi a rincorrere la tartaruga; basta (come avviene nella sequenzina animata che apre il film) uno stacco di montaggio, dalla veduta di profilo dei due in movimento a una frontale in cui i due che corrono paiono non avanzare di un passo, per illustrare che l'imprendibile tartaruga è sempre già lì. L'arte raggiunge il mondo non rappresentandolo, ma scoprendosi percorsa dalla stessa discontinuità (che è l'inevitabile capitale-catastrofe, in una parola il plusvalore). E questa discontinuità è materializzata dai lampi ellittici e improvvisi che fanno passare il film da una staticità all'altra (come sempre in Kitano), dall'interminabile e frammentaria sfilata di comici tentativi di Machisu, che può fermarsi solo quando Machisu/Kitano stesso si scopre opera d'arte in quanto parte del mondo, e non in quanto autore. Così, nell'ultima scena sul ponte, venditore improvvisato d'arte postmoderna avariata (la lattina), ma "acquistato" /visto dall'amore, riesce nel miracolo di ricongiungersi con ciò che lui stesso, immediatamente, banalmente e originariamente sta facendo nello stesso fulmineo momento: vendere la propria stessa maschera naturale.
 

28:08:2008

TAkires to kame

(Achilles and the Tortoise)

di Takeshi Kitano

VENEZIA 65. IN CONCORSO