Cimentarsi nel quartetto d'archi dopo Beethoven
può sembrare come dipingere girasoli dopo Van Gogh. Nel passato è sempre
stato il banco di prova del compositore classico, a volte vero e
proprio"feticcio" con cui confrontarsi.
Il problema più rilevante è sopratutto riuscire a dare uno scopo a questa
"disciplina", o reinventarla, per non rimanere irretiti in uno sterile
esercizio accademico.
Il quartetto Arditti gode di fama mondiale per
le sue interpretazioni di musica contemporanea e del '900. Fin dalla sua
fondazione, nel '74, sono state diverse centinaia le composizioni scritte
per questo ensemble, che ha ottenuto numerosi e autorevoli riconoscimenti
internazionali.
Sovente il quartetto lavora in stretta collaborazione col compositore di cui
suona la musica. Molte le collaborazioni e le prime assolute mondiali di
compositori quali Berio (di cui hanno recentemente inciso l'integrale dei
quartetti, in presenza del Maestro ); Cage; Kagel; Kurtag; Ligeti; Scelsi;
Xenakis; Stockhausen (di cui hanno registrato il celebre-sconosciuto
Helicopter Quartet), solo per citare alcuni fra i nomi più celebri.
Palimpset è il quarto quartetto composto da Ivan Fedele
nell'arco degli ultimi trent'anni. In questo lavoro il compositore cerca di
utilizzare sistematicamente una estrema economia di materiali. Si predilige
una successione di diverse figure che man mano instaurano fra di loro un
rapporto dialettico. L'autore utilizza forme archetipe in un susseguirsi di
corali, sequenze, tropi (scale ottenute per trasposizione della scala
propria di uno dei modi). La composizione si apre con un ampio gesto di
glissando di tutti gli esecutori che si trasforma in una lunga linea
orizzontale "mictotonale", in cui i suoni sembrano cercarsi e interrogarsi
fra di loro.
L'inizio della seconda parte produce algide suggestioni baltiche e
l'intreccio del tappeto sonoro evoca quasi, in lontananza, flebile, l'echo
di un organo liturgico. Una lunga, quasi estenuante nota acuta del violino
dà l'attacco a una serie di "acrobatici" glissando alternati a repentini
pianissimi in cui le corde dei quattro strumenti sembrano incollarsi fra
loro, con un effetto concentrico.
In quest'ultimo movimento una delle corde sembra evocare il fruscio di una
scotta che cigola su un veliero alla deriva: Ora ci si sente trasportare fra
archetipi di modalità primordiali, fino alle sponde di un ultimo arcaico
suono sommesso.
Harrison Birtwistle è fra i più originali compositori della scena
britannica, fin dalla sua prima opera Punch and Judy del '67, e gode
di una certa notorietà anche fra il pubblico "generalista", in particolare
in seguito all'originale e controverso Panic, eseguito all'ultima
serata dei celeberrimi "Prooms" di Londra nel '95. Spesso la sua musica è
una costruzione insieme drammatica e drammaturgica, a tratti violenta, che
non segue le logiche e le consuetudini della composizione "tout-court". La
sua musica può vagare per direzioni sconosciute per poi ritrovarsi in un
luogo riconoscibile, oppure perdersi all'infinito. O non riuscire a trovarla
una via del ritorno, come quando sogniamo dei luoghi a noi familiari, ma che
non riescono a ricondurci alle nostre case, nonostante percepiamo che
l'ingresso debba varsi proprio lì, a un passo.
The Tree of Strings allude al poema
gaelico di Sorley Maclean, ed è anche un omaggio all'isola di Raasey in
Scozia, luogo di ritiro creativo del compositore
negli anni '70. La musica comincia con uno schiudersi di riverberi di calici
di cristallo, in unosfondo sonoro via-via sempre più denso.
Si ergono alcune frasi quasi spezzate, lasciate sospese a metà, frantumate
dall'irruenza del violoncello, quasi uno strumento percussivo.
A tratti gli armonici divengono ferrosi, corrosivi, finchè una cadenza
ribattuta desta una serie di crescendi ansiogeni. La tensione drammatica del
primo violino è in realtà il vero "leit-motiv" della composizione, che si
inerpica in una stridente semantica di acuti, dove il violoncello spesso
interviene come elemento di rottura: " Tiranno" delle cadenze, sembra voler
spezzare il discorso.
Dapprima la viola e poi gli altri strumenti si
spostano nei quattro angoli opposti del palcoscenico. Gli strumenti paiono
contrarsi isolatamente, compenetrandosi e divenire infine sipario sonoro che
si chiude sulla scena.
Svaniscono ad uno ad uno; rimane il violoncello a battere, a guisa di
fendenti, quattro ultime note ribattute.
La scrittura di Jonathan Harvey si è spesso indirizzata alla ricerca di
osmosi fra l'invenzione elettronica e l'indagine acustica (nei primi anni
'80 Boulez lo invitò a lavorare all'IRCAM di Parigi ).
è noto a un pubblico più
vasto per Passion & Ressurection, musica per coro e orchestra da
camera che fu impiegata per un film della BBC nel '99. Nel '93 riceve il
"Britten award", uno dei più prestigiosi riconoscimenti del Regno Unito.
In Quartetto per archi n. 4 e Live electronics, gli archi
amplificati producono suoni che vengono irradiati in sala da diffusori
acustici, con la "spazializzazione sonora" di Gilbert Nouno. Una sequenza di
suoni "raschiati" si propaga amplificata in circolarità polifonica. Si ha
l'impressione che degli archetti invisibili graffino le robuste pareti delle
"tese". Accrescendosi l'intensità gestuale degli esecutori, si viene avvolti
da sciami di api e invasioni
di cavallette. L'effetto di disorientamento diviene sempre più avvolgente,
come sentirsi sprofondare fra enormi spazzole di un autolavaggio. Il suono
incalza e
si incrocia come le lame di spadaccini corsari, per poi arretrare; e
d'improvviso pare avvertito in lontananza dalla terrazza di un alto
grattacielo; e di nuovo balza in superficie, un U-boat che fulmineo schizza
fuori fra spuma dei flutti. Nel secondo movimento si sente sabbia soffiata
dal vento, fra cui vitrei cactus di note accuminate, si trasformano in
onirico dialogo di cinguettii digitali. Ora l'amplificazione governata fa
vibrare l'aria con una stralunata armonia che pare diffusa da uno
sgangherato organo elettrico Farfisa, nel mentre che i musicisti sembrano
incuranti di ciò che accade intorno a loro; la musica ora si sdoppia, si
triplica in una sorta di concerto a più cori, ma come la manopola di una
vecchia radio digitale che resta in bilico fra la sintonizzazione di più
emittenti, finisce per svanire in lontananza.
Prolungati applausi dello sparuto ma competente
pubblico per il compositore, presente in sala, e per gli eccellenti e
ardimentosi interpreti.
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