di Gabriele FRANCIONI

 

La Sala Stucchi dell'Hotel Excelsior è uno dei luoghi tradizionali per i roundtable in cui s'incontrano registi ed attori presenti alla Mostra del Cinema: il giorno di BLACK DAHLIA è piena di gente che saltella sulla moquette. Tensione ed eccitazione, che poi si trasformeranno in placida calma grazie a Brian De Palma e Scarlett Johansson: lei, inaspettatamente, non è né la star da red carpet né la ragazzetta informe di certe foto internettiane e sfoggia una bellezza tranquilla, non curata. Sorpresa in positivo. Mentre Mia Kirshner, Elizabeth Short nel film, si appropria di un non meglio identificato "ruolo femminile principale" e risponde anche lei alle domande poste solo al regista (!!!).
Hilary Swank non è al Lido e la sua mancanza si fa sentire. Distribuiscono il libro agli intervistatori, in una bella nuova edizione con fascetta promuovi-film: idea da ripetere nel futuro,  goloso antipasto.
James Ellroy trasmette una puntuta carica emotiva, che emana dagli occhi ravvicinati da squalo metropolitano, squalo in rosa. Vestito color pastello molto Fifties, agitarsi compulsivo, ruotare senza sosta della testa, simulazione - fallita - di superamento del trauma infantile (assassinio della madre).
"Yo soy fashiiista! Duci, Duci!" sarà il suo improbabile esordio, comunque simpatico: certe affermazioni è meglio ascoltarle dal vivo che leggerle sub specie di farneticazioni su intenet.
Tira un'aria da "non si parla di politica e di argomenti che scottano", la si respira ad ogni risposta.
Magari non era intenzione di tutti (quella di sviscerare delitti e atrocità private e collettive), ma comunque attori-regista-scrittore si chiudono a riccio.
Non tutti hanno il coraggio di Jonathan Demme o di Joe Dante...
Tre settimane dopo l'intervista è curioso andare a leggere i vari report dell'incontro collettivo sulla stampa cartacea, che si lancia in arditi "cut and paste" delle domande più interessanti: ma allora, che senso ha proporre all'infinito, da parte di costoro,  drammatici quesiti su questioni epocali come "l'ultimo film italiano visto", o "quante volte va al cinema alla settimana" o anche i fatidici "progetti futuri"?

 


SCARLETT JOHANSSON
- Il ruolo che mi è stato proposto mi ha subito affascinato e coinvolto molto e, in quanto non ambientato nel presente, si potrebbe pensare che io possa aver studiato Vivien Leigh, Shelley Winters o Bette Davis, ma in realtà non ho pensato realmente a qualcuna di loro.

- Film recenti? Mi è piaciuto il documentario UNCONVENIENT TRUTH, sulla campagna di Al Gore per la sensibilizzazione sul tema dell'aumento della temperatura del pianeta.
- Non voglio essere "type-cast", non rientro in uno stereotipo: sì, sono eclettica.
- Sono molto fortunata perché ho sempre potuto fare quelllo che volevo, fin dall'infanzia, poiché ho iniziato da bambina a fare questo lavoro.
- L'unica cosa è che il mio IO è inattingibile, perché la stampa, chi mi riconosce per strada e anche voi, qui, oggi, nessuno può pensare di conoscermi veramente! E quindi niente o poco di quello che interpreto rispecchia veramente quello che sono.

KMX Il fatto di essere rimasta fuori dagli Stati Uniti per così tanto tempo, il fatto di viaggiare molto per lavoro - LOST IN TRANSLATION, MATCH POINT, SCOOP e BLACK DAHLIA, e quindi Londra, Tokyo e la Bulgaria - ti è servito, ti ha cambiato un po' o influenzato, arricchito in qualche modo a livello personale o recitativo e lavorativo?
 

SJ No, anzi. Al di là dell'arricchimento personale e del piacere di viaggiare. In questo senso Londra mi è comunque piaciuta molto più della Bulgaria, per esempio, se non altro perché il ricordo che ne posso avere è quello di buie e fredde giornate durante le quali pioveva sempre... Lì non avevo un posto in cui ritrovare me stessa e rifugiarmi. No, amo moltissimo la mia città, New York, adoro ritornarci e non c'è niente di meglio che starmene nel mio appartamento a Manhattan, dove ritovo me stessa, il mio ambiente e riconosco la mia vera matrice culturale. Inoltre i miei migliori amici, il giro di persone che mi sono più care, i miei ristoranti preferiti, beh, li ritrovo tutti a New York... Non esito un istante se mi propongono film ambientati nella mia città.

No, in questo senso non sono cambiata, sono rimasta me stessa in questi ultimi anni.
 


JOSH HARTNETT
- Recitare con attrici belle e sensuali come Scarlett e avere scene di sesso con loro è sempre un motivo in più per accettare certi ruoli!
- è da 6 anni che sono nel progetto: prima c'erano 200 pagine di script, si pensava di girarlo in b/n, il film doveva durare 4 ore e il regista era diverso. C'eravamo solo io e Josh Friedman, lo sceneggiatore, e, come potete capire, era un progetto completamente diverso.

- Brian De Palma è sempre stato un punto di riferimento e il fatto che il film sia poi passato in mano sue, per la regia, è risultato molto, molto stimolante.

KMX Sei stato ossessionato anche tu dalla Black Dahlia reale o da quella di James Ellroy, è qualcosa che ti è entrato dentro e ti ha condizionato, influenzato, colpito durante la lavorazione del film? Poi: come fai "difenderti" da Hollywood e da Los Angeles, che sono realtà così pericolose ed ambigue, così doppie, capaci di attirarti e condurti in un retro dal quale, per i motivi più svariati, un attore rischia di non uscire più, anche solo per il fatto di vivere una realtà fatta di gossip, riviste, interviste, pubblicità, in cui vede continuamente la propria immagine moltiplicata in tanti °doppi°?
 

JH No, in realtà, a differenza di James, Brian e molti altri, artisti e non, non sono mai stato ossessionato da questa vicenda, che ho cercato di elaborare a un livello molto professionale, molto distaccato, anche se mi ha consentito di tirare fuori e rendere esplicito il mio lato più °dark°, più nascosto e scandagliare quella che è la mia complessità interiore, che non sentivo ancora ben sfruttata nel mio lavoro da parte dei precedenti registi. Come sai, sinora avevo interpretato ruoli da eroe, ruoli un po' troppo fortemente caratterizzati in un senso univoco, un po' stereotipati, anche se magari più giustificati dall'essere un attore giovane.è importante mantenere questo distacco, in generale, per non rimanere troppo attaccati al personaggio e farsi influenzare da esso nella vita privata e nella realtà quotidiana. Per quanto riguarda la seconda parte della tua domanda.. beh, devo dirti che il modo migliore di "difendersi" da Los Angeles è quello di NON viverci!
E sto parlando solo della città e non di Hollywood: io, infatti, vivo a New ork da un po' di tempo e la cosa mi permette di mantenere, anche in questo caso, un certo distacco. In quanto a Hollywood... beh sì, effettivamente c'è un lato oscuro del sistema che inquieta e dal quale, come dici tu, bisogna difendersi, anche se forse le cose non stanno più come ai tempi di Elizabeth Short, in cui qualcuno rischiava la vita se incontrava le persone sbagliate o faceva scelte azzardate.
Non ho visto ancora nessuna "golden room" e mi auguro di non vederne... Spero e credo che buona parte di quel "retro" (°backside°) di cui parli tu se ne sia andato col tempo, non c'è più una vita notturna (nightlife) "malsana", oscura, tutto è sotto le luci dei riflettori, anche perché è cambiata Los Angeles e non si vive più molto per strada, non si va più in giro di notte... Almeno, le star non lo fanno.

 

 

JAMES ELLROY
- Hi ev'rybody! Who are you talking about? I'm wondering: Black Dahlia?" e, cantando, "Betty...who killed you?
- I don't talk about politics, no Bush, no war in Iraq! I will never slag my country in front of foreign journalists, right? The war in Iraq, president Bush, America today did not exist in 1947. Black Dahlia has nothing to do with America today, ev'rything to do with L.A. in 1947. No politics! I'm very right-wing, don't bug me! Yo soy fascista...Duce, Duce!
- It's more Los Angeles in 1947, the year before my birth, that I love, more than the whole America. And you all know the story: my mother was murdered in June of '58, the case was never solved and I became obsessed with the crime and the day of my 11th birthday my father got me Jack Webb's book "The Badge", it contained a summary of the Black Dahlia murder case: it talked about my mother and the Black Dahlia as one. Many years later I wrote the book.
- The story of the Black Dahlia has haunted me very much. I got obsessed, it was the foundation of my obsessions with L.A. and its criminal and social history. It is of all my novels the most personal story that I have ever wrote and Bucky is the most like me of any of my characters.
- It's portrayed well enough, in the movie. Watch Mr. Hartnett: he's always thinking, he's always wondering, he's always measuring, he's always calculating. He's someway passive, he's fisically courageous but only when pushed to the ends of his psyche. Look at Mr. Hartnett: the eyes of the haunted...are always moving. He has small eyes, like me! Small brown eyes, but they're always going like this... (muove lo sguardo ripetutamente a destra e a sinistra, N.d.R.). Your ability to understand this movie is predicated on your ability to think at the pace of the characters.
- My obsession is a creative obsession but was realized over twenty years ago when I wrote the book. It's not like I wake up every morning and I go mmmhhhh, my mother was murdered, mmmhhh... Black Dahlia.... I'm a normal human being! It's very easy for me to get obsessed by women, but it's ok, life goes on!
- I'm writing the third volume of my Underworld Usa Trilogy, which is the sequel of my novels "American Tabloid" and "The Cold Six Thousands"... I'm writing as fast as I can and I'm not telling ya the title!
- I only enjoy crime movies, like THE CROUPIER, but it was six or seven years ago...

KMX Is the character of Swank's father echoing the real George Hodel (vedi prossimamente su Kinematrix la seconda parte di ONE SIDE MAKES YOU LARGER, ONE SIDE MAKES YOU SMALL sul backworld hollywoodiano dietro l'assassinio di Elizabeth Short e l'adesione di Ellroy, nel 2003, alla versione fornita da Steve Hodel, figlio di George, famoso medico losangelino amico di Man Ray e Walt Disney, accusato di vari reati sessuali da parte della figlia, sorella di Steve, N.d.R.) and is the scene of the crime in someway a version of the so-called "golden room" in Hodel's house?

JE I don't talk about who really killed Elizabeth Short. Anyway: no, no direct connections with the figure of the father and the scene of the crime. °George Hodel does not exist for me°, it's the best record I can give you. I'm not interested in "who" killed the Black Dahlia...The one thing I don't want to talk about in this tour is "who killed Elizabeth Short": I don't care, I don't know, she's dead and the guy who killed her is not out there killing women or, at least, not anymore and I can tell you that he's not a risk for anybody now...


 

BRIAN DE PALMA

- Se vedo molti film? Sì, adesso ad esempio sono appena tornato dal Festival di Edinburgo dove ne ho visti circa 50 e ciò che preferisco è studiare quelli prodotti in altri paesi, vado alla ricerca di attori, guardo le scenografie, ascolto le colonne sonore... anzi, credo di essere l'unico regista nella storia del cinema che va ai festival per vedere i film e mi dispiace di non potere incontrare i miei colleghi e anche viaggiare con loro. Sono sempre solo...
- Film italiani visti? Mmmhhh... (silenzio infinito, N.d.R.)... No, no...
- Ho letto il romanzo una quindicina di anni fa e l'ho trovato un fantastico noir, ma non adattabile, vista la sua complessità. Poi invece L.A. CONFIDENTIAL mi ha convinto che quei problemi di sceneggiatura potevano essere risolti cinematograficamente. Inoltre lo script di Josh Friedman e James Ellroy, cui avevano già lavorato per più di cinque anni, era un buon punto di partenza sul quale lavorare. Ho cercato di mantenere l'integrità della narrazione e di raccontare, in forma breve, un po' tutte le storie presenti nel libro, concentrandomi sul fatto che la Black Dahlia, Elizabeth Short, è l'unico personaggio veramente onesto, perché tutti gli altri sono in qualche modo degli imbroglioni, dei bugiardi e vanno direttamente all'inferno, mentra B.D. è l'unico character verso il quale il pubblico prova empatia. Per questo nel film le ho dato questo aspetto così luminoso e si distingue da tutti gli altri per tale motivo
- Sicuramente quello che continua a mantenere viva la memoria di Black Dahlia e che genera l'ossessione di molte persone, e anche la mia, sono le immagini, le foto del cadavere, del viso sfigurato... Questo orrendo delitto colpisce perché riguarda questa dolce e innocente ragazza che viene smembrata e il corpo devastato viene lasciato lì, in mezzo a un prato e questo è il motivo per il quale io ho mantenuto le foto del corpo così com'erano, sino alla fine del film: per fare in modo che la gente capisca i motivi dell'ossessione che perseguita i due protagonisti. Sono immagini che ti rimangono impresse nella memoria per sempre, cosa che accade anche per i poliziotti, in genere, e finiscono con il non liberarsene mai".
- Progetti futuri? TOYER, il film che dovevo realizzare anche a Venezia e in Bulgaria, e il prequel di THE UNTOUCHABLES, con l'ascesa di Al Capone e il suo rapporto con il personaggio interpretato da Sean Connery e finisce con il massacro di San Valentino.


KMX (la domanda fa riferimento allo spunto iniziale di ONE SIDE MAKES YOU LARGER, ONE SIDE MAKES YOU SMALL, in home page di Kinematrix, che mette in relazione WHERE THE TRUTH LIES, MULLHOLLAND DRIVE e, appunto, BLACK DAHLIA) Come spiega il fatto che negli ultimi anni siano uscite pellicole noir come LE FALSE VERITA', MULHOLLAND DRIVE e il suo ultimo film, che in qualche modo trattano figure di femmes fatales, di "doppi" femminili tesi a rendere esplicita la doppia natura, solare e oscura, di Hollywood e se pensa a possibili reciproche influenze tra esse?


BDP In realtà questo è un genere molto, molto difficile da finanziare: storie dark, noir con femmes fatales come protagoniste. In realtà sono storie che noi amiamo, che ci piacciono molto, ma quelle che tu hai citato non sono neanche state un grosso successo dal punto di vista degli incassi al botteghino, il che rende ancor più difficile la possibilità di finanziarle. Se uno va a guardare quelli che sono stati i film di questo genere negli anni Quaranta, si rende conto che all'epoca venivano praticamente prodotti a catena, uno dopo l'altro, cosa che non succede più nel sistema hollywoodiano. Questo tipo di sensibilità è venuta a mancare e spero, mi auguro che non succeda ancora (come per il western e i musical) e che passino di moda ancora una volta. Come dicevi tu è un momento fortunato: speriamo che duri! In realtà questa specie di °revival° è partito da L.A. CONFIDENTIAL, che però ha un happy ending, con la prostituta che finisce con il detective, mentre nella maggior parte dei noir muoiono tutti oppure rimangono segnati, marchiati a vita.

 

MIA KIRSHNER
- Il film che ho preferito tra quelli visti di recente è LA PIANISTA (Haneke), con un'attrice straordinaria, Isabelle Huppert, e la sua interpretazione mi ha spezzato il cuore...
- Io vivo in Canada, a Vancouver, per sei mesi all'anno e devo dire che lì i film italiani proprio non arrivano...mi spiace!
- Devo dire , senza sembrare troppo Polianna, che questo film all'inizio mi terrorizzava e Brian mi ha fatto coinvolgere emotivamente al punto che in alcune scene ero talmente spinta da Brian a provare nuove emozioni ed espressioni, che quasi arrivavo a vomitare a causa della tensione! ("He pushed, he pushed, he pushed...!", riferito a De Palma, N.d.R.)
- è sicuramente l'esperienza più importante che io abbia mai portato a termine (ed Egoyan? N.d.R.) Tra l'altro ho visto molti film dell'epoca, con Vivien Leigh, ad esempio, o Edy Lamarr, perché sicuramente Ellroy aveva pensato a queste attrici per caratterizzare la Black Dahlia del film.

- Ho comprato una casa a Parigi, adesso la sto ristrutturando e girerò un film lì, ma il fatto di non vedermi molto sullo schermo dipende dal fatto che non ritengo di dover lavorare a pieno regime e tengo sempre sei mesi per vivere la mia vita, una vita normale, viaggiare... Se non fai altro che lavorare perdi il contatto con il vero "te stesso..."
 

AARON ECKHART

Sguardi di compassione da parte di Scarlett Johansson, silenzi, nessuna domanda e, in risposta all'unico quesito postogli ("I tuoi prossimi progetti?"), il povero Aaron se ne esce con un gelido "I think I'll give up acting..."
 

63ma mostra del cinema di venezia

THE U.S. vs JOHN LENNON
di David Leaf e John Scheinfeld
 

inTERVISTA A DAVID LEAF

 

di G. FRANCIONI, con la collaborazione di T.NURCHIS e F.FERRARI

INTERVISTA A DAVID LEAF
 

KMX Ci sono stati molti ospiti oggi, ed anche ieri, per la proiezione del suo film. Eravamo curiosi di sapere se ritiene che questa partecipazione sia dovuta al fatto che il film è attinente alla situazione politica contemporanea. Forse perché c’è un disagio generale tra la gente oggi ma c’è la mancanza di una figura come John Lennon, di un artista che può rappresentare i pensieri della gente. Crede ci possa essere una ragione in merito?
DL Penso che le persone che stanno applaudendo lo stiano facendo innanzitutto a John Lennon, a ciò che ha realizzato, a cosa si è opposto e cosa ancora rappresenta.
Tra i più giovani che hanno visto il film, molti mi hanno chiesto “Dov’è il nostro John Lennon?”; i più vecchi, pressappoco della mia età, hanno detto “Dov’è John Lennon ora che abbiamo bisogno di lui?”. La risposta ad entrambi i gruppi è “John è nel film”. Come dice Yoko, il suo messaggio è ancora vivo e penso che, se John Lennon fosse vivo, una delle cose che ricorderebbe è la nostra responsabilità di fare del mondo un posto migliore, ad ognuno di noi, la pace inizia con ogni persona e John era molto deciso in merito a questo punto. Dopo i Beatles il senso era di non dover aspettare che fosse il nostro leader a risolvere i nostri problemi, non dovremmo cercare degli eroi, dovremmo essere eroi noi stessi. Penso che la gente stia applaudendo John e penso anche che siano inspirati da lui, che siano colpiti dalla sua morte, sono colpiti dal suo coraggio e stanno applaudendo quasi come se sperassero che qualcuno come lui apparisse davanti ai nostri occhi. Penso che la gente stia vedendo una tremenda attinenza tra ciò che gli è successo con ciò che è successo in America cinque anni fa e cosa questo significhi per il mondo.
 

Secondo me, e probabilmente secondo molte persone, c’è stata una specie di battaglia, culturale e non solo, tra i gruppi rock e il governo degli Stati Uniti negli anni ‘60 e all’inizio degli anni ’70. Soprattutto durante la prima presidenza di Nixon, questa battaglia è stata vinta dal governo. Non so se Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison come Martin Luther King e Malcom X siano stati tutti uccisi, se ci sia stato un progetto per la loro eliminazione. Ho un’opinione personale in merito, e la tengo per me. Non voglio che mi dica il suo parere a questo riguardo, ma considerando anche il mutamento avvenuto nei testi e nella musica dello stesso Bob Dylan dopo il famoso incidente in motocicletta del 1966, che potrebbe essere stato provocato da qualcuno - e il timore di esporsi dei musicisti di oggi, di comporre, insomma, brani di protesta - ritiene che gli artisti pop rock odierni agiscano sinceramente o abbiano semplicemente paura per la loro vita se dovessero raccontare la verità sul loro paese?
Penso che gli artisti dicano le grandi verità. Michelangelo è vissuto in un periodo non tra i più pacifici, eppure si oppose al Papa. I grandi artisti non hanno paura e John Lennon era un grande artista e penso che una delle cose a cui la gente sia sensibile è che nessuno poteva dirgli cosa pensare, nessuno poteva dirgli cosa dire. Ci fu uno scontro all'interno dei Beatles, all'inizio, perché Brian Epstein voleva che Lennon agisse in un modo che avrebbe assicurato il loro successo, e penso che John, dopo i Beatles, non sentì più questa pressione esterna volta a fargli evitare di dire ciò che pensava. Gli artisti non possono parlare, per fare un'ovvia osservazione che era vera 35 anni fa ed è vera oggi, perché la più tiepida forma di dissenso porta ad una reazione fortissima, una reazione negativa e non importa quale sia la loro linea politica: c'è così tanta gente che non sarebbe d'accordo con loro che è più facile e più sicuro non dire nulla e trovare una causa generica da sostenere. Al contrario di quanto John Lennon fece, che fu così importante, che era di mettere a rischio la propria esistenza per una campagna per la pace. Non aveva niente da guadagnare mettendosi in un letto con Yoko, non aveva bisogno di alcuna attenzione, era già una delle persone più famose al mondo, non stava promovendo un nuovo album, non stava promovendo un film, stava promovendo la pace, questo è vero coraggio.

Vorrei sapere la sua opinione, se dovesse fare un paragone tra John Lennon e artisti o cantanti di oggi, su Bruce Springsteen in America o Bono Vox in Europa. Cosa ne pensa?
Credo che entrambi Bruce Springsteen e Bono si siano ispirati moltissimo a John Lennon. Credo che Bono sia un grande "uomo di stato". Amo gli U2 e ritengo ciò che Bono fa sia davvero grande: è solo diverso da quanto John Lennon fece, ma penso che Bono stia avendo un impatto incredibilmente positivo sugli eventi del mondo e uno può solo applaudirlo per questo. Ricordo di essermi trovato in un negozio di dischi, 25 anni fa, e nel negozio si ascoltava "Sunday Bloody Sunday", e di aver pensato: "Chi è questo? Dio, sono grandi" ed era la prima volta che sentivo gli U2. Adoro quello che realizzano e amo il fatto che stiano facendo seguire alle parole i fatti. Considero Bono una delle persone più importanti nel mondo oggi, e ci vuole un gran coraggio per uscire da ciò che conosci meglio. è il cantante di un gruppo rock' n roll quello che dice: "Ok, userò la mia posizione per tentare di cambiare il mondo". Secondo me la gente può criticarlo, ma non io. Penso sia meraviglioso.
Bruce Springsteen è stato un'eccezione in America per la gente media, parla davvero in favore della gente. è un eroe della classe operaia e, ironicamente, come lui ha frequentato il college, così John Lennon ha studiato in una scuola d'arte. Questa è l'atipicità della gente proveniente dalla classe operaia della loro generazione: parlano a favore della gente della classe operaia anche se non ne fanno parte. Ma penso siano voci grandi ed importanti. è facile criticare, è molto più difficile essere al loro posto e fare quello che fanno, specialmente sapendo che con i media, per come sono oggi, qualsiasi osservazione è trasmessa in tutto il mondo quasi istantaneamente e può creare un forte reazione collettiva, può scatenare un qualsiasi tipo di dibattito. Quindi ritengo sia molto più difficile essere impavidi oggi, perché gli attacchi possono venire da ogni parte.

Alcuni nomi di gruppi, di gruppi rock, che considera importanti ora? Tra la generazione più giovane, non Bruce Springsteen o Bono che sono oltre i 40, 45, alcuni dei gruppi più giovani, crede ci sia qualcuno che è politicamente impegnato?
Perché loro sono troppo vecchi per questa discussione? (ridendo)


No, vanno bene, ma alcuni almeno un po' più giovani. Cosa le piace?
Il mio artista preferito del XXI° secolo è Rufus Wainwright. Adoro Rufus Wainwright. Credo sia un grande compositore, un grande pianista e il miglior cantautore della sua generazione. I cantautori sono gli artisti che ammiro di più. In termini di artisti più giovani, non saprei... Appena diventi più vecchio è sempre più difficile innamorarsi di un gruppo, perché hai sempre meno tempo da dedicare all'ascolto della musica. Penso a quando hai 13 o 14 anni e scopri i primi gruppi, t'innamori del loro sound e li ascolti 150 volte alla settimana. Chi può trovare il tempo per farlo quando si superano i 30/35 anni? Così ci immergiamo nella musica adesso più di quanto facessimo quando eravamo più giovani. Penso comunque che Kanye West stia dicendo delle grandi cose.
La musica pop è sempre stato un bene economico di distribuzione, era stata ideata per gli adolescenti, per l'energia degli adolescenti, per l'emozione degli adolescenti, ed è quasi ingiusto aspettarsi che la gente e i gruppi pop abbiano qualcosa di importante da dire. Penso sia una di quelle cose contro cui John Lennon si oppose, Pete Townshend era un altro della stessa generazione, di certo anche Bob Dylan. C'erano moltissime persone che crebbero in quella generazione, che erano ben istruite e determinate a usare quanto sapevano e quanto vedevano come una parte della loro arte.

Nel film c'è anche un movimento pacifista, che è uno tra i più importanti e tra i più ricordati nella Storia. Ha mai avuto paura di diventare nostalgico e retorico nei confronti di questo movimento?
Spero che questo film non sia nostalgico, spero che questo film dia la sensazione che stia tutto succedendo ora anche se quanto è accaduto a John Lennon avvenne molto tempo fa. La nostalgia è positiva quando stai pensando a meravigliosi ricordi di famiglia, ma quando parliamo del 1960, furono dei momenti terribili. Gli Stati Uniti, come hai visto nel film, erano sull'orlo della guerra civile, una guerra culturale, una guerra generazionale... e così di questo non sono nostalgico, spero non passi attraverso il film. Si tratta solamente di una storia importante che avvenne e così accaddero molte brutte cose negli anni '60, così tante grandi personalità furono assassinate, Martin Luther King, Robert Kennedy, Malcom X, così tante persone persero la loro strada, così tanta gente fu privata dei propri diritti da un governo che mentiva, da una presidenza criminale. Quando penso alla nostalgia, penso a quand'ero bambino e giocavo coi miei fratelli. Non penso agli anni '60 come di qualcosa di cui essere nostalgici, li considero come qualcosa da ricordare, come diceva il grande filosofo: "Quelli che ignorano la storia sono condannati a ripeterla". Il film non è una lezione di storia, è semplicemente la grande storia di qualcosa che accadde molto tempo fa e che può dirci molto riguardo al mondo oggi..


è stata una scelta estetica quella di concludere il film con un tipo di finale ellittico riguardo alla morte di John, semplicemente parlandone ma non dicendo di più, solo concludendola così?
Il film non è una biografia, è molto incentrato sulla battaglia tra il governo degli Stati Uniti e John Lennon quando si impegnò nella campagna per la pace. Nello stesso modo sentiamo solamente alcune cose a proposito della sua infanzia, abbiamo bisogno di sapere da dove venisse per spiegare la rabbia che aveva, quel sentimento di vuoto, il sentimento di ribellione, comprendiamo da dove viene. Allo stesso modo, se avessimo finito il film quando John ottiene la sua carta verde, il pubblico avrebbe pensato "Aspetta un secondo, sappiamo cosa è successo". Ma non vogliamo soffermarci su questo, perché tutti sanno cosa avvenne, quindi passiamo davvero rapidamente attraverso quell'orribile evento in modo da avere un finale agrodolce. Ma come Yoko dice alla fine: "John forse è morto, ma il suo messaggio è ancora vivo", è messo a punto per essere un'ispirazione. Sappiamo, qualsiasi credo possiamo avere, che ci sono cose avvenute cento, se non mille anni fa, che continuano a ispirarci. Così John Lennon è scomparso solo 26 anni fa, in termini di sequenza storica, quindi è relativamente recente. Sarebbe interessante vedere, tra 50 o 100 anni a partire da ora, che cosa penserà la gente. Secondo me questo film si propone di mostrare perché John Lennon fu importante, benché fosse nei titoli, e perché, quando morì, la gente lo pianse così profondamente e lo fece perché era un eroe, perché era coraggioso e si oppose al potere.

 

Venezia, 28:10:2006

63ma mostra del cinema di venezia

THE U.S. vs JOHN LENNON
di David Leaf e John Scheinfeld

63ma mostra del cinema di venezia

I DON'T WANT TO SLEEP ALONE

di Tsai Ming-Liang

 

inTERVISTA A Tsai Ming-Liang

 

di Marco GROSOLI

KMX Come mai, dopo tanti film metropolitani a Taiwan, ha deciso di ritornare in Malesia, la sua nazione di origine?

TML Ho vissuto in Malesia fino all'età di 21 anni. Sono tornato a Kuala Lumpur nel 1999 e ci sono stato un anno. Ho trovato un paese profondamente cambiato, ma ho trovato alcuni spunti per una sceneggiatura. è in quell'anno, infatti, che ho cominciato a pensare a questo film.

Nel film è evidente che tra questi spunti c'è anche un contesto sociale particolare, quello dell'ambiente "sommerso" degli immigrati. Può dirci qualcosa sulla scelta di occuparsi di questo aspetto?
Mi ha colpito molto, in questa folta comunità di immigrati della capitale, il senso della solidarietà. Tutti i miei film si incentrano sulla solitudine, ma in questo ho voluto anche provare a mostrare questa forma molto autentica di solidarietà, di gente che non ha niente che prova a aiutasi alla meglio l'una con l'altra. L'immigrazione mi interessa anche come ricerca di identità da parte di qualcuno che l'identità ha dovuto perderla, e l'intreccio di questo tema con quello della solitudine. Più in generale, in Malesia a fronte di difficoltà economiche reali ho trovato un ambiente molto più umano e "caldo" di quanto mi aspettassi.

Come viene accolto il suo lavoro in Malesia?
I miei film in Malesia sono sempre stati tutti censurati. Forse I don't want to sleep alone verrà accolto meglio, perché obiettivamente le storie ambientate a Taiwan ricevono molto meno interesse di quelle ambientate in patria.

Che ruolo ha avuto il Leone d'oro ricevuto 12 anni fa per Vive l'amour per lo sviluppo della sua carriera successiva?
Ha avuto un'importanza decisiva. Il modello di Hollywood, che venga dall'America o da Hong Kong o dalla Corea, è sempre saldamente egemone, ma grazie a quel premio per me è stato ed è molto più facile trovare i soldi per poter fare dei film. I miei film piacciono o non piacciono, io sono così - è vero comunque che piano piano, film dopo film, mi piacerebbe poter arrivare davvero alla gente, coinvolgerla, pur senza vendermi. Mi sembra in ogni caso sbagliato fare film per compiacere il pubblico di proposito.

Come definirebbe in generale il suo metodo di lavoro? E quale cinema del passato ha maggiormente ispirato il suo?
Mi piace costruire le mie scene in modo da far cogliere il punto allo spettatore non a un livello di superficie ma inconscio. Purtroppo però il pubblico è sempre meno abituato a questo tipo di approccio. Amo molto gli autori europei di prima degli anni 70, perché sanno davvero cos'è il cinema e sono veramente capaci di lavorare nel modo che appena spiegato.

Ancora una volta, nel suo cinema trova un'importanza decisiva la malattia: in questo caso c'è la pestilenza dovuta ai parassiti, e poi il ragazzo in coma.
Sì, la malattia è parte integrante della vita. In questo film diventa quasi un bisogno di ricercare qualcosa, una spinta verso il desiderio.

C'è un lavoro sulle immagini come al solito molto poetico.
Sì, in questo caso c'è anche uno studio sul colore del tutto particolare. Volevo soprattutto sottolineare l'importanza delle mani: le mani della madre, ad esempio, sono sì molto amorevoli ma anche opprimenti.

 

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04:09:2006

63ma mostra del cinema di venezia

I DON'T WANT TO SLEEP ALONE

di Tsai Ming-Liang