US
versus the U.S.
CAPITOLO 4
La cosa indicibile e inattingibile non può, per definizione, essere
compiutamente riproposta sub specie di rappresentazione e quindi va solo
avvicinata, poi evitata con ellissi o rimandata ad altre forme espressive
future.
Stabilito che, nello specifico, gli americani non hanno eleborato
correttamente un evento macroscopico come il "9/11", né da un punto di vista
politico complessivo (con tutte le ombre che avvolgono la figura e il ruolo
di Bush nei suoi rapporti con la famiglia di Osama Bin Landen, vecchio
compagno di affari), né sotto l'aspetto privato (l'angoscia quotidiana,
l'approccio visivo alla new New York) e rilevato che, dopo un breve
lutto, il cinema si è di nuovo lanciato verso orizzonti testosteronici e
muscolari, è molto strano che sia un anomalo come Stone a prendere di petto
Ground Zero: da PLATOON a BORN ON THE 4th OF JULY, da JFK a NIXON
ne è sempre stata confermata l'attitudine schizofrenica nel trattare
argomenti patriottici e questo ultimo lavoro complica ulteriormente
le cose.
Il film non guarda in alcun modo alla complessità dell'intera vicenda, è
quasi come se si ponesse altrove, un altrove che però non è alterità
temporale o di luogo, ma di atteggiamento critico.
Le Torri Gemelle se ne sono andate e, sotto, due pompieri schiacciati dalle
macerie fanno salotto disquisendo, tra un'emorragia e l'altra, di beghe
familiari, nomi da dare ai figli in arrivo e cucine da ristrutturare.
I loro parenti, che abitano un'alterità domestica e distante, vedono
crollare il WTC in diretta tv, ma aspettano fiduciosi che Dio, Cristo o la
Marina degli Stati Uniti agiscano in loro vece.
Non è fatalismo, ma ottimismo, delega dell'azione lasciata
all'intervento onnipotente.
Essendo la storia vera di due (2) pompieri sopravvissuti per altri cento,
mille colleghi morti, non abbiamo scampo: le cose, per quanto
surrealisticamente forzate, dovrebbero essere andate così, ma Stone non fa
nulla per portare nel piccolo l'eco grandiosamente tragica di ciò che
accadeva a pochi metri da quella scarna scena e la mera ambientazione
dei corpi immersi nella livida ancestrale roboante potenza della materia
primordiale (gli "elementi" elaborati dall'uomo che in una forma di nemesi
ti tradiscono dopo essere stati violati: il metallo grezzo diventato tondini
di ferro, la pietra travestita da pilastri) non fa salire la temperatura
emotiva degli eventi (?).
Il film è laterale, marginale, periferico rispetto a ciò che è accaduto: una
soap opera costruita sui piani ravvicinatissimi dei due protagonisti - il
che, al buio, ci consente almeno di non fruire dello sguardo spento di Nick
Cage, attore peraltro perfetto nell'interpretazione di un corpo morto o
comunque costretto all'inazione - e sulla mediocrità domestica dei loro
parenti. Paradossalmente l'Evento d'inizio millennio perde ogni connotazione
"macro" (tutto il mondo vide su internet o in tv lo svolgersi dei fatti; le
Twin Towers erano altissimi prismi, quasi riferimento geodetico; migliaia di
persone sono scomparse, lanciandosi da vette infinite, annullate mentre
esperivano l'inesprimibile disfarsi dei loro corpi, etc) e viene ricondotto
entro i confini della micro-fruibilità televisiva, quasi rispettasse i
canoni di un reality-show.
Nella prima "casa" stanno i concorrenti nominati - i pompieri - nell'altra
si muovono quelli ancora in gara, tutti seguiti dall'occhio abulico della
m.d.p. dell'adattivo regista.
è chiaro che, di fronte al
bivio tra impegnativo accanimento documentaristico e cruda rappresentazione
di una singola tragedia privata, Oliver Stone non ha scelto alcunché,
inventandosi il format della sit-trag(edy), dove il Cristo appare in
sogno al pompiere disidratato e pre-comatoso, porgendogli una specie di
gatorade ("dar da bere agli assetati") mentre la peggior CGI di sempre ne fa
un rendering da barzelletta, disegnandolo come macchia arancione che
avanza con la bottiglia.
L'offesa più grande di Stone e dei produttori è agita verso i tremila morti,
rimossi perché eccedenti rispetto ai canoni del prime-time, e verso la
propria onestà intellettuale.
Un progetto che anche Ron Howard, a suo agio tra pompieri e forti
sentimenti, avrebbe gestito con maggiore accortezza.
E poiché l'asciutta evocatività silente di una singola scena allusiva in
25th HOUR di Spike Lee vale dieci WORLD TRADE CENTER, dobbiamo dedurre che
Stone si è dimesso da regista.
A 60 anni, un reduce incattivito come lui non ha ancora fatto chiarezza col
passato e vanta, ormai, una filmografia schizoide, segnata non da una
liberatoria anarchia tematica e creativa, ma da strisciante ambiguità
ideologica spacciata per patriottismo critico o, in antitesi, polemismo
costruttivo.
Oliver Stone dispensa critiche all'amministrazione Bush e ai repubblicani in
genere (vedi i 40 milioni di dollari spesi per l'insulso accanimento
mediatico contro Clinton e i 4 - ! - impegnati per indagare su Al Qaeda, dal
momento che sapevano già tutto in partenza...), predicando bene e con
passione, ma nella pratica si rende colpevole di opere agghiaccianti e
smaccatamente filoamericane.
Non è un caso che anche in patria si siano stupiti di tanta unilateralità e
vuoto di tematiche messe in campo e si sia tacciato il film (horribile
dictu per uno che ha diretto EL SALVADOR, JFK e COMANDANTE) di
patriottismo acritico e di prodotto per famiglie, peraltro fallimentare al
botteghino, perché il pubblico politicamente orientato non desidera
essere disorientato a ogni nuovo film.
Oliver Stone, al di là della cattiva fama acquisita sui set, soffre
indiscutibilmente la profonda scissione di chi ha combattuto in Vietnam e,
da reduce molto giovane, non è stato in grado di elaborare una relazione
equilibrata con il Flower Power, il Movimento per i Diritti Civili, i Black
Panthers (tutti della sua generazione) e, più in generale, le culture
giovanili, rock incluso, che avevano intrapreso una lotta sul posto
alternativa all'intervento militare, di cui lui era stato strumento.
è scontato che l'intelligenza
ribelle sino ad allora repressa sia esplosa alla fine degli ultimi anni
Settanta, a guerra conclusa, esprimendosi attraverso un forte risentimento
verso gli "hyppie privilegiati" ai quali Stone-ragazzo, senza la chiamata
alle armi, si sarebbe certamente unito, se non altro per una certa attestata
tendenza all'addiction e per la libertà espressiva che quella appartenenza
garantiva.
Stone ha odiato/amato il personaggio di Jim Morrison e ha detestato la scena
newyorkese che girava attorno alla Factory warholiana - come è chiaro in THE
DOORS - e il suo solo eroe senza macchia è
Jfk.
La
radicale ambiguità della persona, però, non gli ha impedito di girare anche
NIXON ("Even Richard Nixon has got soul", cantava Neil Young) e questo WTC
senz'anima e così smattacamente dalla parte di Bush.
Voto: 19/30
09:09:2006 |