JIA
ZHANG-KE, NATURE MORTE CINESI
Il vero Mondo Nuovo nel Cinema, l'Oriente Lontano, continua ad affermare la
propria indiscutibile superiore qualità artistica conquistando il Leone d'Oro veneziano con STILL LIFE, di Jia Zhang-Ke (PLATFORM, THE WORLD).
L'incommensurabilità degli spazi e delle piccole tragedie umane nella Cina
contemporanea, viene miracolosamente concentrata nello spazio visivo di un
solo film: le dighe che cancellano intere parti di territorio e segmenti di
vita privata, i silenzi battenti di paesi demoliti per lasciare campo alla
nuova acqua.
Importantissimi anche i riconoscimenti a Spike Lee, WHEN THE LEVEES BROKE
(Orizzonti Doc), Helen Mirren e Alain Resnais.
Incredibili le reazioni di certa (non)stampa reazionaria italiana legata
alla destra berlusconiana, che sfiorano il ridicolo, oltre che l'illetterato.
Ne è consigliata la lettura per capire da quale baratro culturale ci siamo
salvati cinque mesi fa.
Piccati commenti da parte dei giornalisti anglosassoni alla conferenza
stampa di chiusura, cui ha risposto, con grazia leonina, una grintosissima
Deneuve.
Insoddisfatta, e qui occorre rimettere le cose a posto, anche una buona
parte della stampa di Sinistra, troppo convinta che la mancanza di talento (e di un'industria vera, decentrata e non pigra) in Italia, sia
insabbiabile a colpi di Leoni a film come IL NUOVOMONDO, di Crialese,
zeppo
di ammiccamenti e luoghi comuni visivi e testuali sulla natura migrante del
nostro paese. Si raccomanda, al proposito, la visione anche della sola scena
del fiume di latte da cui emergono i due protagonisti, salvati da una
mega-carota usata a mo' di salvagente.
Che la metafora sia la figura retorica più frequentata dai registi è cosa
nota ed apprezzabile, ma allora affermare che il film in questione meritasse
il massimo riconoscimento al festival veneziano -
Crialese grande regista -
è indiscutibilmente un ossimoro.
L'altra insana idea del governo attuale, purtroppo, è che la Festa di
Roma il giusto modo di mettere definitivamente le mani su quel che resta del
nostro cinema a livello produttivo, realizzando il sogno di sempre dei due
maggiori competitors: autoassegnarsi i premi a prescindere.
Siamo sicuri che, perlomeno la Prima Edizione della festa romana, verrà
ricordata più per Scorsese che per i film italiani.
La speranza è che a Roma il cinema non imploda, tra glamour improduttivo e
sciovinismo coatto.
Il cinema orientale, per qualità, e quello americano, per forza produttiva,
sono immensamente più dotati del nostro: urgono una nuova, nuovissima legge
ad hoc, che saldi finanziamento pubblico e privato (la nuova frontiera),
la ristrutturazione e rifondazione delle scuole per cineasti e attori
(ora
come ora inesistenti o lottizzate e nepotizzate) e una sana autocritica da
parte di registi, attori e addetti vari, dalla quale ripartire con la
convinzione che solo il mero talento va premiato.
Meglio produrre 10 film di altissimo livello, che micro-finanziare l'oceano
di dimenticabilissime pellicole viste negli ultimi 10 anni.
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