61ma mostra del cinema di venezia

KINEMATRIX INTERVISTA MUNZI

e ANNA FERRUZZO

 

di Lucia LOMBARDI

 

FRANCESCO MUNZI


 

Kinematrix: Nel tuo film si avverte una certa sensibilità per i borderline, quelli che Pasolini avrebbe chiamato i "ragazzi di vita"..

MUNZI: Beh, mi interessa il sociale, visto anche attraverso gli occhi di chi deve ancora esperire, ovvero attraverso il punto di vista dei bambini, degli adolescenti, che percorrono il loro percorso di formazione. Mi piace indagare il sociale, ed ogni esperienza cinematografica deve servire e servirmi per documentare un aspetto del sociale, indagare è la parola d’ordine.

Kinematrix: Quindi ricollegandomi a questo aspetto documentaristico, qual è il tuo rapporto con il documentario e cosa pensi dei successi di pubblico e critica che riscuote più che mai oggi questo filone?

MUNZI:  Ne sono contento, è positivo! Ma ciò che conta è la sostanza, è ciò che viene raccontato e come lo si indaga che fa la differenza.

Kinematrix: Qual è il regista o il film che ti ha fatto scaturire la passione per il cinema?

MUNZI: Fellini e il suo fantastico 8 ½ , la scena in cui Mastroianni sogna di sopraelevarsi dall’auto, è una scena perfetta.. In essa si riassume l’essenza stessa del cinema, del sogno, del racconto per immagini. Anche senza audio è un film visivamente senza pecche. Ed è questo che ricerco nel cinema: l’essenziale! Anche il Neorealismo ha lasciato segni indelebili.

Kinematrix: Cosa ti aspetti dal tuo film?

MUNZI: Di riuscire ogni volta a meravigliarmi, e che con me, lo facciano anche gli spettatori.

Kinematrix: Com’è nato il film?

MUNZI: Beh, sai le idee giungono alla mente, a volte non sai neanche come, poi prendono corpo. Prima di questo lungometraggio, avevo girato delle riprese in un campo rom, su cui volevo girare un documentario, sono stato con loro sei mesi, ma poi quando si è trattato di giungere al dunque, si era persa ogni realtà, i miei soggetti di fronte all’obbiettivo avevano perso ogni naturalezza, si sentivano come limitati nel raccontare la verità, ogni spontaneità s’era persa.

Kinematrix: Come hai trovato Saimir?

MUNZI: Nella scelta di Saimir (Mishel Manoku, n.d.r.), non volevo strumentalizzazione alcuna. Il nostro incontro è avvenuto per caso, dopo giorni e giorni di ricerca in scuole albanesi. Nessuno di quei ragazzi aveva destato il mio interesse, nessuno corrispondeva al volto che mi ero prefigurato.. la folgorazione è avvenuta durante un incidente d’auto: inavvertitamente un ragazzo è venuto a sbattere contro l’auto in cui io e la troupe viaggiavamo. Scendendo dal mezzo ho visto lui, il mio personaggio: baldanzoso, faceva finta di non essersi spaventato, ma aveva paura! Il volto di Saimir si era materializzato di fronte a me, era lui!
 

 

Anna Ferruzzo

Simona nel film


Kinematrix: Come vedi tu da attrice, la situazione del cinema indipendente italiano?

ANNA: I sacrifici ci sono, ed il problema principale sono i soldi! Ma quando si realizzano opere come questa in cui tutti lavorano con la stessa passione e convinzione, gli sforzi vengono ampiamente premiati. Ed il successo e la soddisfazione nel partecipare con il nostro lavoro al Festival sono estremi. Per un’attrice è di gran lunga più gratificante lavorare con attori dalle basi solide, come quelle che caratterizzano gli attori della scuola albanese e nella fattispecie Xhevdet Feri (il padre di Saimir nel film, n.d.r.), uno dei maggiori esponenti della cinematografia e del teatro albanese.

Kinematrix: Quanto vale per te la sceneggiatura di un film?

ANNA: Per un’attrice anche se il ruolo è piccolo, ma la sceneggiatura piace ed è valida, si ha la possibilità di costruirsi addosso il ruolo, rispetto alle frettolose pose della fiction televisiva e al piegarsi alle dure leggi conseguenti, in più se sei di fronte a professionisti che han sensibilità e bravura, si crea un connubio perfetto.

Kinematrix: Come sei entrata nel cast?

ANNA: Al rientro dal festival di Venezia dello scorso anno in cui recitavo nel film Il Miracolo (interpretava la madre dei due bambini, n.d.r.), sono passata dagli amici della produzione Pablo, dove mi han chiesto di partecipare al provino per il film di Munzi.. Ho accettato, un assistente del regista mi ha provinata.. sono stata scelta inaspettatamente, solo perché deciso per un attore maschile più giovane, serviva una donna più vicina alla mia età, e quindi sono rientrata a pennello nel ruolo.

Kinematrix: Come ti liberi del personaggio interpretato?

ANNA: Il film mi piace vederlo una volta terminato, a montaggio avvenuto, anche dopo il girato non mi rivedo mai, ho paura di interferire con ciò che andrò a fare nelle sequenze successive. Quindi nel momento in cui rivedo il film, e ciò mi piace che avvenga in comunione con il cast, mi libero del film e del personaggio. Così mi sento appagata dal lavoro fatto con il gruppo. Non mi piace rivedermi da sola!! Amo lo spirito di corpo, provengo da anni di teatro, per cui amo lo spirito cameratesco, che si sviluppa con lo stare insieme, il provare e l’andare in tournée.

 

 

Venezia, 03.09.04