
FRANCESCO MUNZI
Kinematrix:
Nel tuo film si avverte una certa sensibilità per i borderline,
quelli che Pasolini avrebbe chiamato i "ragazzi di vita"..
MUNZI: Beh,
mi interessa il sociale, visto anche attraverso gli occhi di chi deve ancora
esperire, ovvero attraverso il punto di vista dei bambini, degli
adolescenti, che percorrono il loro percorso di formazione. Mi piace
indagare il sociale, ed ogni esperienza cinematografica deve servire e
servirmi per documentare un aspetto del sociale, indagare è la parola
d’ordine.
Kinematrix:
Quindi ricollegandomi a questo aspetto documentaristico, qual è il tuo
rapporto con il documentario e cosa pensi dei successi di pubblico e critica
che riscuote più che mai oggi questo filone?
MUNZI:
Ne sono contento, è positivo! Ma ciò che conta è la sostanza, è ciò che
viene raccontato e come lo si indaga che fa la differenza.
Kinematrix:
Qual è il regista o il film che ti ha fatto scaturire la passione per il
cinema?
MUNZI:
Fellini e il suo fantastico 8 ½ , la scena in cui Mastroianni sogna di
sopraelevarsi dall’auto, è una scena perfetta.. In essa si riassume
l’essenza stessa del cinema, del sogno, del racconto per immagini. Anche
senza audio è un film visivamente senza pecche. Ed è questo che ricerco nel
cinema: l’essenziale! Anche il Neorealismo ha lasciato segni indelebili.
Kinematrix:
Cosa ti aspetti dal tuo film?
MUNZI: Di
riuscire ogni volta a meravigliarmi, e che con me, lo facciano anche gli
spettatori.
Kinematrix:
Com’è nato il film?
MUNZI: Beh,
sai le idee giungono alla mente, a volte non sai neanche come, poi prendono
corpo. Prima di questo lungometraggio, avevo girato delle riprese in un
campo rom, su cui volevo girare un documentario, sono stato con loro sei
mesi, ma poi quando si è trattato di giungere al dunque, si era persa ogni
realtà, i miei soggetti di fronte all’obbiettivo avevano perso ogni
naturalezza, si sentivano come limitati nel raccontare la verità, ogni
spontaneità s’era persa.
Kinematrix:
Come hai trovato Saimir?
MUNZI:
Nella scelta di Saimir (Mishel Manoku, n.d.r.), non volevo
strumentalizzazione alcuna. Il nostro incontro è avvenuto per caso, dopo
giorni e giorni di ricerca in scuole albanesi. Nessuno di quei ragazzi aveva
destato il mio interesse, nessuno corrispondeva al volto che mi ero
prefigurato.. la folgorazione è avvenuta durante un incidente d’auto:
inavvertitamente un ragazzo è venuto a sbattere contro l’auto in cui io e la
troupe viaggiavamo. Scendendo dal mezzo ho visto lui, il mio personaggio:
baldanzoso, faceva finta di non essersi spaventato, ma aveva paura! Il volto
di Saimir si era materializzato di fronte a me, era lui!

Anna Ferruzzo
Simona nel film
Kinematrix:
Come vedi tu da attrice, la situazione del cinema indipendente italiano?
ANNA: I
sacrifici ci sono, ed il problema principale sono i soldi! Ma quando si
realizzano opere come questa in cui tutti lavorano con la stessa passione e
convinzione, gli sforzi vengono ampiamente premiati. Ed il successo e la
soddisfazione nel partecipare con il nostro lavoro al Festival sono estremi.
Per un’attrice è di gran lunga più gratificante lavorare con attori dalle
basi solide, come quelle che caratterizzano gli attori della scuola albanese
e nella fattispecie Xhevdet Feri (il padre di Saimir nel film, n.d.r.),
uno dei maggiori esponenti della cinematografia e del teatro albanese.
Kinematrix:
Quanto vale per te la sceneggiatura di un film?
ANNA: Per
un’attrice anche se il ruolo è piccolo, ma la sceneggiatura piace ed è
valida, si ha la possibilità di costruirsi addosso il ruolo, rispetto alle
frettolose pose della fiction televisiva e al piegarsi alle dure leggi
conseguenti, in più se sei di fronte a professionisti che han sensibilità e
bravura, si crea un connubio perfetto.
Kinematrix:
Come sei entrata nel cast?
ANNA: Al
rientro dal festival di Venezia dello scorso anno in cui recitavo nel film
Il Miracolo (interpretava
la madre dei due bambini, n.d.r.), sono passata dagli amici della
produzione Pablo, dove mi han chiesto di partecipare al provino per il film
di Munzi.. Ho accettato, un assistente del regista mi ha provinata.. sono
stata scelta inaspettatamente, solo perché deciso per un attore maschile più
giovane, serviva una donna più vicina alla mia età, e quindi sono rientrata
a pennello nel ruolo.
Kinematrix:
Come ti liberi del personaggio interpretato?
ANNA: Il
film mi piace vederlo una volta terminato, a montaggio avvenuto, anche dopo
il girato non mi rivedo mai, ho paura di interferire con ciò che andrò a
fare nelle sequenze successive. Quindi nel momento in cui rivedo il film, e
ciò mi piace che avvenga in comunione con il cast, mi libero del film e del
personaggio. Così mi sento appagata dal lavoro fatto con il gruppo. Non mi
piace rivedermi da sola!! Amo lo spirito di corpo, provengo da anni di
teatro, per cui amo lo spirito cameratesco, che si sviluppa con lo stare
insieme, il provare e l’andare in tournée.
Venezia, 03.09.04 |