
Gianni Amelio
Kinematrix:
La tematica della genitorialità e dell’assenza del padre è spesso presente
nel suo cinema…
AMELIO: Non è facile fare un film su un ragazzo disabile,
perché in noi convivono sensi di colpa provenienti da chissà quali
profondità del nostro essere, dal nostro essere adulti in confronto ad una
generazione più giovane. Penso che l’essere genitori comporti una buona dose
di cattiveria verso il mondo, facendoci desiderare un figlio vendicatore
(una sorta di Angelo vendicatore di bunueliana memoria) e per questo nostro
figlio dovrà essere migliore di noi, ci dovrà vendicare di tutto ciò che la
vita non ci ha dato, e penso sia un sentimento sia materno che paterno. La
genitorialità riguarda non solo chi è nostro figlio ma anche chi è
semplicemente più giovane di noi, a cui noi lasciamo la nostra esperienza…
Un padre può scappare… una madre non credo si staccherebbe mai da un pezzo
di sé, piuttosto si farebbe tagliare un arto! Quando sento la notizia di un
abbandono materno, penso sempre che quella donna ha compiuto quel gesto
sperando, per il proprio figlio, un futuro migliore..
Kinematrix:
Ed in riferimento alla frase che lei fa dire alla Rampling in un momento di
sconforto…
AMELIO: “Perchè non muore” riferito alla figlia disabile. L’ho
presa da mia nonna quella frase, la pronunciò in un momento di massima
impotenza, nei confronti di sua figlia malata terminale, ella soffriva e non
c’era possibilità d’aiutarla in nessun modo, e mia nonna una donna forte usò
queste parole: “A questo punto sarebbe meglio che morisse”. Lì per lì con la
compresi, ma posso immaginarmi il dolore e lo sconforto di una madre in
quelle condizioni, ma io non so se penserei come lei, voglio credere di no…
Alla Rampling ho fatto pronunciare quelle parole come apice del dolore,
contrapposta alla sequenza successiva in cui c’è Gianni nel letto con il
figlio, ottenendo una sorta di contrapposizione tra la voglia di vivere
trasmessa da Andrea e il senso di morte che pervade la donna.
Kinematrix:
Il suo è un film fatto con il cuore, che spazio c’è per questo?
AMELIO: Lo spazio c’è.. le chiavi che aprono questa porta sono
difficili da trovare… ma se qualcuno entra a vedere il mio film senza
saperne nulla, non esce urlando "mi son annoiato"! Non è un film punitivo
anche se racconta una storia drammatica. La difficoltà è far arrivare lo
spettatore alla sala, perché si è schiacciati da tutta una produzione
america che si impone sul mercato, iconizzando ed imponendo un modus
vivendi, il film americano bello lo guardo anch’io, ma non certa produzione…
Amo il grande spettacolo, mi sento il Cecil B. De Mille del primo piano,
datemi una 16 mm e spettacolarizzo come lui, senza artifici.
Kinematrix:
La scena della lettera così divertente come nasce, è studiata?
AMELIO: E’ semi improvvisata, in realtà c’era complicità tra me e
lui… quando ho messo indosso ad Andrea l’accappatoio ho pensato ad E.T. a
questo essere che sembra appartenere ad un altro mondo giunto qui per
dimostrare come si ama, Andrea insegna al padre la via da seguire e che non
ci si piange addosso.. Io adoro E.T. perché è un grande film che ci insegna
qualcosa di speciale, ovvero che l’amore non deve avere distinguo, di fronte
a quell’essere capiamo la nostra incapacità nell’amare il diverso, gli
adulti non lo accettano, i bambini sì.. Paolo è la cartina tornasole dei
nostri sentimenti una grande lezione data da un bambino agli adulti
Kinematrix:
Il titolo le chiavi di casa ha valenza simbolica?
AMELIO: Io entro in casa tua, ma mi accetti per come sono, con tutti
i miei problemi, accetterai la mia realtà?! E’ questo il significato della
richiesta di Paolo… .
Kinematrix:
Il suo rapporto con il testo di Pontiggia qual è?
AMELIO: Immaginate un regista che entra in un universo privato, con
un linguaggio così diverso rispetto alla pagina scritta, per forza bisogna
essere infedeli rispetto al testo. Era la sua vita quella che egli metteva
sulla carta, per cui non mi sentivo di prendermi delle licenze, mi sarei
sentito un intruso, in più per capire il sentimento di fondo che muoveva
Pontiggia, mi sarei dovuto documentare, come poi ho fatto incontrando Andrea
e i suoi genitori, con cui prima di girare ho vissuto sette, otto mesi,
entrando nel mondo del ragazzo in maniera delicata, senza
strumentalizzazione, accompagnandolo persino alle gare di nuoto. Ancora oggi
ci telefoniamo.
Kinematrix:
Andrea imparava la sua parte?
IAMELIO: l film non è improvvisato nel vero senso della parola, c’è
molto testo, ma ad Andrea non è possibile dare comandi, ci vuole complicità,
si deve fidare, e lui in questo ti asseconda… Talvolta ripeteva le battute
che gli davo, altre volte si rifiutava persino di dire grazie, è istintivo!
Kim Rossi Stuart ha fatto un lavoro enorme con Andrea, ha avuto una grande
pazienza, è stato amorevole, gli sono molto riconoscente.
Kim Rossi Stuart
Kinematrix:
Cosa Le ha lasciato questo film?
ROSSI STUART: Mi rimane una cosa preziosa: l’amicizia con Andrea!
Perché è una persona che non risponde ai ruoli sociali, è una persona
ironica, dalla sensibilità spiccata, con chiunque rimane sé stesso e rivela
ciò che pensa. Nel nostro caso, con il suo fare è diventato un vero e
proprio punto di riferimento.
Kinematrix:
Recita Andrea?
ROSSI STUART: C’era una componente di improvvisazione, diciamo un
cinquanta e cinquanta, ma è la bellezza della spontaneità dei bambini, è
brutto vederli fingere, risulta innaturale. Il film è stato sviluppato da
Amelio anche in funzione della riuscita delle scene. Egli teorizza l’attore
impreparato, ci consegnava un foglietto un quarto d’ora prima di girare.. Ma
anche in teatro cerco di tenermi un margine. Per me il ruolo dell’attore ha
una componente di stoicismo, si continua a lavorare sinché non si è ottenuto
il risultato voluto. Uno dei maggiori compiti dell’attore deve essere quello
della concentrazione.
Kinematrix:
Cosa l’ha attirata del cinema di Amelio?
ROSSI STUART: La sua immensa umanità, le sue storie. Ho aspettato di
lavorare con lui per 10 anni, mi attirano i toni dei suoi racconti…
Kinematrix:
Quali film di Amelio hai visto?
ROSSI STUART: Praticamente tutti, anche il suo primo cortometraggio,
nonostante io non sia un cinefilo. Lo amo molto, per questo motivo ho atteso
tutti questi anni prima di poter lavorare con lui
Kinematrix:
Quale altro cinema apprezza?
ROSSI STUART: Amo molto Bergman, gli scavi psicologici che
restituisce
Kinematrix:
Sogna anche Lei l’America… come alcuni colleghi?
ROSSI STUART: Mah, in questo periodo non sono attirato dal cinema
americano, anche se a quindici anni ho preso le mie valigie e sono andato
all’Actors Studio, perché amavo il cinema alla Kazan,… ed avevo una
passione smodata per questo lavoro, ma ora è diverso, sono trascorsi venti
anni…
Kinematrix:
Quanto spazio c’è per un cinema fatto con il cuore, sincero?
ROSSI STUART: Mah, io penso che questa sia una caratteristica di
Gianni Amelio e del suo cinema, lui è proprio così, ha una urgenza sincera
nel comunicare certi linguaggi, tant’é vero che avrebbe voluto interpretarlo
lui il ruolo del padre, ma non s’è l’è sentita di recitare, quindi sono
stato come una sua appendice.
Kinematrix:
Quanto Le rimane di un ruolo interpretato?
ROSSI STUART: Dipende dal ruolo, comunque non mi influenzano troppo,
anche se è un fatto organico che qualcosa rimanga; cerco di interpretare
ruoli attinenti al mio percorso umano.
Kinematrix:
E del rapporto con la paternità?
ROSSI STUART: Anche io ci penso, penso sia un argomento che tocchi
tutti… Ma neanche a farlo apposta girerò tra fine febbraio ed inizi marzo un
mio film Anche libero va bene,
in cui il mondo dell’infanzia è il motore di tutta l’opera, e aver vissuto
l’esperienza di Amelio in prima persona, mi ha arricchito maggiormente anche
in questa prospettiva.
Kinematrix:
Chi produrrà il suo film?
ROSSI STUART: Producono Palomar e Mikado
Kinematrix:
E della mancanza di sceneggiatura in Italia che ne pensa?
ROSSI STUART: Penso che i maggiori problemi, ci siano a livello
politico, di gestione, e spesso i produttori non vogliono rischiare…
Kinematrix:
La sceneggiatura del suo film è curata?
ROSSI STUART: Sì, son due anni che ci lavoriamo, ma non voglio
anticipare nulla!
Kinematrix:
Per quale altro regista aspetterebbe altri dieci anni?
ROSSI STUART: Il regista americano Paul Thomas Andersen, di cui amo
molto Boogie Nights e
Magnolia. Poi attenderei
anche per Zanasi.
Venezia, 09.09.04
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