
Questo
documentario di OLiver Stone, intessuto di citazioni dalla vecchia e lunga
guerra fra Israele e i palestinesi, colpisce la memoria storica e frappone
un lungo divario fra come è stato deciso di tagliare il territorio
da parte degli anglo-americani, ed il come invece è stato recepito
dai due capisaldi della resistenza palestinese da un parte e dal Fronte
di Liberazionedella Palestina (l'OLP guidato da Arafat) dall'altra.
Le interviste ai leader israeliani Peres e a Benjamin Netanyahu e l'assenza
di una voce palestinese che gli risponda dall'altra, aldilà dei
terroristi intervistati in un posto segreto dal regista, pongono un discrimine
molto forte.
Le voci assenti e non pacifiche in tempi lontani di Arafat, ricordiamo
la conferenza all'ONU con lui che brandiva un fucile in una mano ed il
ramoscello di ulivo nell'altra segnano un ponte attraverso il quale sembra
impossibile passare: un ponte simile a quello jugoslavo distrutto nell'ultima
sanguinosa guerra etnica. Il film di OLiver Stone è politico, non
è politicamente corretto, sebbene dosi piuttosto le voci, anche
quelle mancanti. Si arriva alla provocazione vera e propria con i terroristi,
la cui rivendicazionbe sui territori occupati è molto simile ai
discorsi di Bin Laden spediti in cassetta ad AL Jazeera e, sebbene abbiano
tutte le ragioni per protestare contro gli attacchi israeliani da cui
l'ONU non li sa difendere, suonano allarmanti.
La regia filmica passa poi ai pilastri del teorema portante dell'ultima
ondata di violenza israeliana, e la conseguente, consueta, feroce risposta
di Hamas: i kamikaze. Peres e Netanyahu guidano un principio unico, assoluto,
dell'osservanza completa e fedele al loro diritto alla terra consegnatagli
nel 1948 dagli americani. Non fanno sconti, tantomeno ad Arafat che, uscito
di scena dopo Ramallah, non compare appunto che con vecchie dichiarazioni
e filmati storici.
Sia Hamas che i due primi ministri israeliani affermano una sola cosa
all'unisono: la rivendicazione, la guerra, la provocazione contro la vendetta,
tutti i principi dissoluti che non fanno che dire all'occidente, anche
quello a loro amico, che non ci sarà una fine, che nessuno farà
sconti, che non esiste una pace possibile. Ed ancora risuonano alla fine
le parole di Iszak Rabinm, inascoltate dagli stessi vertici israeliani:"che
ebrei e palestinesi onorando la loro terra cerchino la pace, costruiscano
la pace, senza macchiare la terra santa alle loro religioni col sangue
dei loro figli, dei cari, dei loro padri".
Voto:
28/30
29.08.2003
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