60. mostra internazionale di arte cinematografica

 

Matru bhoomi (a nation whitout women)
di Manish Jhâ
con: Tulip Joshi, Sudhir Pandey

Sett. Int. della Critica

di Lidia BIDOLI


E' possibile un mondo senza donne e, se esistesse, come sarebbe? Quali i valori, le usanze, i comportamenti? Nell'universo di matrice indiana del regista Manish Jhâ, meglio soprannominato come Janambhumi (luogo di nascita), la risposta sembra scontatamente ovvia: è un no placido e preciso, basato sull'analisi di problematiche reali, senza strizzatine d'occhio, e sfacciatamente concreto nel proporre una visione lucida dell'universo indiano.
L'India che ritrae Manish Jhâ con taglio occidentale nelle riprese ha un nome di donna: Kalki. Kalki è la giovane e bellissima protagonista di un film comprensibile e dialettico nel suo occhio “maschile” che dall'interno di una società misogina tratta come un oggetto senza vita l'unica donna presente. Imponendole un regime di schiavitù il padre di Kalki la vende per centinaia di migliaia di rupie più cinaque vacche: un prezzo alto per l'unica donna del viallaggio che ormai è divenuta una rarità. In questo luogo immaginario della nascita, molto simile all'India vera dei nostri giorni, le neonate vengono uccise seguendo un'antica tradizione che trova funesto procreare bambine. Kalki quindi va ad abitare coi cinque uomini che l'hanno comprata dal padre, un ruffiano che alla lettera supplichevole di Kalki risponde con l'indifferenza di un uomo a cui interessano solo i soldi che può fruttare uno stupro: quello dei cinque uomini che con il matrimonio di uno hanno implicitamente incluso i favori sessuali di tutti.
L'unico ponte con l'amore lo conservava uno dei fratelli dello sposo che, con la tenerezza e dolcezza di un uomo innamorato, aveva instaurato con lei un rapporto umano e paritario, aiutandola nei lavori faticosi e convincendola a studiare. Quest'uomo, il più giovane dei 4 fratelli ( il quinto uomo che abusa di lei è il padre), viene ucciso dagli altri, gelosi del suo rapporto privilegiato con Kalki. Raghu, il giovanissimo tuttofare della casa muore poco dopo proprio per averla aiutata a fuggire, ammazzato dai fratelli in modo sanguinoso. A questo punto le cose peggiorano per Kalki che viene incatenata nella stalla e di cui abusano a turno anche gli uomini del villaggio, avendo trovato un'apertura nella finestra con le sbarre della stalla.
Le sbarre come correlativo oggettivo della condizione della donna in India, od in un luogo qualunque in cui i diritti minimi non siano garantiti, è il filo conduttore di un film sostanzialmente impegnato e profondamente corretto nella trasposizione e nel rispetto della personalità femmnile.
Kalki delinea una donna la cui colpa non esiste, se non come apologia di reato: diventata impura a causa degli stupri collettivi da parte degli abitanti del villaggio viene oltremodo oltraggiata con innumerevoli sevizie ficnhè, chiamata a partorire e rimossa dalla stalla dà alla luce una bambina. La misura della bambina e quella donna coincidono: la feminilità con la grazia, con la non-violenza, con la fuga e l'introversionbe di fronte alle provocazioni maschili, la voce di un sussurro opposta alla prepotenza di un attto volontariamente aggressivo. Il respiro di questo film è lei, il suo occhio interno che guarda le sbarre dietro le quali è rinchiusa non le impediscono di vedere, mentre gli altri guardano, ciechi, la loro disfatta. Il poaradigma della vita, femmineo e concreto, pacificamente sicuro e rassicurante, longevo e semprevivo in un grembo che macina realtà fuggevoli e indefinite ma dal passo fermo. L'a'more di un regista che mostrando la violenza è riuscito a non essere violento con lo spettatore: la telecamera riprende il necessario, il giusto, i frame si contano sulle dita seguendo il movimento cadenzato dei suoi passi. Nessun delirio, nessuna impressione: un lungo piano-sequenza che a volte avvolge e scalda colui che guarda sernza farlo sentire un'estraneo. Un film il cui ritmo sincronico non disturba e lieve conduce al suo primo ed ultimo vagito di segreta coincidenza.

 

Voto: 30/30

30.08.2003

 

::: Sito ufficiale della mostra :::