
Sarà la necessità di esorcizzare la paura
del terrorismo – innescato sempre dagli Stati Uniti, sia chiaro – con
prodotti di scanzonata manifattura, sarà la voglia di confrontarsi a
distanza con i colleghi più stimati nel dare prova di sé saltellando
gioiosamente tra i generi, sta di fatto che R. Scott sente il bisogno di
girare un’operina inoffensiva e inconsistente come MATCHSTICK MEN, che ha il
merito esclusivo di far sembrare CATCH ME IF YOU CAN di Steven Spielberg un
assoluto capolavoro. Colui che esordì con THE DUELLISTS (1977) e ALIEN
(1979), meravigliose seconde parti virtuali rispettivamente di BARRY LYNDON
(1975) e 2001, A SPACE ODISSEY (1968), regista capace in seguito di segnare
in maniera indelebile l’immaginario di una generazione che si era cibata di
postmodernità teorica, con BLADE RUNNER (1982), è riuscito a rovinare una
carriera, altrimenti tenuta su livelli di assoluta eccellenza, con tutta una
serie di inutili prove di eclettismo da vecchi studios hollywoodiani,
periodicamente andando all’incasso dopo essere tornato Autore a intervalli
regolari. Dopo BLADE RUNNER? Ecco arrivare nelle sale LEGEND (1985)! THELMA
& LOUISE (1991) da cosa è seguito, se non dal commissionatissimo 1492 (1992)
e da una pietra miliare del racconto di formazione travestito da
yacht-movie quale è ALBATROSS (1996)? Il degno GLADIATOR (2000) non può
che cedere il passo al gorebuster HANNIBAL, campione d’incassi e
di truculenta sperimentazione in ambito di CG (ricordiamo Ray Lotta a cranio
scoperto…).
I matchstick men del titolo sono due 35/40enni –Cage e Sam Rockwell-
che hanno fatto delle proprie idiosincrasie, dei problemi familiari e
personali una regola attorno alla quale apparecchiare una vita
disordinatamente precisa e maniacalmente condotta, tra appartamenti lucidati
come specchi e tic di ogni sorta. è
il personaggio di Nicholas Cage a condurre il rapporto professionale tra i
due amici su binari di una nevrosi che fa saltare giornate lavorative a
raffica, anche se poi ci si ripaga di una routine grigia e solitaria con i
“proventi” di truffe magistralmente orchestrate ai danni di ignari
cittadini.
Paradossalmente anche questo è un tran-tran da cui risulta difficile
liberarsi: a questo proposito, interviene, improvvisa, la componente
esterna, che si materializza nella sedicente figlia Angela (la splendida
Alison Lohman già vista in WHITE OLEANDER), pronta a scombinare i piani di
un’esistenza senza “futuro”.
è qui che Riley
Scott avrebbe dovuto/potuto portare alto il livello d’attenzione sulla
psicologia dei personaggi messi in campo: le frustrazioni di un padre
mancato (Cage aveva divorziato dalla moglie con pargolo appena nato, 14 anni
prima), il dover inventare un rapporto di protezione impossibile per una
persona complessata come lui, etc. Scott avrebbe dovuto, insomma, tirare
fuori le armi messe in campo in THELMA & LOUISE, mentre tutto il contorno di
comicità forzata –non ci è molto piaciuta la recitazione falso-nevrotica di
C. e l’apparato gestuale ad essa connesso– e le scene di truffa risultano
inappropriate o, perlomeno, in alcuni casi superflue.
Come dire: i due registri non trovano punti di contatto, come invece
avveniva in CATCH ME IF YOU CAN, che è un po’ l’analogo film dove anche
Spielberg (vedasi la premessa) si cimentava con una comicità non esattamente
rientrante nei suoi precedenti canoni espressivi. Il regista inglese non
sembra avere l’ironia per condurre la recitazione su piani adeguati, come
riusciva al regista di JAWS, e la storia, non a caso, decolla quando Cage
decide di “includere” la figlia nel suo ultimo colpo prima di ritirarsi a
vita privata/genitoriale e la vena per così dire drammatica prende
finalmente il sopravvento.
Altri hanno apprezzato la confezione al solito curatissima e un discreto
senso del ritmo, ma nulla a che vedere con l’inarrivabile frenesia del
divertissement spielberghiano, capace peraltro di creare una figura
splendida come quella del personaggio interpretato da Christopher Walken.
La melanconia del viso della Lohman, qui anche smaliziata lolita del
crimine, vale la visione del film, che si distende peraltro solo nel finale.
Voto: 23/30
01.09.2003
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