60. mostra internazionale di arte cinematografica

 

LAST LIFE IN THE UNIVERSE

di Pen-ek Ratanaruang

Controcorrente

Fuori Concorso

di Fabio SAJEVA

 

Il film del regista Tailandese, che ha portato nelle sale pochi mesi fa il suo ultimo lavoro riguardante la cultura tailandese, dal titolo Mon-Rak Transistor, è inserito all'interno della sezione Controcorrente. Siamo di fronte ad una presa di posizione che stravolge il solito stile del regista. Ratanaruang questa volta, racconta la storia di un personaggio triste, ma dimostrando una capacità notevole di creare atmosfere surreali in un contesto realistico. Non è solamente il legame con la cultura giapponese a comunicare una volontà di citare il maestro orientale Takeshi Kitano. Il film coinvolge, sorprende e non mancano colpi di scena di notevole impatto. Essendoci di mezzo il regista giapponese già citato, non possono mancare le pistole ed i relativi omicidi a sangue freddo. Il nostro protagonista lavora in un centro culturale e la sua abitazione non differisce molto, in quanto ad arredamento, freddo, razionale, "industrial", da quello del suo luogo di lavoro. Dei personaggi bizzarri ogni tanto piombano a casa sua insultandolo e lui non accenna a reagire in alcun modo. Non ci aspetteremmo una reazione così dura ed efficace da parte di un omino così mite ed i movimenti di macchina, insieme alla fotografia, non fanno che confermarci che si tratta di un uomo lento, maniacale ed alienato. Sarà l'incontro con la sorella di una ragazza che conosceva a far si che nella sua vita piombi il caos, l'irrazionale e forse anche l'amore. Nella casa in campagna della giovane tailandese, il nostro protagonista non può fare a meno di sistemare e pulire qualsiasi cosa. In queste location l'illuminazione cambia ed il calore diviene cifra stilistica essenziale, avvolgente e riposante anche per lo spettatore. Meravigliosi effetti speciali fanno di questa favola realistica che vede citazioni colte come quella del poeta Mishima, un capolavoro che, anche se palesemente debitore del cinema del maestro Kitano, (per confermarlo basta la battuta "fottuto giapponese") riesce ad essere a suo modo una visione unica, arricchita e personale della freddezza in stile Jakuza che tanto successo ha avuto negli ultimi anni all'interno delle nostre sale. Nonostante la lentezza meditativa dell'uso della macchina da presa, siamo di fronte ad una svolta che ci costringe ad aspettare con curiosità il prossimo film di questo eclettico regista.

 

Voto: 27/30

29.08.2003

 

di Sara TROILO

 

Ratanaruang è un autore tailandese che ha studiato negli Usa, Christopher Doyle è un direttore della fotografia neozelandese che ha studiato in Thailandia, Tadanobu è una superstar del cinema giapponese e Prabda Yoon, il coautore della sceneggiatura, è molto quotato in patria. Una squadra notevolissima firma un noir complesso che racconta di Kenji bibliotecario con tendenze suicide che desiste dal proprio intento dopo aver assistito alla morte di un’utente della sua biblioteca e aver conosciuto la sorella della ragazza morta. La narrazione alterna momenti dall’impianto classico a deviazioni che trasportano il film verso l’assurdo e il grottesco. La storia d’amore tra i due protagonisti si sviluppa in parallelo con inserti che definiscono le individualità dei due, entrambi legati all’ambiente della malavita, e la resa visiva sottolinea la differenza tra i due livelli connotando la casa della donna (luogo deputato alla stretta interazione tra i due protagonisti) come spazio avulso dal contesto e in grado di proteggere questo nuovo legame.
Di sicuro uno dei film migliori di tutta la Mostra.
 

Voto: 28/30

29.08.2003

 

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