
Mi scuso per il ritardo nel recensire questo capolavoro presentato fuori
concorso alla sessantesima mostra cinematografica di Venezia. Nonostante
io ed altri eravamo davanti ai cancelli del Palagalileo, circa una
settimana fa in quel del lido, non siamo riusciti ad entrare nonostante i
nostri accrediti stampa. I commenti riguardanti il film, durante la
mostra, sono stati diciamo non proprio positivi. Nello spazio di Gianni
Ippoliti, intitolato “Ridateci i soldi” basti dire che c’era un intero
tabellone riservato al film di Christopher Hampton. Ma come San Tommaso,
io cocciuto e cinefilo fino all’autolesionismo mi sono voluto recare
all’anteprima romana, al fine di toccare con mano o meglio toccare con gli
occhi la luce dello schermo infame. Il film si apre con un teatrino in cui
si sta rappresentando il mito di Orfeo. Banderas interpreta uno scrittore
che dirige il piccolo teatro i cui attori sono dei ragazzi: ma quanto è
impegnato questo ragazzone fornito dalla natura di foltissima barba nera!
Al teatro si intervallano riprese documentaristiche di repertorio che
introducono il tema del film: i desaparesidos. Carlos Rueda (Antonio
Banderas) ci introduce alla filosofia del film dicendo: “E’ un dovere
guardare indietro”. L’intento del film è già svelato ed è quello di non
farci dimenticare le assurde atrocità che tra il 1976 ed il 1983 fecero in
Argentina 30.000 vittime. La moglie di Carlos Rueda (Banderas), viene
arrestata dalla polizia politica in seguito alla pubblicazione di un suo
articolo riguardante le sparizioni misteriose di cittadini argentini.
Questa bella donna interpretata da Emma Thompson ne vedrà di tutti i
colori mentre il bell’Antonio passa interminabili serate nel suo giardino
a predire le sfortune e le sofferenze di tutti i parenti del vicinato. Si,
non è uno scherzo. Carlos Rueda tocca le persone e come d’incanto,
fremendo tutto e roteando gli occhi, vede i loro parenti che agonizzano in
qualche stamberga dimenticata da Dio. E’ questa scelta e soprattutto la
maniera superficiale e poco immaginifica con cui viene realizzata, che
rende risibile in molti momenti, un film che dovrebbe sensibilizzare le
nuove generazioni rispetto gli errori del passato. Con ciò non vogliamo
dire che Hampton sia arrivato alla fine della sua carriera, nient’affatto.
Il film dimostra, nelle scene che riguardano le torture e nella messa in
evidenza del cinismo dei carcerieri, una notevole presa sullo spettatore
ed è capace di un realismo che ahimè viene subito distrutto dallo stregone
dagli occhi che girano. Comprendiamo lo sconcerto dei giornalisti
argentini durante la mostra, i quali si lamentarono del fatto che le
persone che “cadevano” dagli aerei erano centinaia, ma andando
controcorrente dobbiamo ammettere che di atrocità, in questo film, se ne
vedono parecchie. Non mancano donne violentate, bambine violentate con
annesse madri urlanti, stermini di massa di giovani fanciulle innocenti,
pestaggi a più non posso, il tutto condito da pennellate di sangue qua e
là. In breve il regista, che in questo film inneggia all’ “immaginazione”
più di una volta, parte da un crudissimo realismo da film storico e di
denuncia ma fa l’errore di mischiarlo superficialmente con una storia
irrazionale da poltergeist. Troppa immaginazione, caro Hampton! Già
vediamo la pagina a fumetti di Disegni e Caviglia che non mancheranno di
ironizzare riguardo quella civetta di fronte alla quale chiunque passa si
fa una risata, sia che provenga dalla città e cerchi la moglie
probabilmente morta, sia che si trovi scampato alla morte per un pelo. Non
vogliamo nemmeno dimenticare il finale alla Monteverdi. Nell’Opera, come
nel film in questione, gli dei restituiscono ad Orfeo sua moglie. Ovvia
analogia da lieto fine in cui la storia passata, così cattiva, viene
sepolta da un presente radioso. Il presidente Carlos Menem nel 1990
dichiarò tutti i delitti compiuti durante quegli anni, amnistiati. Non mi
sembra proprio quello che si può chiamare lieto fine: i cattivi non sono
stati puniti per le loro malefatte. Forse aveva ragione la voce iniziale
del film: “E’ doveroso guardare indietro”. Non pensavo che si riferisse al
fondo della sala!
Voto: 15/30
03.09.2003
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