60. mostra internazionale di arte cinematografica

 

tHE DREAMERS
di Bernardo Bertolucci
con: Michael Pitt, Louis Garrel, Eva Green

Fuori Concorso

di Fabio SAJEVA



Il film si apre con una panoramica verticale velocissima che dall’alto della Tour Eiffel, scende sul viso di un giovane americano, che scopriremo essere il protagonista del film. Già a partire dal titolo, i conoscitori dell’opera bertolucciana avevano sperato in un ritorno allo sperimentalismo di Partner, data la ripresa dei colori rosso e blu che rappresentano, per chi ha amato il cinema degli anni 70, il punto di unione tra il mondo del teatro e quello del cinema, tra la poesia e la prosa, tra la narrazione di un romanzo come “Il sosia” e il film nel film del professore di una scuola di finzione. Ci si trova invece di fronte alla storia molto poco sperimentale, di tre giovani che vivono il 68 nell’anno della sospensione di Henry Langlois dalla direzione della Cinematheque. La cinefilia è dichiarata sin dall’inizio del film con una voce narrante del protagonista che ci introduce nel suo piccolo mondo di studente ed amante del cinema. Diversi anni fa Bertolucci dichiarò che uno dei suoi desideri consisteva nel realizzare una serie di filmati simili a lezioni di cinema per raccontare le grandi scene della storia del cinema e svelare la significazione secondaria, terziaria ecc. Ad un iniziale sconforto dovuto alla delusione di trovare un film di natura completamente narrativa e privo di quei lampi onirici che fecero del maestro quello che oggi è, si sostituisce il piacere del cinefilo che vede il maestro, riuscire a realizzare un altro sogno. Certamente non si tratta di lezioni di cinema, ma il legame con quel sogno è evidente. Fratello e sorella, figli di un poeta, si uniscono con il giovane americano, in un perverso gioco di natura sessuale. Non mancano i colpi di scena mozzafiato in questa storia morbosa, e tantomeno, come sempre è stato nel cinema del maestro, le citazioni colte e quelle autoreferenziali. Come non citare Ultimo tango a Parigi per un film che si svolge nella stessa città e con una ripresa su dolly realizzata, all’inizio del film, citando quella che scendeva lentamente su Marlon Brando. Ma Bertolucci questa volta non esagera e se risulta vero che l’attrice scelta per la parte ricorda nelle forme la protagonista di Ultimo tango e che non mancano immersioni promiscue in vasca da bagno, è altrettanto vero che il maestro non si cita più di tanto, almeno non tanto quanto poteva accadere in altri film del suo passato. Molto interessanti per il pubblico cinefilo sono invece le citazioni di capolavori della storia del cinema. Bertolucci cita Howard Hawks ed il suo Scarface, Charles Spencer Chaplin con Luci della città, La fontana della vergine di Ingmar Bergman, Bande à Part, La regina Cristina, Cappello a cilindro e Venere Bionda. I giovani cinefili giocano ad indovina il film e questo è il modo in cui la maggior parte delle citazioni vengono introdotte. In passato nel cinema del maestro non sono mai mancate le citazioni metacinematografiche ed il film nel film prendeva però tutt’altro spazio non essendo introdotto con questo semplice espediente. Tornando alla storia dei tre ragazzi, scopriamo lentamente che fratello e sorella sono inseparabili e che il giovane americano romperà un equilibrio che era durato per molto tempo. Il movimento del 68 rimane sullo sfondo di una realtà decadente che vede i tre giovani giocare dimenticando quasi completamente il loro fervore iniziale per la causa politica. Un bel giorno un sasso lanciato dalla strada irrompe nel loro tranquillo microcosmo ricordando che esiste un mondo che sta andando avanti e che se si ha la forza sufficiente, si può scendere in piazza e prendervi parte. I tre scendono in piazza, ma Bertolucci con estrema sinteticità fa accusare i due europei dall’americano, il quale dà loro dei fascisti. In breve Bertolucci sembra incoraggiare i giovani europei no-global a disertare i consigli buonisti di origine americana per scendere in piazza e cercare di cambiare le cose. La regia, come sempre ineccepibile, si muove continuamente, prima tra le strade della città e poi all’interno dell’appartamento nel quale i tre consumano la loro vita “surreale”. Scopriamo così, nel momento stesso in cui scriviamo, che il maestro non è cambiato ed il sogno c’è stato anche in questo film, il sogno di poter tirarsi fuori dalla vita, il sogno di non curarsi degli altri esseri che popolano il nostro mondo, il sogno di ogni sognatore, di ogni individualista che scopre sempre, in un modo o nell’altro, che non si può vivere di solamente nel sogno. In breve il sogno non è stato il 68, il sogno consiste nel non volerlo ripetere, nel non voler ripetere la resa! Non chiudetevi in casa a pensare ai vostri meschini problemi, uscite e prendete parte alla lotta, sembra dire Bertolucci. E’ l’invito di un uomo anziano e saggio che non vuole che alle future generazioni sia negato di poter essere un giorno chiamati “sognatori”.
 

Voto: 28/30

03.09.2003

 

Come colui che desidera sognare

di Donato SICA

 

Con i miei film puoi fare quello che vuoi. Non esistono diritti d'autore, solo doveri (Jean Luc Godard)

Sono lontano, distante da Venezia ma l'eco che arriva da lì, da un'affollata conferenza stampa, è quello che mi piacerebbe si riverberasse in tutti i paesi e in tutte le strade...
Il titolo del film di Bertolucci, The Dreamers, già programmatico, già fuori tempo (tempo non inteso come frazione contestualizzabile-finita, bensì tempo inarrestabile e infinito in una prospettiva a-storica), mescolanza di assenza-presenza che è la caratteristica dell'impermanenza (tanto cara al regista parmense), rimanda in una serie di corto-circuiti mentali e a una miriade di sfrigolii neuronici ai ricordi di una rivoluzione così lontana-così vicina, presto dimenticata dalla vulgata massmediatica, ma che tarda per miei motivi personali, forse perchè legata a una giovinezza con forti impulsi rivoluzionari inappagati, a mollare gli ormeggi dal mio Alzheimer... una rivolta pacifica purtroppo presto scivolata in una lotta tra repressione militare e resistenza indios, di cui era capo un uomo con un passamontagna che incarnava tutti perchè non aveva l'identità di nessuno...quell'uomo di squisita cultura, che con Antonioni m'ha guidato alla scoperta di Cortazar, che scriveva fiabe e poesie e lottava nelle lande della selva Lacandona, un giorno in un intervista commentò la sua, sua-nostra-loro (inteso nel senso più collettivo possibile), inevitabile situazione di guerrigliero con la poetica frase, che ha in sè tutta la possibile Utopia che siamo capaci di concepire: "Noi siamo un popolo di sognatori, perciò siamo invincibili".
"Noi siamo... sognatori... siamo invincibili", un accostamento che rotea con scioltezza nell'immaginario di una generazione che vedeva nelle parole di quell'uomo (meglio conosciuto come sub-comandante Marcos) sparate su tutti i computer del pianeta, i proiettili più efficaci di una lotta di resistenza ai soprusi delle multinazionali, che s'avventavano a saccheggiare le risorse minerarie e petrolifere del Chiapas contadino.
Quelle giornate passate a scrutare le notizie sminuzzate dei televideo, poco interessati alle vicende di San Cristobal de las Casas, che comunque portavano una volta al mese qualche aggiornamento sulla guerra sporca in atto in quelle foreste, dove solo dopo mesi abbiamo saputo che s'aggiravano(e s'aggirano), in combutta con l'esercito, squadroni della morte che tentavano e tentano d'uccidere i sogni. E noi nelle nostre camere chiusi a fantasticare che solo una scheggia di quell'utopia, di quella spregiudicatezza che ti porta a rischiare il tutto per tutto, attecchisse nelle nostre strade, nelle nostre scuole, con quella carica vitale, con quella inesausta forza di ribellione che ti fa desiderare oltre ogni cosa un movimento capace di cambiare il mondo.
Ma chi eravamo in quei giorni... Bertolucci s'è guardato intorno e l'ha capito benissimo... Bertolucci ha ricordato i suoi anni, la sua generazione e ha pensato alle loro notti: "quando andavamo a dormire nel '68, lo facevamo con l'idea che il giorno dopo ci saremmo svegliati, non l'indomani, ma nel futuro, in un mondo cambiato."

Bertolucci ha visto benissimo, ci ha guardato e si è chiesto: "se ai ragazzi oggi è concesso questo? In giro guardo i ragazzi ma non vedo idealità. Alcuni, forse quelli che partecipano ai movimenti, ma sono molto pochi purtroppo." (Oggi con i movimenti sono pochi, pochi purtroppo)... ecco, e chi eravamo un paio d'anni fa. Non eravamo nè pochi, nè molti, eravamo inesistenti, pura speranza, puro sentimento che si dibatteva, faceva i conti con una bruttissima realtà alla quale non potevamo opporre nemmeno le immagini di Utopia, il pensiero d'altro, una fantasia che aveva le sembianze d'una realtà diversa... almeno migliore...
Le notti della nostra generazione sono state invase dai fantasmi creati ad arte dal Re Incantatore (e negli altri paesi del mondo, da tanti Re incantatori più potenti, dei quali forse i più famosi sono quelli delle magiche collynwood) che domina l'immaginario dell'italia fin dalla nostra infanzia. Abbiamo provato a sognare e alcuni di noi ci sono riusciti, ma gli altri...noi combattiamo coi fantasmi che cercano d'assassinarci, ma ad altri ragazzi le armate dei cavalieri del denaro e del potere gli hanno ottenebrato i sensi e gli hanno ucciso il futuro.
Bertolucci presume che le nostre armi arrivino direttamente dalla conoscenza di quelle lotte e di quell'idealità che animò i giorni del maggio francese, spera che "la cinefilia sia il collante che riesca a unire politica, eros e rock'n'roll"... pensa che Leaud, Anna Karina, Belmondo, Jeanne Moreau e Godard, Truffaut, Rivette siano quelle figure che esprimono per il solo fatto d'esistere desiderio di libertà e cambiamento... e nel mio caso ci prende in pieno... perchè come è accaduto tra lui e lo scrittore Gilbert Adair " la cinefilia è stato il punto d'incontro.", nella cinefilia "C'è una pulsione utopica che unisce il tutto."
"Due anni fa ho girato un cortometraggio, Ten minutes older, che dice come il tempo non esiste. Ecco, The Dreamers vuol parlare anche di quello". Ed è quello che aspettiamo... vogliamo che la nostra generazione annulli le distanze di tempo, di spazio e inizi a sentirsi coetanea dei sessantottini che volevano cambiare il mondo. "Non vorrei ripetere lo stesso film sempre. Il fatto di fare un film su tre ventenni esprime un bisogno di ricominciare, ripartire. Poi questi tre ragazzi che ho messo in confronto con tre personaggi del '68, erano o sono stati durante le riprese del film contemporanei a Isabel, Theò, Matthew. Forse la contemporaneità è data dall'età"... e aggiungerei dalla voglia di recuperare l'essenza della gioventù, che è la voglia d'imparare, d'apprendere cos'è l'eros, cos'è la libertà, cos'è la sfida e ricominciare così a criticare, a pensare, a essere con e come Theò nella scena finale del film...
 

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