60. mostra internazionale di arte cinematografica

 

Camur (FANGO)

di Derviş Zaim

con: Mustafa Uğurlu, Taner Birsel

Controcorrente

In Concorso

di Domenico MONETTI

 

In fondo che cosa è l’uomo? Anima, spirito? Non proprio… piuttosto sangue, sperma, saliva e, visto da un microscopio, l’essere umano non è più grande di uno sputo. Un’immagine capace di sintetizzare tutto ciò? Il fango. Così deve aver riflettuto il regista cipriota Derviş Zaim, quando, trovandosi sulla spiaggia, ha visto tre figure simili a marziani, ricoperte dalla testa ai piedi di fango nero proveniente da un lago salato. A Cipro un soldato sviene improvvisamente. Non riesce più a parlare, ha frequenti pruriti sul corpo. Nessun medico sembra in grado di curarlo. Il malato (immaginario?!) comincia a guardarsi attorno, nella sua vita ordinaria. Ci sarà pure un motivo se mi hanno messo in un posto dimenticato da Dio, in una zona di confine dove gli unici nemici sono una donna incinta e tre mutilati che mi chiedono un po’ di fango? Così avrà ragionato il soldato dal passato e dalle cicatrici altrettanto melmosi (i massacri tra greci e turchi) e, senza perdere troppo tempo con riflessioni che piacciono troppo ai filosofi e un po’ meno alla gente semplice, avrà cominciato a cospargersi di fango nella speranza di guarire. In fondo in una Cipro ancora divisa dai conflitti tra greci e turchi ognuno è fango, ognuno vorrebbe cancellare e al contempo riscoprire il proprio passato. Svelare e disvelare. Ricordare per dimenticare. C’è chi costruisce statue, c’è chi le trova nella profondità della terra e della memoria. Le cicatrici dopo la guerra spesso comportano un’impossibilità a comunicare nel modo più semplice e più naturale: fare l’amore. Le mani tremano, lo sguardo vacilla da troppi ricordi e, come il fango, ci si ritrae silenziosamente. E l’essere apparentemente più debole – la donna! - riscopre la sua rivincita attraverso il suo corpo, un corpo capace di autofecondare vita, amore all’interno di un mondo d’(im)potenza maschile. La legge fallocentrica cede definitivamente il passo a quella della ginecologia femminile: le ovaie e la vagina diventano irrinunciabili ed essenziali rispetto al pene e ai testicoli. Il pragmatismo femminile venato di pietas vince sul silenzio e sulle riserve maschili. Fango, terzo lungometraggio del regista Derviş Zaim, è una sorta di cinemacchina del desiderio di quello che si vorrebbe essere e spesso non si è e al contempo una sorta di installazione ludica e disincantata, surreale e ironica – ma non per questo priva di speranza – che guarda a un orizzonte che dall’oggi al domani può sempre cambiare. Come una dissolvenza incrociata, cifra stilistica del regista: mai dissolversi sul bianco, mai sul nero… semplicemente su un’altra immagine.
 

Voto: 25/30

27.08.2003

 

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