
Secondo ritratto di
attrice che prelude al lavoro che Giuseppe Piccioni sta meditando di
realizzare e che dovrebbe per l’appunto riguardare il mondo degli attori,
il mondo del cinema. Margherita Buy, la macchina digitale ed il regista:
nient’altro. Piccioni sceglie la strada della semplicità per cercare di
svelare la realtà imperscrutabile di una mente complessa come quella di
persone che si mettono, per mestiere, nei panni degli altri. L’attrice si
lascia andare ed a tratti si ritrae come in un gioco. La cifra stilistica
utilizzata da Piccioni è il primo piano. Se da una parte questo è l’unico
modo di fare, tecnicamente parlando, un ritratto, dall’altra la monotonia
della ripresa mette in evidenza la natura dell’inquadratura e la presenza
di un interlocutore. L’attrice chiama il suo regista per cognome, come per
proteggersi da un’invasione eccessiva del suo mondo interiore e si copre
un brufolo scherzando. Racconta tutte le sue paure e la sua incapacità ad
essere un’attrice come le altre. Viene fuori una Margherita Buy, sensibile
ma debole, professionale ma indecisa, comunicativa ma timida. Aspettiamo
con ansia di vedere il film che sarà il frutto di quest’analisi del mondo
degli attori.
03.09.2003 |