60. mostra internazionale di arte cinematografica

 

BUONGIORNO, NOTTE

di Marco Bellocchio
con: Luigi Lo Cascio, Maya Sansa, Paolo Briguglia, Roberto Herlitzka

In Concorso

di V. Di MICHELE

 

La tempesta dei favorevoli e contrari scatenatasi dalla primissima proiezione veneziana di Buongiorno, Notte, ne sottolinea, oltre la non scontata querelle tra colpevolisti e innocentisti, il suo valore. Il poter di far discutere del mezzo cinematografico, come strumento civile, sociale e indubbiamente politico, ma, soprattutto, nel suo senso estetico, che ha richiamato in vita (per qualche giorno o solo per qualche fresca sera di fine estate) il dibattito critico che, nostalgicamente, Bertolucci metteva in scena giusto qualche tempo prima, nella stessa sede veneziana.
Il bisogno di discutere, e di mettere in dubbio il significato ed i significanti dell'opera d'arte.
Le polemiche fanno bene all'autore- commercialmente e, forse, artisticamente. Di rado, negli ultimi tempi, si era letto tanto bene, a ragione, e tanto male: seguendo il filo logico, anche in questo caso a ragione. Buongiorno, Notte è stato un film attesissimo, un racconto che incrocia il caso Moro e non spiega (come Piazza delle Cinque Lune di Martinelli), una tragedia di coscienza. Una possibile realtà che potrebbe o meno corrispondere allo stato delle fatti, che ricostruisce in totale libertà drammaturgica un aspetto così doloroso della nostra storia da diventare tabù. Il coraggio di Bellocchio, il regista che mostrava, sotto il cielo del paternalismo cattolico, la fellatio politica de Il Diavolo in corpo, ed in più recenti tempi di paternalismo pseudo-liberale la spudorata autocertificazione di essere vivente: una bestemmia aperta al più grande dei nosocomi mondani e festivalieri, Cannes.
Un film difficile, da leggere e da spiegare, intenso ed emozionante, che colpisce una ferita aperta senza giustificazioni o chiavi di lettura.
Nel libero arbitrio assoluto dello spettatore, dentro le speranze e le contraddizioni di un epoca, i risentimenti, la follia dell'animo umano, come atto d'accusa chiaro pur senza essere dichiarato, la testimonianza di una solitudine politica che non chiede parole, ma si affida soltanto, tra le righe, ai documenti, quelli dell'epoca, delle televisioni e dei giornali.
 

Voto: 27/30

05.09.2003

 

Sull'impossibilità di uccidere i padri...
di Donato SICA

 

Come ogni buon romanziere o grande artista che arrivato a un certo punto della sua carriera sente che è anche possibile accettare dei lavori su commissione, così Bellocchio ha accettato la sfida di fare un film sul buco nero della storia italiana degli ultimi cinquant'anni, sul punto d'accumulazione di tutte le tensioni e i conflitti che scoppiati nell'immediato dopoguerra sono arrivati esplodere-implodere il 10 maggio'78 (sempre i fatidici maggi) nel cofano di una Renault.
Al pari di un pittore rinascimentale, Bellocchio ha preso un tema e l'ha depurato di tutto ciò che non poteva avere a che fare con la tela. Si intuisce dalla prima inquadratura: un appartamento al buio che viene descritto e nonostante vengano aperte finestre e persiane, nonostante si cerchi di illuminarlo, i chiaro-scuri avvolgono i personaggi. Questo è un preciso patto con lo spettatore, una dichiarazione d'intenti, si entra in un film dove nulla è sicuro e tutto è lasciato alle empatie disancorate di senso.
Il caso Moro è un argomento forte, da cinema civile. La Rai avrà pensato al film autoriale sul dramma storico del paese, ma fin dall'inizio Bellocchio mostra di non interessarsi tanto alle vicende già sentite, già dette, già viste. Per inciso Bellocchio è un regista che in quegli anni con il suo cinema era in prima linea nell'ondata di protesta che accendeva il conflitto sociale. Al di là del magnifico esordio dei "Pugni in tasca", film come Nel nome del padre, Sbatti il mostro in prima pagina, Marcia trionfale, La cina è vicina erano attacchi alle istituzioni chiave della società: famiglia, religione, potere dell'informazione, partiti politici, istituzioni militari... E un importanza storica riveste Matti da slegare, girato con Silvano Agosti, documentario che mostrò per la prima volta la cruda realtà dei manicomi e guidò all'approvazione della legge Basaglia. (E il regista non esiterà a scivolare con la macchina da presa dal dibattito televisivo sulla legge alla condanna a morte di Moro).
Bellocchio ha dichiarato fin dall'inizio di non perseguire una verità storica, di non sentire il bisogno di esprimere la realtà dei fatti e acquisavano un aura di insulso ridicolo i commentatori che in seconda battuta s'affrettavano a sentenziare: "solo in questo modo si potrà arrivare alla verità su ciò che è realmente accaduto ad Aldo Moro". La furbizia con il quale il regista ha condotto l'operazione "Buongiorno, notte", ricorda in un certo senso il Bertolucci che dopo l'Ultimo tango si fece finanziare Novecento dai produttori americani. Era una gioia per il regista parmense pensare di girare col capitale americano un film sfegatatamente marxista. E penso che alla fine della proiezione ufficiale Bellocchio abbia sorriso (il sorriso di mia madre... l'Ora di religione, altra ispirazione ripiegata su di sè) pensando al suo film sui padri (e forse scrivere padri con la maiuscola renderebbe più giustizia al termine per come lo esprime Bellocchio) finanziato per restituire la verità storica sulla vicenda dello statista democristiano.
Aldo Moro, i brigatisti, il rapimento sono il puro pretesto per costruire un atmosfera in un appartamento. Aldo Moro è un padre, un nonno, ne viene quasi esautorata la carica politica, gli avvenimenti dei cinquantacinque giorni entrano nella stanza per creare tensione, per creare situazioni, ma i veri oggetti colmi di significante dell'appartamento sono i tre passaggi: il buco nascosto dalla libreria che comunica con la cella, lo spioncino e la porta dietro il quale è tenuto il prigioniero. Non a caso l'inizio del film è dedicato alla certosina costruzione di questo nascondiglio dentro il quale verrà riversato il contenuto di un vaso di Pandora che di lì a poco inizierà a far gravitare tutto su di sè. I movimenti che prendono vita non sono innescati dalla persona che sta all'interno dell'intercapedine, ma sono procurati dalla parte che quella cella occupa nell'inconscio dei quattro 'soldati' brigatisti. C'è un buco, un vuoto attorno al quale gravita tutto l'inconscio e i brigatisti hanno riempito quella casella vuota non sapendo ciò che questo procurerà, non solo a loro, ma a un intero paese. Mariano, Chiara, Ernesto a tappe entrano nel buco, spiano, Mariano parla col prigioniero e senza accorgersene si confronta con una parte di sè che sta rinnegando. Mariano dirà "Voi credete al paradiso, la morte non vi fa paura, figurati che da piccolo avevo fretta di morire per vedere com'era il paradiso", in due righe di dialogo il duro Mariano ammette di essere stato cattolico, di provenire dalla radice culturale di Moro, ma la rifiuta, per lui quelle cose suonano come uno scherzo. Salvo poi sentirsi dire da Moro in un discorso sempre sulla morte e le idee, sulla forza che proviene dall'essere disposti a immolarsi per le proprie idee, che "In fondo anche la vostra è una religione..". A volte senza saperlo i brigatisti riversano nel loro comunismo l'indole di un cattolicesimo, che anche se rifiutato, non manca mai di produrre effetti. In un profondo scavo il comunismo proprio dell'immaginario dei quattro ragazzi, quello delle parate sovietiche, delle panchine di Lenin, dell'effigie di Stalin è venato di sentimenti cristiani. Loro si eleggono guerriglieri dell'ideologia, dicono di essere disposti a morire per il comunismo e Moro gli fa notare che anche i cristiani hanno avuto dei martiri, hanno avuto le loro crociate, loro accusano la democrazia cristina come partito e vogliono processarne il simbolo, e Moro dice che "la democrazia cristiana è votata dagli impiegati, dagli operai (...) dalle persone che vogliono vivere in pace, modestamente". I brigatisti lottano per l'ideologia senza rendersi conto che la loro è una disperata lotta intrapresa con la passione e i modi che gli hanno insegnato da piccoli in chiesa, il comunismo che immaginano non è altro che il paradiso, e invece di aspettare la morte per vederlo, loro vogliono accorciare il lasso temporale e crearlo per quanto possibile sulla terra.
L'uomo incanutito, non è più Aldo Moro, è "la Cosa", ciò che Freud ha definito come il Das Ding al centro dell'inconscio, nell'appartamento è inscenato il trauma di una generazione che nel cercare la rivoluzione ha tentato di uccidere i Padri. Il regista traccia le coordinate dell'animo che portò a certe decisioni e, paradossalmente, il film si divincola dalla
contestualizzazione esplicita del '78 per astrarsi a un livello simbolico che ne fa un potente opera tragica.
Quando Chiara ha i suoi contatti col mondo esterno, quando la televisione in costante sottofondo mostra le immagini del primo trash televisivo s'innesca da parte dei sequestratori un meccanismo delirante attraverso il quale il sintomo diventa prospettiva metonimica della realtà. Una stella rossa a cinque punte disegnata nell'ascensore dell'ufficio dove lavora Chiara ha più valore rispetto al comizio di Luciano Lama o una notizia letta sui quotidiani e non ci si avvede dell'italia volgare e caciarona delle Carrà che sta nascendo davanti ai loro occhi (anche se è difficile fargliene una
colpa, pochi in quel periodo avevano realmente capito il potere che quella televisione avrebbe esercitato). Il principio di realtà viene completamente risucchiato dal perseguimento dell'ideologia, la tragedia arriva dallo scontro tra la manifestazione della volontà di potenza e l'oggetto verso cui è rivolta tale azione. Nella perdita di contatto con la realtà o lottando proprio su un piano di realtà, di sopraffazione reciproca per la conquista del potere Mariano pronuncia discorsi dottrinali che sono speculari a quelli usati dall'avversario per annientarli. Bellocchio mette negli scatti di Ernesto, che cerca di discutere degli avvenimenti e vuole rivedere la sua ragazza, e del brigatista che cura ossessivamente dei canarini in gabbia, quasi metafora dell'inutile tentativo di non far aprire quel buco nero dell'inconscio, l'apparente controllo della tempesta emotiva che si sta scatenando, mentre con Chiara (un Antigone che intuisce l'impossibilità di seppellire un cadavere) decide di far reagire lo stato di crisi attraverso il personaggio dell'amico bibliotecario, che di lì a poco riesce grazie a una certa distanza, a un Aleph dello sguardo ad articolare una lucida analisi. Da una sua sceneggiatura "Buongiorno, notte", che all'inizio Mariano ha anche ritrovato nelle borse di Moro e che ha fatto bruciare, che Chiara leggerà e che diventerà proprio il film di Bellocchio, s'avvia una discussione sull'inutilità della lotta condotta con gli stessi sistemi di chi si vuole combattere e sul potere dell'immaginazione.
Nella sceneggiatura (nel film) Moro esce dalla prigione, dall'appartamento e s'avvia solo, avvolto in un cappotto verso il palazzo de chirichiano dell'Eur . Nell'immaginazione il padre viene riconosciuto e liberato, chi ha la capacità di pensare s'accorge che il problema non è nelle autorità al potere, ma nelle contraddizioni, nei soprusi che ogni sistema di potere invariabilmente genera. Al grido di Chiara, "Ma quella è l'immaginazione non è la realtà", viene risposto, "Ma cosa credi che l'immaginazione non sia una forma di realtà". Il ragazzo piuttosto che il proletariato al potere, vorrebbe l'immaginazione al potere, e nel film non si sa come, né perché, sarà arrestato. Pagherà per aver osato immaginare?
Ma cos'è Aldo Moro in quel cubicolo? Aldo Moro è l'etica del linguaggio. L'etica più profonda e radicata nella nostra società, l'etica legata anche alla religione cattolica. Moro è il simbolo del nostro modo di pensare, di manifestare i sentimenti, di creare gerarchie di valori che non possiamo scollarci di dosso, perché è quello dei Padri. O meglio quel Nel nome del padre (altro titolo di un film di Bellocchio, già citato), che è pressocchè impossibile dimenticare. Con Buongiorno, notte, Bellocchio finge di fare un film sul caso Moro, e invece crea un opera sull'impossibiltà di uccidere i padri.
 

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