
Qualcos'altro, si, potrebbe esser stato qualcos'altro. Diverso, ammaliante,
forse utopico, ma possibile. Invece questo ritratto, a tinte vivaci e
sibilline, dell'amore dei “giovani d'oggi”, dai tratti patinati, riveduti e
corretti per accontentare tutti, sa tanto di già visto. Jerry - Jason Biggs
- e la sensuale Amanda-Christina Ricci (si evince anche dal nome di che tipo
di eroina si tratti) - sono due personaggi banali, nevrotici, come tutti i
personaggi di Woody Allen ma senza le venature ironiche e paradossali che lo
distinguevano. Paradossalmente reali, quotidiani, senza nemeno lo spessore
conflittuale della tragicità. La delusione dei protagonisti coinvolge lo
spettatore e lo lascia perplesso a chiedersi cosa sommerge o cela questo
inganno della disillusione
L'amore non è una cosa seria in fondo, sembra suggerire il film tra le
righe: quell'anything else, quel “qualcos'altro” che si lib(e)ra sulle
parole del taxista alla fine, quel quacos'altro che vanno cercando di
continuo tutti, senza fermarsi a pensare che qualcos'altro a volte è
rappresentato soltanto dalla patina di novità data da una situazione nuova,
da un partner diverso, da una nuova idea sulla/della vita.
Il quadretto del film coinvolge ad un ascolto quasi disinteressato: succede
ben poco durante la proiezione, più che altro si parla. I personaggi
discutono, Woody con le sue assurde trovate di aiutare Jerry prima
regalandogli un fucile, poi abbandonandolo al progetto di viaggio a cui lo
aveva convinto, facendogli peraltro rescindere il contratto col suo agente
editoriale, si trasforma in una macchietta quasi-comica, finendo per
diventare pateticamente incomprensibile. Una specie di “tutto ha senso
perchè nulla ha senso”, la dichiarazione centrale dell'incrocio di eventi,
fra lasciti e rimandi, relazioni che si troncano e che nascono senza colpo
ferire, senza pathos.
L'inutilità della psicoanalisi (probabilmente il giudizio definitivo di
Allen sulla psicoterapia) con la sua dialettica a senso unico e
leit-motiv dichiarato del regista rincara il triste fardello della
delusione ma senza potenza, sottolineando una apatia di fondo ben
rappresentata dal modulo di Amanda: una libellula che vagando da un fiore
all'altro, costruisce la sua vita, quasi “saltando” fra le persone,
inserendosi in altre dimensioni piuttosto che innestando delle relazioni.
Alla fine del film ho avuto l'impressione di essere finita anch'io in una di
quelle dimensioni, intrappolata nonostante me in un tempo che forse cercava
“qualcos'altro”.
Voto: 21/30
28.08.2003
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