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Introduce il suo film con una straniante voce fuori campo, Amos Gitai. Ci presenta una finzione che si rifà ad uno stile molto realistico e che ci trasporta all’interno delle esistenze di alcuni uomini a Tel Aviv. Non sembra affrontare tematiche shock che in questo momento vanno per la maggiore in contesti politici messi in evidenza dai media a causa di attentati, nuovi muri di Berlino e guerre senza fine. Invece la storia, che non cerca la notizia da telegiornale e che si interessa invece di storie comuni, racconta la realtà del paese martoriato dallo scontro religioso e politico, attraverso la metafora di un giovane diciottenne che si rifiuta di prestare servizio militare. La regia è come sempre misurata in relazione alla storia. La macchina da presa segue i suoi personaggi senza mai invadere lo spazio, ma lasciando loro la precedenza. I genitori spronano il ragazzo a partire per il servizio militare perché “lo fanno tutti” ma il ragazzo di poche parole, insiste nella sua convinzione e la porta avanti fino all’ultimo. Contemporaneamente assistiamo alla storia d’amore tra un uomo ed una donna che si incontrano clandestinamente in una casa solamente per avere rapporti sessuali. La prossimità, l’impossibilità di rimanere isolati, la quasi necessità di essere addossati l’uno sull’altro in questa metropoli caotica dalle misere periferie, risulta essere il messaggio di questa seconda storia, che unito alla prima ci comunica la necessità di arrivare ad una pace, una pace che è necessità in quanto si è condannati a vivere a contatto gli uni con gli altri e la frase “lo fanno tutti” ritorna così a risuonare nelle nostre orecchie. E’ dal momento in cui ci si rifiuta di entrare nell’ottica di preparazione alla guerra, che si costruisce la possibilità di arrivare alla pace. E’ così semplice che anche un ragazzino appena diciottene ci arriva. Perché non ci arrivano i grandi politici, si chiede Amosi Gitai? Lui la guerra l’ha vissuta e ne conosce bene l’atrocità che ci ha raccontato in un suo capolavoro precedente. I film non servono a cambiare la storia, forse però, riescono a cambiare un po’ gli uomini. Voto: 26/30 05.09.2003
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