L'importante nella vita è mangiare frutti di mare,
se ne mangi puoi dire di essere ricco, di avere buon gusto e di amare
il tuo presente perchè pensi al tuo futuro."
<sembra racchiudersi in queste poche parole tutto il significato dell'ultimo
lavoro del regista cinese Zhu Wen che approda alla kermesse lidense con
Seafood,Fruttidi mare appunto.
girato totalmente in digitale in uno spazio surreale dove l'acqua (neve
o mare che sia) regna sovrana e la vita per la giovane Xiao sembra non
avere più senso. Prostituta dei bassifondi di Pechino, stanca della
nullità che la circonda, cerca di porne fine meditando il suicidio
ma viene fermata nel suo intento da uno sconosciuto poliziotto che si
rivelerà ben presto essere suo salvatore, aguzzino e vittima allo
stesso tempo.
Nel tentativo estremo di farla finita, la giovane rimarrà coinvolta
in un triste gioco del destino e tutto tornerà ad essere come prima.
Zhu Wen, conosciuto in Europa per le sceneggiature in collaborazione con
il regista Yimou (tra cui quella per Diciasette anni vincitore l'anno
scorso alla 57° edizione della mostra), propone una pellicola interessante
per le scelte tecniche e di sceneggiatura, ma non del tutto convincente
per il suo ripetersi e dileguarsi in lenti movimenti di macchina che sortiscono,
come unico effetto, di rallentare la narrazione.
Colpisce comunque il carattere di disarmante solitudine che affiora dalla
totalità dell'opera,carattere questo che riconduce alla tradizione
del cinema di Hong Kong e di quello asiatico in generale, una disperazione
che non lascia possibilità di rivalsa o fuga.
Una solitudine glaciale che fredda anche l'animo più caldo dello
spettatore fiducioso.
Voto: 24/30
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