RAYE MAKHFI - SECRET BALLOT
di Babak Payami

Un viaggio è sempre al centro dei film iraniani, concepiti come accumulo progressivo d’immagini ad alta temperatura poetica. Dal dispositivo narrativo de IL CERCHIO di Panahi, basato sul passaggio del testimone tra diverse figure di donne dolenti, in moto perpetuo nella città che le respinge, all’ attraversamento del confine con l’ Afghanistan della protagonista di KANDAHAR, ultima opera di Mohsen Makhmalbaf, fino a questo tragitto della speranza innescato dalla necessità di fornire a tutti un’ eguale possibilità di riscatto attraverso il voto libero e segreto.
La responsabile di un seggio elettorale itinerante, deve convincere gli abitanti di piccoli centri abitativi a votare e ad esprimere, così facendo, una elementare quanto non scontata forma di autodeterminazione, in un paese incline all’ annullamento delle libertà pubbliche e private.
I tempi del racconto sono quelli consueti del cinema di Kiarostami e Panahi, ma con alcune accelerazioni e oasi di bellezza e poesia minimaliste.
L’ottusa opposizione militarista [ma dove sono i mullah?], rappresentata dal soldato che controlla le operazioni di voto, tenta di ostacolare la progressiva presa di coscienza degli elettori, fra i quali anche un gruppo di donne analfabete a difesa delle quali si erge la protagonista femminile.
L’avanzamento della jeep nel territorio, è metafora chiara delle possibilità di erosione del sistema repressivo iraniano, insite nel libero voto. La resistenza del militare si fa progressivamente più fiacca e la storia volge al termine naturale, dopo alcuni momenti di pacata ironia e intuizioni improvvise [la scena del semaforo rosso in strada deserta].
Delicato e ben strutturato, il film è anche una summa dei noti limiti espressivi di un cinema contenutisticamente ricco e affascinante, ma spesso incapace di concedersi deviazioni verso una concezione meno spartana ed ossificata dello "sguardo".

Voto: 26/ 30

GABRIELE FRANCIONI
05 - 09 - 01


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