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        Comunicato stampa  
          
        Un’inedita Seoul, notturna, sfavillante di luci al neon e strade 
        luccicanti, è l’ambientazione di 
        Saving My Hubby, il film coreano - diretto dall’esordiente Hyun 
        Nam-sup - che aprirà giovedì 24 aprile il festival udinese. Ricchissimo 
        di invenzioni registiche, fotografato magistralmente con i colori caldi 
        della sera metropolitana, la storia del film si svolge tutta in una 
        notte. Una notte movimentata, imprevedibile, capace, con i suoi colpi di 
        scena, di rompere drasticamente gli equilibri familiari di una 
        tranquilla e buffa coppia di cittadini coreani. Utilizzando il registro 
        della commedia, grazie alla straordinaria interpretazione dell’attrice 
        protagonista Bae Doona, Saving 
        My Hubby diverte come un film comico, crea suspense come un film 
        d’azione, commuove e appassiona come un melò o un’opera tragica capace 
        di smussare i toni più acuti in farsa. Espressione della straordinaria e 
        proficua stagione che il cinema coreano sta vivendo in questi anni (in 
        Corea del Sud i film nazionali hanno ottenuto nel 2002 il 47 % del 
        totale degli incassi, battendo al box office anche i colossi americani), 
        Saving My Hubby sarà il primo titolo della sezione coreana 
        contemporanea. Sezione che presenterà, complessivamente, 11 lavori, tra 
        cui film di fantascienza (Yesterday), 
        noir (quello violento e notturno di
        Sympathy for Mr Vengeance 
        e quello pulp di No Blood No 
        Tears, (quasi una nuova versione di “Thelma & Louise” ), horror (The 
        Phone) e, ovviamente, le più importanti commedie della stagione, 
        da A Perfect Match che 
        con i suoi iniziali cuoricini in computer graphic si preannuncia già 
        come una delle più divertenti, a 
        Bet On My Disco, eccentrico e affettuoso ritratto della Corea 
        anni Ottanta, a Jail Breakers, 
        folle racconto di due detenuti che si scavano un tunnel per evadere 
        dalla prigione, fino ad arrivare a
        Sex is Zero (nuovo
        Animal House), tra i 
        migliori esempi della variante sexy che sta facendo capolino con 
        insistenza nel panorama dei film coreani di oggi…  
          
        Fermiamoci, per un istante, proprio ai due polizieschi:
        Infernal Affairs di 
        Andrew Lau e Alan Mak, campione assoluto ai box office asiatici e capace 
        di risollevare le sorti di un’intera cinematografia votata per ragioni 
        economiche soltanto alle commedie, e l’ultimo capolavoro firmato dal 
        grande Johnnie To, PTU, un thriller notturno segnato da un 
        inconfondibile umorismo d’autore…   
           
          
         La Corea del Sud, cioè la nazione asiatica che gode oggi della più brillante produzione cinematografica e di un seguito di pubblico senza eguali, ha vissuto negli anni Sessanta un analogo periodo di prosperità. Attraverso la visione di 7 film diretti da altrettanti maestri dell’epoca, da Kim Soo-young a Jeong Jin-woo (che nel 1960 presentò al festival del cinema di Venezia il suo “The Student Boarder” immerso da allora nell’oblio), si cercherà di raccontare l’entusiasmo, l’abbondanza di stili e di forme, la straordinaria forza ed energia di allora… Energia che si rifletteva nell’ampia produzione di film di diversi generi, nella volontà di superamento del tradizionale linguaggio cinematografico per orientarsi verso nuovi modelli di sperimentazione sia nel campo della forma che dei contenuti. Quelli che vedremo saranno tutti film in cinemascope, spesso in un bianco e nero pulito e suggestivo, altamente spettacolari, ma soprattutto dalla incredibile modernità. Esempi, rimasti sommersi dalla storia, di una produzione numericamente ricchissima nonostante la distruzione che la Guerra di Corea aveva portato nel paese solo un decennio prima. I titoli della sezione comprendono Barefooted Youth di Kim Ki-deok, quasi una sorta di Gioventù bruciata; The Public Cemetery Under The Moon di Kwon Cheol-hwi, un horror con effetti speciali primitivi ma considerato l’archetipo di tutti i successivi locali film del terrore; l’hitchcockiano The Evils Stairs; il melò Mist; il sentimentale Guests Who Came By Last Train di Yu Hyun-mok; e, per finire, il noto The Housemaid di Kim Ki-young, spettacolare thriller…  
          
        Dal Giappone, il regista Ishii Teruo ha già confermato il suo arrivo a 
        Udine: sarà la sua prima partecipazione ad un festival cinematografico 
        internazionale! Autore di decine e decine di film dagli anni Cinquanta 
        fino al 1999, Teruo, classe 1920 (in realtà la sua data di nascita 
        rimane un mistero), è considerato senza mezzi termini “The King of 
        Cult”, uno dei principali maestri della sua generazione. E, nella sua 
        cinquantennale carriera, si è davvero confrontato con tutti i generi: 
        dal film d’arti marziali, alla fantascienza, dall’erotico all’horror, ma 
        è diventato famoso per i suoi Yakuza Movies e per gli “ero-guro” 
        (“erotico e grottesco”) degli anni 60 e primi anni 70. I sei film della 
        retrospettiva copriranno sia gli anni degli esordi, che quelli delle 
        conferme, i Sessanta e i Settanta, fino ad arrivare ai suoi film più 
        spirituali degli anni Novanta.   
        La Cina? È donna. Paese in movimento, in continuo e frenetico sviluppo e radicale cambiamento, la Cina quest’anno sarà rappresentata da sei film e da alcuni giovani nuovi talenti che, pur operando all’interno delle regole stabilite dal governo cinese, riescono a mostrare una propria e precisa visione registica. Finora assolutamente sconosciuta alla cinematografia cinese... L’aspetto più eclatante è che, a condurre questo svecchiamento della forme e dei contenuti, siano soprattutto le donne! Giovani e agguerrite, le donne sono registe (come la debuttante MA Xiaoying, autrice di Gone Is The One Who Held Me Dearest In The World, a Udine in anteprima europea), attrici di rilievo che si cimentano con successo alla macchina da presa oppure diventano soggetti di opere importanti come Life Show di Huo Jianqi. L'ambientazione di quest’ultimo film nella enorme città di Chongqing, costruita tutta in salita sulle rive del Fiume Azzurro, sembra quasi una metafora della fatica esistenziale della donna nella Cina di oggi… La presenza degli inediti lavori di giovani registe sarà affiancata a quella di due film di due nuovi talenti cinesi: Chen Daming, autore di Manhole (scintillante black comedy), e Gao Xiaosong, regista di Where All the Flowers Gone (storia romantica di un amore adolescenziale a tre girata con un raffinato stile da videoclip). A chiudere la sezione cinese anche il film d’azione Red Snow di Zhang Jianya, made in Shanghai e ricchissimo di effetti speciali, talmente dinamico e irreale da risultare un imprescindibile spettacolo trash!  
          
        …da Taiwan vedremo Better than 
        Sex di Su Chao-pin, già sceneggiatore di
        Double Vision e di
        The Cabbie, qui alle 
        prese con un film che sembra essere la versione taiwanese di
        American Pie. Dalle 
        Filippine, invece, una storia di sesso e di amori passionali e dalla 
        Thailandia, infine, un horror in perfetto stile
        The ring ricco di scene 
        splatter d’assoluto godimento!  
        L’ultimo spettacolo L’ultimo film proiettato a FAR EAST 5 sarà un classico del maestro Chang Cheh, uno spettacolare wuxiapian datato 1967, The One-Armed Swordsman, che verrà mostrato nella sua copia recentemente restaurata dalla Celestial Pictures (l’artefice del salvataggio digitale dell’intera library dei mitici studi della Shaw Brothers di Hong Kong). Citato anche dall’iniziale Just One Look di Riley Ip, il film chiude idealmente un cerchio che dalla contemporaneità si sposta inevitabilmente ai classici del passato e viceversa. Incredibile saggio di regia, The One-Armed Swordsman è incentrato sull’eroe solitario votato al sacrificio; violento e “maschile”, il film usa il rallentatore per esprimere il sentimento della morte capace di trasformarsi in una dinamica ed elegante bellezza tragica… «Uso la danza per esprimere, l’emozione, il dolore, la morte. Il mondo è immerso nella violenza, come può evitarla un film?», diceva Chang Cheh, con sconcertante attualità in una raccolta di memorie. Tutto deriva da qui.  
          
        Hong Kong 10 titoli  
        Ufficio Stampa/Far East Film 5  | 
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