GOAL CLUB / thail
di Kittikorn Laiwsirikun


Nei quartieri degradati e poveri di Bangkok vive un gruppo di ragazzi che passa il tempo a giocare a calcio o a guardare le partite in TV; chi per poter aiutare i genitori indebitati, chi per far colpo su una ragazza, chi per poter comprare al fratellino una Mountain Bike nuova, tutti sognano di potersi arricchire in modo veloce. E così che i ragazzi finiscono nel giro delle scommesse calcistiche illegali, facendo i galoppini per una potente cricca di allibratori. All'inizio è come un gioco e i guadagni non sono molto alti, quando però ad alcuni del gruppo verrà in mente di fregare l'allibratore e tenersi i soldi delle vincite, il gioco finirà in tragedia. Si punta il dito sulla piaga delle scommesse clandestine, e sui drammi ad essa correlati, che in Tailandia coinvolge decine di migliaia di persone. Il film è credibile e coinvolgente soprattutto quando si concentra sul rapporto tra i giovani protagonisti, con la giusta misura di realismo e fiction, di dramma e situazioni di alleggerimento, senza farne degli eroi a tutti i costi o delle vittime esemplari.

Voto: 26/30


Loris SERAFINO

26 - 04 - 02

DIAMOND HILL / hg
di Soi Cheang


Se è vero che l'attrazione per un film è direttamente proporzionale alla sua capacità di mantenere alto il picco dell'attenzione attraverso tempi di regia e scelte di montaggio indovinate, allora questa opera ibrida per genere, soggetto e sceneggiatura, manca clamorosamente il bersaglio rasentando troppe volte la soglia, intollerabile per un film di intrattenimento, della noia. Presentato al Far East Film Festival in una giornata a tema interamente dedicata alle produzioni horror, questa pellicola cantonese sembra, sulla carta, promettere molto anche se mantiene, nella realtà dei fatti, davvero poco. Si parte dalla premessa intrigante di un flashback sbiadito e sgranato come la malinconia che lo pervade, un antefatto capace, con la sola potenza dell'evocazone, di costruire le basi di un dramma psicologico dell'abbandono e della separazione tanto potente da provocare stati di deviazione e precarietà emotiva tali da legittimare come credibile qualsiasi sviluppo degli eventi necessario alla narrazione. Si finisce, invece, nel pantano dell'incapacità di imprimere una svolta definitiva nei toni e nelle ambizioni, lasciando alla pellicola esclusivamente quella valenza spiazzante e fastidiosa dei prodotti in cui i tempi, dilatati senza una corrispondente giustificazione emozionale, si appesantiscono come zavorre e gravano come peccato mortale sui pochi colpi di scena di rilievo privandoli di qualsiasi forza trainante che dia il coraggio di proseguire la visione del film. L'amore e la dipendenza reciproca ed ossessiva tra due fratelli orfani vengono spezzati senza difesa nè appello, dall'adozione di May da parte di una famiglia che non può occuparsi anche dell'impulsivo ed irruento Heung-hoi. La forza di un sentimento purissimo ed assoluto che si mantiene tale nonostante l'ombra ingombrante dell'incesto porta i due fratelli a scegliere la più aberrante e folle delle alternative estreme per scongiurare un destino di solitudine ed invisibilità, inevitabile se privati l'uno degli occhi dell'altro. L'introduzione horrorifica densa di suspance e tensione, forte di un accompagnamento musicale grave ed ansioso, ha meriti notevoli che fanno certamente intravedere le potenzialità di un'ispirazione che il regista esprimerà pienamente nel successivo HORROR HOTLINE, ma si tratta solo di una trovata furbetta ed ultronea che sembra inserita, ad arte, nella pellicola per accattivare la benevolenza degli amanti del genere e per allungare la scarsa sostanza di un brodino che vede la mancata amalgama tra melò, dramma familiare, scandalo dell'incesto, poetica del degrado ed apologia della speranza oltre convenzioni.

Voto: 18/30


Elisa SCHIANCHI

26 - 04 - 02

SORUM / sk
di Yoon Jong-chan


Horror Sud-Corea: solo due i titoli prodotti quest'anno, tra cui SORUM. Pasticcio di sesti sensi, shining e altri cascami del thriller, più che non completamente riuscito, il film manca di un'anima chiaramente identificabile. Sono un po' troppi gli spunti lasciati vacanti, e le strade scelte più scontate di quanto potrebbe apparire. A tratti visivamente interessante (senza mai tentare però nuove vie), il lavoro d'esordio di Yoon Jong-chan finisce col lasciare piuttosto indifferenti, vista anche la trama le cui svolte sono spesso prevedibili. Per il resto, nonostante la bella e cupa ambientazione, ben poco da segnalare.

Voto: 23/30


Andrea DE CANDIDO

26 - 04 - 02

VISIBLE SECRET / hk
di Ann Hui


Possessioni demoniache, vendette dal passato, sospensione tra la vita e la morte, fantasmi che restano aggrappati a questo mondo. Visible Secret affronta, con piglio insicuro e moderata ispirazione, il tema tanto caro alla tradizione orientale dei ghost movie. La scena si apre col quadro raccapricciante di un incidente stradale dagli esiti tragici in cui un passante rimane decapitato da un tram. Assiste all'intero dramma una bambina, June, che rimarrà scioccata dall'incontro con la morte e legata, come ostaggio, alla visione dell'ultimo guizzo di vita che si spegne negli occhi strabuzzati di quella testa mozza. Come se June avesse bevuto da quello sguardo, facendone fluido in circolo nel suo stesso sangue, una sorta di potere extrasensoriale con cui vedere le anime che, in pena, si aggirano in questo mondo senza pace nè riposo, la giovane percorre una vita intera tra l'ansia e l'ossessione del dono, troppo spaventata per servirsene con pienezza, troppo intelligente per non comprendere i segni del male agli altri invisibili. 15 anni dopo il terribile incidente, infatti, June si imbatte in Peter e capisce che quel giovane dall'aria familiare è minacciato da una presenza che si avvicina incombente, carica di moventi di vendetta. La relazione tra June e Peter maturerà dalla diffidenza all'attrazione al bisogno reciproco di un sostegno per raggiungere la salveza del corpo e dell'anima. In un precipitare di eventi Peter viene sopraffatto dalla rivelazione di un mondo che non è dato vedere e viene catturato da un vortice di eventi di cui il peccato e l'espiazione sono il motore, senza riuscire davvero a distinguere ciò che fa parte della realtà così come l'ha sempre conosciuta e ciò che viene tradotto dalla sua mente suggestionata in puro simulacro dell'immaginazione. Il colpo di scena finale spiegherà in che modo i fatti di un passato insepolto siano legati agli accadimenti presenti giustificando anche la missione di June, apparsa ad aiutare Peter per purgare, col sacrificio, un peccato altrimenti inespiabile. La regista di Hong Kong, Ann Hui, torna al genere che l'ha vista brillare dodici anni prima con THE SPOOKY BUNCH, ottenendo, come risultato, un film dalle tendenze estetizzanti, nel complesso forse un po' kitch e forzato, poco innovativo per temi e trovate, comunque gradevole e piuttosto divertente.

Voto: 25/30


Elisa SCHIANCHI

26 - 04 - 02

THE YIN-YANG MASTER / japan
di Takita Yojiro


In un Giappone lontanissimo, popolato di fantasmi e di potenti forze demoniache, si svolge la storia che ha per protagonista Abe no Seimei, Maestro dello Yin-Yang dell'imperatore Heian. I Maestri dello Yin-Yang erano quei veggenti dotati di particolari poteri magici che avevano il compito di difendere l'imperatore dalle forze del male. Il loro capo è Doson, un mago ambizioso ed arrogante che non sopporta Abe no Seimei, il membro più puro e dotato del gruppo. Nel palazzo non manca l'intrigo politico, poiché i consiglieri più vicini competono per il controllo del trono imperiale. Quando il figlio neonato dell'imperatore viene trasformato in un mostro, Abe no Seimei sospetta che dietro questa maledizione si celi Doson. Ottiene l'aiuto dello spadaccino Minamoto no Hiromasa e del guardiano immortale Aone per sventare il suo piano e riportare l'equilibrio nell'impero. Fantasy nipponico tirato per le lunghe che sfrutta come può i semplici (e a tratti ingenui) effetti speciali di cui dispone per dare vita ad un medioevo favolistico e oscuro. Alcune sequenze hanno un indubbio pathos (come nella scena ambientata 150 anni prima della vicenda, in cui Aome mangia la carne della sirena) ma le troppe lungaggini e gli interminabili dialoghi tutti uguali uccidono la tensione. In patria è stato un successo di pubblico.

Voto: 20/30


Loris SERAFINO

26 - 04 - 02

HORROR HOTLINE…BIG HEAD MONSTER / hg
di Soi Cheang


C'era attesa per il primo vero pshyco-horror-thriller di questo FEF. In realtà, come è già accaduto di segnalare, non è sempre facile identificare con verosimiglianza a quale filone appartengano i titoli presentati. Il motivo dominante, con tutte le sfumature dei singoli casi, sempra essere quello della contaminazione e dell'ibrido (anche tra le fonti d'ispirazione). E' vero tuttavia che HORROR HOTLINE conserva per la sua intera durata l'impronta del giallo soprannaturale, per quanto qua e là - quasi a paradigma di una tendenza - appaiano soffi di commedia e la mancanza di misura, così tipica del cinema orientale (si pensi all'umorismo giapponese, ma anche a molte opere di Hong Kong).
Un po' Lynch (per l'idea della deformità infantile e delle sue conseguenze) e po' (non poco, in realtà: il finale è identico!!!) BLAIR WITCH PROJECT, il secondo lavoro Soi Cheang parte dall'ottimo spunto di una trasmissione radiofonica attraverso cui un ascoltatore racconta una terribile vicenda di anni addietro. Così facendo (e senza mostrare l'oggetto di cui si parla) lo spettatore viene conivolto e messo alla pari dei cronisti che cercano di saperne di più. Da lì in poi - esclusi alcuni momenti visivamente potenti (peraltro figli di processi cinematografici stranoti) - il film procede a sincope, con pause ed accelerazioni spesso non troppo coerenti, e sequenze che sanno molto di cliché del genere. Del finale abiamo detto: inquietante nella sua essenza, ma privo di pathos perché già visto e assimilato.

Voto: 26/30


Andrea DE CANDIDO

26 - 04 - 02