V TOHORROR FILM FEST
 15/19:09:2004
 

::: KMX Incontra  STIVALETTI :::

di Flavio GIOLITTI

Dalle creazioni di PHENOMENA e DEMONI alle recenti esperienze registiche, passando per gli effetti speciali di produzioni quali NIRVANA e TITUS: riflessioni, ricordi e sogni nel cassetto di un maestro degli effetti speciali dalla lunga, fantastica carriera.


KINEMATRIX: Cominciamo parlando di DEMONI, ovvero del film che ti lanciò definitivamente: avrebbe potuto rappresentare il lancio definitivo anche per il cinema italiano di genere, mentre invece segnò paradossalmente l’inizio della sua lunga agonia. Quali meccanismi si innescarono secondo te, nel panorama cinematografico italiano di allora, che furono tali da portare alla situazione che oggi tutti conosciamo?
 

SERGIO STIVALETTI: Mah, concordiamo sul fatto che si tratti di qualcosa di paradossale, mentre concordo meno sul fatto che coincida con DEMONI l’inizio della fine. Io DEMONI, più che vederlo come il punto di inizio di qualcosa, lo vedo come la conferma che anche in Italia avremmo potuto fare grossi passi avanti dal punto di vista tecnico, almeno per quanto riguarda la mia professione, ovvero relativamente agli effetti speciali: avremmo cioè potuto affrontare anche noi un discorso che in America e in Inghilterra stavano già portando avanti, anche se sicuramente con film a budget di gran lunga superiori. DEMONI servì a testimoniare che anche in Italia si poteva tentare una strada di questo tipo: la verità è che secondo me non fu realmente imboccata questa strada, ma si trattò soltanto di un test, positivo, al quale la produzione italiana non ha saputo dare un seguito altrettanto valido.



KMX: Come mai? Cosa cambiò in quel momento? Quali impressioni ricordi di avere avuto in quella circostanza, tu che vivesti la situazione in prima persona?
 

SS: Se andiamo a vedere, DEMONI credo che si possa sicuramente collocare in un momento in cui il cinema, in ogni caso, aveva una serie di problemi che non aveva ancora mai risolto: primo fra tutti - penso - il problema della convivenza con la televisione. Parliamo ovviamente sempre dell’Italia, non so se dell’Europa perchè io conosco poco il fenomeno se non qua in Italia, dove sono spettatore sia cinematografico che televisivo: credo che qui da noi i problemi non erano risolti, e DEMONI andava a colmare una lacuna al cinema, che avevamo perchè non eravamo ancora in grado di fare determinate cose mentre altre cinematografie le stavano già facendo; allora DEMONI diceva ad un certo tipo di pubblico e ad un certo tipo di produttori che c’erano delle potenzialità: queste potenzialità andavano soltanto sfruttate. Infatti, se facciamo l’eccezione di una serie di film prodotti alla fine, se andiamo a vedere, dallo stesso Argento con la sua factory (quelli di Michele Soavi e Lamberto Bava), ci furono alcuni imitatori che secondo me avrebbe anche potuto fare qualcosa di buono (mi riferisco ad esempio a due film a cui collaborai all’epoca, che sono IL NIDO DEL RAGNO e SPETTRI) a conferma di ciò.
 

KMX: I due film che hai citato arrivarono però già in piena fase calante...
 

SS: Io torno a dire che non ho l’impressione che si trattasse di una fase calante: credo che si trattasse di eccezioni in un panorama che non cambiava. Io l’ho sentita così. è vero che sembrava inizialmente di aver trovato la giusta dimensione, o la giusta strada: io e altri colleghi, vedendo LA CASA e altri film in cui c’erano trasformazioni a vista, tentammo una risposta, non fine a sè stessa, ma se non altro per fare un film anche noi (dove con “noi” intendo Dario, Lamberto, e ovviamente io stesso come realizzatore degli effetti speciali). Ma questa sfida è stata raccolta solo in parte: perchè quali sono poi, se andiamo a vedere, i meccanismi che sono scattati? Non sono scattati dei meccanismi che poi hanno portato alla parabola discendente: non sono proprio scattati affatto dei meccanismi, se non troppo pochi per poter poi giustificare, a mio avviso, un vero sviluppo di questo tipo di cinema.

 


 

KMX: Pensi quindi che il monopolio di Reteitalia (prima) e di Fininvest (poi), che ha messo in primo piano un mezzo (quello televisivo) dove purtroppo imperava la censura, possa avere avuto effetti molto negativi?
 

SS: Assolutamente il discorso televisivo ha determinato grossi handicap, che forse non ci hanno permesso di sviluppare un cinema che in sala avesse il successo dei film americani, e continuasse poi ad averne al di là del fatto che la televisione cominciava a diventare, ammesso che non fosse già diventata, l’unico meccanismo per produrre un film.Chiaramente se vuoi fare un film che in sala funzioni, devi farlo per la sala; invece questa volontà di confezionare ibridi, ovvero film che andassero bene per la televisione, ma anche per la sala, ha portato a risultati sempre più scadenti e deludenti, e ha spinto i produttori a chiudersi, e a pensare solo a quali fossero i veri sistemi che avrebbero dato i soldi al film; e questi sistemi consistevano ovviamente in film che andassero bene in prima serata, così questo abbiamo fatto. Ripeto: la non evoluzione, o meglio l’involuzione, di cui sopra credo di poterli attribuire a molti meccanismi innescati dalla televisione. Se a questo aggiungiamo poi che il cinema ha funzionato, da quel momento in avanti, solo con finanziamenti pubblici e statali, che a loro volta avevano tutta una serie di parametri secondo cui venivano giudicati idonei o meno ad essere erogati, ecco che tutto questo ha decretato la morte di un genere che invece avrebbe potuto essere ampiamente di successo.



 

KMX: Esperienze televisive ne hai comunque avute, specialmente con Lamberto Bava. Ne hai un buon ricordo?
 

SS: Se parliamo di cose tipo FANTAGHIRò devo dire che erano produzioni abbastanza diverse dagli horror a cui collaboravo per il cinema, e mi davano soddisfazioni di un altro tipo: sì, sicuramente mi davano soddisfazioni che non avevo al cinema per certe cose, mentre qui le avevo perchè erano prodotti di genere più strettamente fantasy, e quindi riuscivo meglio a sviluppare un certo tipo di temi di fantasia, di cose che non riuscivo forse a fare con l’horror, in quanto l’horror alla fine bene o male, se fatto come l’abbiamo sempre fatto noi, propone sempre un po’ le stesse trovate. Non si trattava infatti di un horror più di tanto fantastico, come lo è invece l’horror che vorrei fare io oggi, magari, ovvero quell’horror fantastico che non deve per forza essere troppo legato alla realtà. Invece i registi con cui ho lavorato al cinema non sono mai stati troppo propensi a fare un horror un pochino più “all’americana”,se vogliamo, dove viene sempre fuori un mostro piuttosto che qualche altra creatura; e questo è anche un altro importante aspetto del discorso: i produttori hanno cominciato ad un certo punto ad avere una sorta di complesso d’inferiorità, che li ha fortemente condizionati. Mi capitava spesso di andare nelle produzioni, magari appositamente chiamato per risolvere problemi, a proporre alcune particolari tecniche, e non di rado, quando trovavo un produttore particolarmente meno intelligente di altri (cosa che non era difficile), mi sentivo dire: “Ma queste cose le fanno gli Americani... Che stai dicendo? Non è possibile farle qui da noi!”



 

KMX: A questo proposito, visto che tuoi colleghi come Carlo Rambaldi e Giannetto De Rossi l’hanno fatto veramente, non hai mai pensato di andare a lavorare in America, oppure in qualsiasi altro posto dove le cose funzionano meglio che in Italia?
 

SS: Sì, ci ho pensato tantissimo, e credo che per un periodo l’ho addirittura desiderato tutte le notti, tipo quando si fa la preghierina la sera e si spera che la mattina dopo sia successo qualcosa. E poi ad un certo punto qualcosa successe, visto che ebbi almeno un paio di occasioni vere che alla fine vennero comunque a mancare. Una volta successe proprio grazie a Rambaldi, che voleva portarmi con lui nella Carolina del Nord per girare un altro film sui pipistrelli assassini, e dico “un altro” perchè lui, come effettista, aveva già fatto LE ALI DELLA NOTTE. In quell’occasione doveva farne uno che si chiamava BATS, che poi in verità fu realizzato da altri soltanto pochi anni fa: iniziò quindi a coinvolgermi in questo progetto perchè si sarebbe fidato molto di me, ma poi questa cosa, così come era nata, si sgonfiò come capita per molti dei nostri lavori, e alla fine mi rimase solo la soddisfazione di essere stato chiamato da Rambaldi per ricoprire il ruolo di suo assistente. Una cosa analoga successe anche con UNCLE SAM di Bill Lustig: anche in quel caso, dopo che la cosa mi fu proposta, non se ne parlo più per mesi, la telefonata non arrivò mai e tutto finì lì.



KMX: Torniamo invece a parlare di film realizzati veramente: all’epoca dell’uscita di MASCHERA DI CERA venni a sapere che quel film ebbe traversie in sede di censura. Ci furono pesanti tagli?
 

SS: Fu vietato inizialmente ai minori di diciotto anni,ma non ci furono pesanti tagli. Il film, alla fine, è uscito così come l’avevo concepito io: non esiste una versione integrale in cui c’è dentro chissà che cosa. Manca solamente un’inquadratura, per via di un fatto curioso: non so perchè, ma in Italia, proprio durante quei giorni, si cominciava a parlare insistentemente di pedofilia, e i giornali erano pieni di elucubrazioni su quell’argomento. Nel mio film c’erano alcune scene di violenza sui minori, tra cui una, che aveva scritto Fulci, nella quale un bambino veniva strozzato con un gelato conficcato in gola (sic!, nda); ma io quella la censurai in partenza perchè non l’avrei mai girata così. Fui invece costretto a censurare una scena relativa ad una ragazzina: questa ragazzina era stata ripresa da vari punti vista e, avendo dodici anni (o forse undici) , mostrava di profilo un accenno di “tettine”, una cosa innocentissima che non avrebbe scandalizzato alcuno. Quella ripresa fu interpretata come se io avessi voluto inquadrare appositamente chissà cosa, ma in verità, per me, si trattava semplicemente di una ragazzina di dieci anni con il taglio dell’autopsia sul petto.
 

KMX: Si trattò quindi di problemi di poco conto...
 

SS: Beh, insomma... Io colsi al contrario una certa gravità nella situazione di colui che aveva pensato una cosa del genere... Alla fine tagliai comunque non l’intera scena, bensì soltanto l’inquadratura che sembrava pensata apposta per far vedere quella cosa.



KMX: Si parlò poi a lungo di un sequel di MASCHERA DI CERA. Perchè non fu realizzato?
 

SS: è un progetto a cui tengo ancora molto, perchè secondo me il personaggio del Dr. Volkoff ha delle potenzialità. Si tratta di un personaggio, a mio avviso, in sè assai più interessante dell’ennesimo film sui musei delle cere perchè sarebbe potuto essere un buon supereroe, ovviamente negativo: io stavo logicamente dalla sua parte perchè non c’è nulla per me di più autobiografico di uno che fa maschere di cera e può cambiare mille facce!
Andai in giro per proporre il sequel, e quasi tutti mi dicevano che sarebbe stato possibile farlo, perchè tra l’altro era un film con un potenziale di vendita all’estero molto alto: il primo era andato benissimo proprio all’estero, e tutti i compratori del primo erano potenziali compratori del secondo. Il fatto che poi non se ne fece nulla fa parte di quei misteri che per me sono irrisolti.
 

KMX: Si tratta di un altro evidente paradosso: l’Italia da un lato sta godendo dell’autocelebrazione del proprio cinema di genere dei tempi che furono, promossa specialmente da Quentin Tarantino che proprio di quel tipo di cinema è un grande ammiratore, ma dall ‘altro sembra non avere la minima intenzione di produrre qualcosa di nuovo nel campo. Secondo te sta cambiando qualcosa all’interno dell’ambiente, oppure no?
 

SS: Direi di no, perchè a me pare che ci sia una grande vigliaccheria da parte delle persone che contano. Queste “persone che contano” tentano di fare da capobranco, però quando capiscono che il branco non li segue e prende un’altra direzione, allora fanno finta di essere il capobranco che va da quella parte! Ma in verità un vero capobranco non esiste, semplicemente perchè non c’è nessuno che sia capace esserlo.

KMX: Non a caso il tuo ultimo film è stato coraggiosamente autoprodotto. So che I TRE VOLTI DEL TERRORE era stato concepito per uscire direttamente in Dvd, e solo in un secondo tempo ha imboccato la via della distribuzione nelle sale. Si tratta di una scelta rischiosa: ricordo ad esempio che Lamberto Bava disse di essersela prese molto quando un produttore decise di distribuire anche al cinema MORIRAI A MEZZANOTTE, film che lui aveva girato originariamente solo per la televisione. Nel caso del tuo film, a che punto della lavorazione fu presa questa decisione, e di chi fu l’idea?
 

SS: Beh, un conto è se avessi girato un film per la televisione assecondando certi meccanismi, nel senso che quando uno lo fa per la televisione concorda a priori che esso non conterrà poi certe cose, e potrebbe di conseguenza roderti vedere al cinema un film di quel tipo, perchè quando vedi un tuo film nelle sale vorresti che fosse migliore, superiore: io credo che Lamberto si sia trovato in questa condizione. Nel caso nostro, invece, abbiamo fatto un prodotto che era totalmente libero da questo punto di vista, e per la sala lo ritenevo assolutamente adatto. Il punto è che io, mentre lo giravo, mi sentivo un po’ frustrato dall’idea che stavo facendo un film per il Dvd e basta: in fondo, se io sono stato una persona fortunata, non dovevo buttare questa fortuna, ovvero la mia seconda occasione, perchè sono uno che non si arrende facilmente; quindi per me era un po’ una resa dire: “Lo faccio in Dvd perchè non sono riuscito a farlo per la sala come il mio primo film”, perchè sarebbe stato un po’ come tornare indietro, anche se ero disposto ormai a farlo anche solo per il Dvd, a quel punto. Quindi lo giravo non facendo tecnicamente qualcosa come se dovesse essere realizzato in pellicola, ma per lo meno pensando che mi sarebbe piaciuto realizzarlo in quel modo, scimmiottando, spero in senso buono, film passati a loro tempo al cinema, ragion per cui non vedo per quale motivo anche il mio non potesse aspirare ad arrivare nelle sale. Anche perchè io continuo a credere, e sarò forse un illuso, che certe tematiche horror un po’ fuori moda avrebbero un loro pubblico interessato a vederle al cinema: certo non un pubblico tale da portare in cassa miliardi e miliardi, però almeno un pubblico un po’ d’elite, di cinefili insomma. Il mio film è un po’ così: un film “autoriale” proprio per questo motivo, perchè non è fatto pensando a quale moda sia meglio seguire, ovvero coreana piuttosto che giapponese, bensì è un film con cui io dico: “Mi diverto a fare questo, e questo faccio”. Poi se sono fuori moda non lo so, o almeno lo scopro adesso, ovvero scopro che se facevo un film e lo chiamavo “The ball” forse era meglio: insomma, se basta questo...
Tant’è che uno dei miei prossimi progetti, che spero di poter produrre, è un film che si maschera un po’ da “simil-coreano”, o “simil-giapponese” che dir si voglia, e si intitola THE BUILDING. è un film che ha alla fine le stesse tematiche dei prodotti asiatici degli ultimi tempi, ma che tiene conto del fatto che queste stesse tematiche non le hanno certo inventate gli orientali, bensì le hanno solamente scoperte attraverso un certo modo di fare cinema, considerando anche che certe cose già si erano viste da noi nei film di Mario Bava ed altri. Sarà certamente un film molto più smaliziato, meno naif di come potevano essere girati una volta, e sarà fortemente italiano, con tematiche molto originali, concepito però pensando più magari a L’INQUILINO DEL TERZO PIANO piuttosto che a film che non hanno niente a che fare con la mia cultura, dato che io mi ispiro ad altre cose che sento appartenermi di più. Questo è un mio progetto futuro, ed in verità ce ne sono anche altri due, uno più folle dell’altro, ma è questo ad avere attualmente più probabilità di essere realizzato.


 

KMX: Si tratta di progetti che ti vedranno impegnato nel ruolo di regista, oppure in quello di realizzatore degli effetti speciali?
 

SS: In quello di regista.

KMX: A tale proposito, tu preferisci il mestiere di regista o quello di effettista?
 

SS: Il problema di essere effettista non esiste: non si vive facendo l’effettista in Italia, semplicemente.

KMX: Non pensavo che questo discorso potesse valere per chi, come te, vanta una solida carriera nel settore...
 

SS: Beh, la carriera può servirti per vedere il tuo monumento in una piazza, dove poi si ricorderanno di te, ma qui torniamo al discorso che siamo tutti molto bravi nelle celebrazioni, mentre poi non siamo in grado di mantenere in vita qualcosa facilitando magari l’esistenza artistica delle persone. Io aspiro ad essere regista semplicemente perchè mi piace questo genere, e l’ho frequentato con gli effetti speciali perchè era il modo migliore di farlo da protagonista quando ho iniziato, ma non per questo non avevo dentro di me la voglia di farlo direttamente dietro la macchina da presa. In qualche modo, nascondevo sempre questa voglia per non far sembrare ai registi con cui lavoravo che volessi rubare loro il mestiere. Ma oggi, se voglio fare questo lavoro, non posso che farlo da regista, dando magari una mano per gli effetti speciali. Sarà comunque difficile vedermi ancora alle prese con gli effetti speciali, ma per un motivo molto semplice: i miei prossimi film non ne conterranno più.

KMX: Miri quindi a realizzare un film decisamente in stile RING, con pochi effetti speciali e molta suspense?
 

SS: Io credo che I TRE VOLTI DEL TERRORE, col suo gusto un po’ retrò evidente sin dal titolo, a livello di marketing non abbia avuto grossi riscontri, cosa che mi ha insegnato che mantenere lo stesso stile non faciliterebbe nel realizzare nuovi progetti. Credo quindi che se farò un film in modo diverso, in sala verrà più gente interessata a vederlo.



KMX: Nonostante questa tua recente presa di posizione nei confronti dell’eccesso di effetti speciali, collaborasti pochi anni fa, per un film intitolato DEMONIUM, col regista tedesco Andreas Schnaas, notoriamente molto affezionato allo splatter. Cosa ricordi di quell’esperienza?
 

SS: Quello è un film che alcuni ragazzi del mio laboratorio hanno realizzato in un modo abbastanza indipendente dal sottoscritto, senza nemmeno la mia supervisione. Loro si sono semplicemente occupati di due o tre effetti digitali, e anche se io nemmeno conosco il regista, in qualche modo può poi avere fatto comodo dire che in quel film avevo fatto tutto io...

KMX: Rimanendo in tema, cosa pensi del cinema splatter estremo tedesco nella sua globalità, che si ostina a seguire questa strada anche adesso che la moda è finita da un pezzo?
 

SS: Personalmente il genere splatter lo trovo fatto per divertirsi, da vedere ridendoci sopra come si può fare con altri generi estremi tipo il porno. Noi che facciamo questo lavoro, poi, riusciamo a vedere questo genere con occhi un po’ diversi, senza mai prenderlo troppo sul serio, quindi non mi interessa molto. Io preferisco piuttosto che ci sia una scena eccessiva in un film di un altro tipo, allora può arrivare come un pugno nello stomaco, se fatta in un certo modo, magari anche ironico, però fare un film completamente incentrato sullo splatter per me è un po’ come andare a rovistare nell’immondizia: non lo vorrei fare.

KMX: C’è un effetto speciale da te realizzato nel corso della tua lunga carriera che ami particolarmente, ed invece uno che odi talmente da pensare che non avresti mai voluto averlo fatto?
 

SS: Non ho grosse difficoltà a risponderti perchè è una domanda che fanno spesso. Ce n’è uno, secondo me, che tiene al passare del tempo, e si trova in DEMONI: è quello che credo mi abbia dato la giusta ricompensa in termini di soddisfazioni e di fama; si tratta di quello in cui la protagonista perde i denti, i quali vengono sostituiti da zanne: la scena della trasformazione a vista, insomma.
La trovo imbattuta: persino in questo ultimo film che ho fatto l’ho un po’ ricalcata, a mò di autocitazione, anche se l’ho seguita meno perchè l’ha fatta il mio laboratorio, mentre io mi sono occupato più della regia che del resto; e anche se non dico tutto questo per giustificarmi, trovo che è meno riuscita pur avendola comunque girata io, quindi la responsabilità è ancor più mia. In DEMONI, poi, l’effetto è messo in un contesto eccellente, e per questo funziona.
L’effetto che non vorrei invece mai avere fatto è un drago per il film DESIDERIA, realizzato con grande fatica, grande passione e grande amore, ma con una tecnica che io non avrei mai voluto utilizzare, e tutto per far contento Lamberto (Bava, nda): se io fossi stato Stan Winston, ed il regista Spielberg, magari avremmo utilizzato la stop-motion, un modellino o qualsiasi altra cosa, mentre invece Lamberto mi chiese di fare un drago con dentro delle persone che lo muovevano. Venne così fuori qualcosa che assomigliava alle comiche di Stanlio & Ollio (ride), e io purtroppo lo sapevo: tentai anche di mistificare la cosa, ma sfortunatamente il risultato è quello.



KMX: C’è invece qualche effetto fatto da altri che sarebbe piaciuto fare a te?
 

SS: Praticamente tutti! Io sto facendo una specie di scuola, lunghissima, e ho i capelli bianchi ma ancora non l’ho finita, e non ho imparato niente!
Tento sempre di imparare da ogni film che vedo ancora oggi, compresi quelli che cominciano onestamente a non piacermi più tanto. Infatti, pur difendendo l’evoluzione della tecnica vista ad esempio nei vari MATRIX, trovo che l’inventiva che mettevamo noi nel genere cominci un po’ a mancare perchè gli effetti speciali sono diventati abbastanza standard. Eppure io per primo ho difeso queste tecniche, perchè supponevo che se ne sarebbe fatto l’uso che io pensavo giusto farne, ed invece spesso mi rendo conto che qualcosa non quadra: un lupo mannaro fatto in digitale ha una notevole perfezione di movimenti, però a volte sento che il pubblico non gradisce più di tanto.
D’altro canto, quando si usano le vecchie tecniche, sento che la gente da un lato gradisce, ma dall’altro critica il minor realismo della scena. Ogni tecnica ha quindi i suoi pro e contro, però qualche trasformazione a vista come quella di UN LUPO MANNARO AMERICANO A LONDRA trovo che sarebbe opportuno utilizzarla ancora oggi.
 

KMX: Pensi anche tu che effetti speciali di quel tipo siano ancora oggi insuperati dalla computer-grafica, specie sul piano dell’impatto?
 

SS: Come impatto sicuramente, non c’è dubbio. La CG ha purtroppo creato un grosso equivoco, in quanto ha avvicinato il cinema ai videogiochi. Invece c’è una grossa differenza tra l’uno e gli altri: nel videogioco il regista è lo spettatore, mentre nel cinema il regista è proprio il regista, che impone la sua visione, nel senso che se io ti faccio vedere da una parte, tu dall’altra non potrai mai guardare. Invece lo spettatore di oggi, che oltretutto va al cinema dopo aver visto il videogioco del film che vorrebbe vedere, tipo RESIDENT EVIL, è un regista anche lui, alla fine, e si stufa delle imposizioni del vero regista. Il grosso guaio, a questo punto, è che un film tipo il mio non ti fa girare attorno di 360 gradi, mentre il regista che fa RESIDENT EVIL, MATRIX, eccetera, è come se pure lui si mettesse nei panni del giocatore e girasse di 360 gradi: quindi fa saltare i supereroi da destra a sinistra, e da davanti a dietro, con la macchina da presa che li segue, perchè tanto la CG glielo permette. Quando la CG non c’era, ed il regista era costretto a lavorare su qualcosa, ecco che quello era un vero regista: doveva scegliere se fare questo, piuttosto che quello, piuttosto che quell’altro; ed erano scelte importantissime: vuoi mettere l ‘attenzione che c’era in certe cose, tipo i primi piani che faceva Sergio Leone, con i due occhi, la goccia di sudore che scendeva lì vicino, e l’emozione che dava tutto ciò?

KMX: Stai quindi parlando di una spersonalizzazione del cinema?

 

SS: Sì, perchè io spesso mi chiedo come mai i ragazzi si divertano così tanto a vedere tutti questi personaggi che saltano di qua e di là. A questo punto sarò forse rincoglionito io che non ci capisco più niente, ma quando vado a vedere uno di questi film alla fine capisco sempre solo che c’erano un vampiro ed un altro mostro, che si sono legnati e che uno dei due è morto: ma, onestamente, come tutto questo sia successo tu sei in grado di dirlo?
Quando il regista può fare scelte che si limitano solamente a far vedere in continuazione voli di ogni tipo, il suo importante ruolo ad un certo punto viene a mancare. E questo lo dice uno che fa gli effetti speciali: in un film di effetti speciali, il ruolo del regista è in alcune cose un po’ limitato, nel senso che la palla passa a chi realizza gli effetti. Quando lavori col 3D, sei tu magari a dire: “Guarda quanto è bello così!”, e tu che sei il regista dici: “Ah, è vero: facciamolo così!”, e finisce che hai fatto la regia insieme a quello che fa la CG. Ridley Scott, quando inquadra Alien, sa benissimo che se lo inquadra dall’altra parte fa schifo; cioè, intendiamoci: è meraviglioso, l’avessi fatto io, perchè per me Alien è un mito, però è un mito anche Ridley Scott perchè sa fare il suo lavoro.
Un esempio che mi riguarda è quello di DEMONI 2, dove io ho fatto un lavoro tecnicamente migliore rispetto al primo: ti posso garantire che nella testa che avevo costruito per riprodurre quella dell’attrice Coralina Cataldi Tassoni c’era letteralmente di tutto, e poteva fare qualsiasi movimento! Eppure se ti dovessi spiegare perchè gli effetti speciali del primo DEMONI funzionavano, e quelli del secondo no, non te lo saprei spiegare per niente. Io me la presi col direttore della fotografia, che aveva fatto tutto in blu, ma non so se la vera spiegazione è lì: io so solo che ebbi più esperienza, più soldi e più tempo, e potei farlo meglio, però al cinema il risultato mi deluse. Tutto questo per sottolineare quanto io penso fosse importante una volta la regia rispetto ad oggi.




Torino, 18/09/2004


Intervista realizzata da Flavio Giolitti con l’assistenza di Massimiliano Supporta; immagini a cura di Riccardo Roncaglione & Glauco Garavagno.