HAKO

(THE BOX)

di Nakajima Kanji
(Giappone, 2003, 16mm, 68')

di V. DI MICHELE


Non ci sono molte parole che riescano a descrivere Hako, piccolo, low-cost film di Nakajima Kanji.
La logica linguistica occidentale, ferma a sillogismi a tre membri e a scollamenti verbali, non sa tradurre l'essenzialità di una lingua testardamente concettuale come il giapponese. Haku è geniale, nel senso più candido della parola, geniale nella sua esposizione di un futuro che è oggi ma potrebbe essere anche ieri o dopodomani, quieto, impassibile, quasi impalpabile. In uno sgranatissimo e immaginifico bianco e nero, una scatola-robot rotola lungo la ferrovia di un villaggio, registrando la vita ed i ricordi delle persone che incontra. Lo scienziato che l'ha costruita, come un Geppetto inquieto, aspetta e si preoccupa, mentre il mondo, tenuto in vita dalla tecnologia, sembra prossimo ad una quieta morte. Una cristallizazione perfetta, l'apparenza di un sonno eterno che potrebbe cambiare gli eventi o perpetuarli, come in un letargo principesco, per centinaia di anni ancora- la vita del futuro è un libro con le illustrazioni per bambini, lontano dalle ansie millenarie, e dalle sue paure.

Sessantotto minuti di un cinema dimenticato, tenero, meravigliosamente attuale.
 

15.11.2003