
Non ci sono molte parole che riescano a descrivere
Hako, piccolo, low-cost film
di Nakajima Kanji.
La logica linguistica occidentale, ferma a sillogismi a tre membri e a
scollamenti verbali, non sa tradurre l'essenzialità di una lingua
testardamente concettuale come il giapponese.
Haku è geniale, nel senso più
candido della parola, geniale nella sua esposizione di un futuro che è oggi
ma potrebbe essere anche ieri o dopodomani, quieto, impassibile, quasi
impalpabile. In uno sgranatissimo e immaginifico bianco e nero, una
scatola-robot rotola lungo la ferrovia di un villaggio, registrando la vita
ed i ricordi delle persone che incontra. Lo scienziato che l'ha costruita,
come un Geppetto inquieto, aspetta e si preoccupa, mentre il mondo, tenuto
in vita dalla tecnologia, sembra prossimo ad una quieta morte. Una
cristallizazione perfetta, l'apparenza di un sonno eterno che potrebbe
cambiare gli eventi o perpetuarli, come in un letargo principesco, per
centinaia di anni ancora- la vita del futuro è un libro con le illustrazioni
per bambini, lontano dalle ansie millenarie, e dalle sue paure.
Sessantotto minuti di un cinema dimenticato, tenero, meravigliosamente
attuale.
15.11.2003
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