
Sperimentale, depresso, colorato.
American Splendor, vincitore del Sundance e presentato al pubblico
europeo nel corso di un'applauditissima anteprima a Cannes, salta le
convenzioni della biografia cinematografia e della trascrizione su pellicola
di un fumetto underground (si veda, per esempio, l'alterno Ghost World
di Terry Zwigoff). La vita di Harvey Pekar, ossessivo e grigio uomo medio
della provincia americana, fondatore del fumetto biografico, trasla la
quotidianità passando dalla secchezza della striscia alla narrazione a tutto
tondo del film grazie all'abilità di Shari Springer Barman e Robert Pulcini,
newyorkesi con un passato (evidente) da documentaristi.
Sospeso fra i bianchi e neri dello strip book, il marrone degli opachi anni
'70, e le fluorescenti emanazioni del tubo catodico a testimonianza delle
apparizioni televisive di Pekar,
American Splendor intreccia fiction e documentario senza perdere di
vista il suo oggetto del desiderio, costruendo intorno all'uomo-personaggio
una macchina perfetta che sembra sfuggire al bisogno di scindere la
tridimensionalità materia e la linearità cartacea.
Fra i migliori prodotti usciti dalla macchina fabbrica-indies del Sundance,
negli ultimi anni, American Splendor
è l'esempio, brillante, di quello che vorremmo che il cinema americano
riuscisse (ancora) a potere e voler raccontare.
14.11.2003
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