
Non si sentiva molto il bisogno di un
film del genere in questo festival. Non serviva granché una scialba
coproduzione europea, peraltro con tutto lo pseudominimalismo che
queste in genere si portano dietro. Non è infatti che l'ennesima
stori(ell)a del solito ragazzino di provincia, genio e "sregolatezza"
alle prese con ambiente (un rigido villaggio islandese) e compaesani
ostili. Cottarelle passeggere, padri assenti e fallimentari,
insuccessi scolastici e coś via.
Nulla di ributtante, intendiamoci, Kari gira in modo senz'altro
diligente, competente, anzi quasi accattivante, per il tono leggero da
commedia pacatamente surreale che è capace di imprimere. Il ripetitivo
schema della vita d'ogni giorno di Ṇi (il protagonista) ci si
sciorina davanti inerte, scosso solo dalle continue minigag
(cotenutissime, fin troppo equilibrate forse) che si vorrebbero
sufficienti a garantire l'appartenenza al genere "commedia". In realtà
questa ininterrotta (per quanto mai fastidiosa) ricerca del riso a
tutti i costi finisce per gettare in una luce troppo tangenziale i
molteplici problemi dell'indolente Ṇi. Davvero un peccato, poi,
filmare le nevi islandesi in modo coś ingenuo e abulico.
L'interesse, peṛ, cessa di calare al momento della sorprendente
svolta finale: una valanga rade al suolo il villaggio con l'eccezione
del protagonista. Primo, unico e ultimo granello di Dramma in un film
esilissimo. In questo modo il racconto riesce a sbilanciarsi
positivamente, il Vuoto che ha assillato Ṇi (il ragazzo) e noi
(spettatori) si trasforma in Mancanza, e finalmente la troppo facile
nonchalance della regia diventa, senza strafare, attonita
contemplazione. Un salvataggio in corner che a suo modo fa onore al
film, che in partenza sembrava avviarsi verso la più giustificata
dimenticabilità.
20.11.2003
|